Concorso agli Ospedali Riuniti, Valeria Falcomatà rompe il silenzio: “Altri ebbero contratti ad personam, non io”

falcomatavaleria600di Claudio Cordova - "Nella mia vita ho puntato solo sullo studio e sulla cultura, nient'altro". Dopo essersi avvalsa della facoltà di non rispondere in sede di indagine e, ancora, nel lunghissimo dibattimento, Valeria Falcomatà rompe il silenzio. Lo fa con dichiarazioni spontanee, però, senza quindi sottoporsi alle domande dell'accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Gaetano Paci, del Collegio, presieduto da Domenico Armaleo, e delle parti nel processo. La Falcomatà, infatti, è imputata unitamente al marito, Demetrio Naccari Carlizzi, e a diverse altre persone, nel procedimento per le presunte irregolarità nel concorso per l'assegnazione del posto di dirigente medico presso il reparto di dermatologia degli Ospedali Riuniti.

Mette fine al gioco del silenzio, Valeria Falcomatà. Sebbene lo faccia con un monologo, a tratti accorato e melodrammatico. Come da normativa, infatti, nel corso delle dichiarazioni spontanee, nessuno può porre alcun tipo di domanda all'imputato. La donna è moglie di Naccari, già assessore al Bilancio della Regione Calabria, ma anche sorella dell'attuale sindaco, Giuseppe Falcomatà e, ovviamente, figlia di Italo, il sindaco della "Primavera reggina". Proprio mutuando le doti affabulatorie del padre, la Falcomatà espone la propria versione dei fatti, quando ormai il procedimento volge al termine: "Fin dall'inizio ho vissuto questa vicenda con un profondo stato di afflizione, per via dell'odioso stereotipo di essere figlia e moglie del politico. Uno stereotipo che respingo con forza".

La vicenda del concorso in ospedale creerà non pochi imbarazzi alla famiglia Naccari-Falcomatà. Sia per il caso in sé, sia per le intercettazioni in cui Naccari userà parole durissime nei confronti del giornalista Michele Inserra, che su "Il Quotidiano del Sud", sarà uno dei più attivi sul caso: "Si venderà gli organi, si venderà... si venderà un piede, hai capito? Lui sa perché si venderà la casa, ammesso che ce l'abbia e anche direttore" dirà Naccari, sfogandosi.

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In aula, la Falcomatà ripercorre solo alcune delle fasi del lungo dibattimento, dal quale sarebbe emerso uno spaccato assai intricato per quanto concerne il modo di intendere la Cosa Pubblica da parte di chi occupa postazioni di potere. Un concorso, quello ai Riuniti, che, secondo l'impostazione accusatoria, era stato fatto su misura affinché a vincerlo fosse Valeria Falcomatà. Un caso che scoppierà dopo la denuncia della dottoressa Maria Carmela Arcidiaco, rappresentata dall'avvocato Francesco Albanese, convinta di aver subito l'alterazione del concorso pubblico per dirigente medico di primo livello che sarebbe dovuto andare – secondo quanto denunciato dalla dottoressa Arcidiaco e secondo la Procura – ad appannaggio di Valeria Falcomatà. Secondo l'accusa, infatti, sarebbe stata creata una commissione giudicatrice compiacente, proprio per favorire i coniugi Naccari-Falcomatà.

Per la Falcomatà, invece, non vi sarebbe stata alcuna irregolarità: "Altri miei colleghi ebbero i contratti ad personam" dice. La donna parla anche dei propri rapporti con la dottoressa Arcidiaco, ottimi fino al momento dell'avvio dell'iter giudiziario. Naccari, peraltro, denuncerà la dottoressa Arcidiaco. Una denuncia su cui già il pm Mauro Tenaglia (precedentemente in servizio presso la Procura reggina ndr) aveva posto diverse censure, poi avvalorate dal Gip Massimo Minniti, che nelle tredici pagine che chiudono la porta in faccia a Naccari darà ampiamente atto di come la dottoressa Arcidiaco "abbia illustrato una serie di circostanze fattuali ponendole all'attenzione dell'A.G. per le successive valutazioni di competenza". Già la stessa Procura aveva messo nero su bianco di credere alla versione della dottoressa Arcidiaco, che renderà diverse dichiarazioni testimoniali che per gli inquirenti sono "puntualmente riscontrate". Come elemento principale, infatti, vi è la registrazione che la dottoressa Arcidiaco effettuerà, all'insaputa dei protagonisti dei presunti abusi.

Proprio su quelle registrazioni, elemento cardine dell'accusa, la Falcomatà si sofferma, ma non troppo. Nel proprio monologo, l'imputata ha esaltato il proprio curriculum (che, a suo dire, non sarebbe stato correttamente valutato) e difeso la correttezza delle proprie condotte e di quelle del coniuge Naccari: "Tutta la vicenda si è svolta in realtà contro il mio interesse: io volevo che il concorso per primario si svolgesse prima, che vincesse la Arcidiaco, che non solo avrebbe liberato un posto per il concorso cui avrei partecipato, ma che in quanto primario avrebbe presieduto la commissione".

Una mossa estrema, quella della Falcomatà, che, nonostante su alcuni capi di imputazione incomba la prescrizione, rischia la condanna insieme al marito Naccari. Per lui il procuratore aggiunto Paci ha chiesto quattro anni e sei mesi di reclusione, mentre la Falcomatà la richiesta è stata di due anni e sei mesi. Secondo l'accusa sarebbe stato proprio Naccari il "dominus" indiscusso del concorso.

Un dibattimento lungo e articolato, che ha visto anche l'avvicendarsi di alcuni giudici. Per questo, nel corso della prossima udienza, il procuratore Paci dovrà riformulare la propria requisitoria (verosimilmente riportandosi a quanto già affermato negli scorsi mesi). La sentenza, invece, non arriverà prima di fine novembre.