Operazione Ares: colpo alle cosche Cacciola-Grasso della Piana di Gioia Tauro

operazione aresNella giornata odierna i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria - Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, nei confronti di 31 soggetti appartenenti o contigui alle cosche "Cacciola" e "Grasso", radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla società di Rosarno del mandamento tirrenico della provincia di Reggio Calabria, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, danneggiamento, minaccia, intestazione fittizia di beni, impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale.
Il provvedimento odierno costituisce la sintesi di un complesso lavoro di ricostruzione degli assetti e degli equilibri interni ed esterni alla cosca Cacciola, documentati nel corso tempo grazie alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia ed attualizzati da un'articolata attività investigativa, avviata nel settembre 2017 dai militari del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Gioia Tauro sotto la direzione della locale Direzione Distrettuale Antimafia, con il coordinamento del Procuratore Aggiunto Gaetano Calogero Paci e del Sostituto Procuratore Adriana Sciglio.
L'indagine, convenzionalmente denominata "Ares", ha accertato che l'originaria compattezza della cosca si era affievolita già dopo la scomparsa di Domenico Cacciola, avvenuta nel 2013, ucciso, dai suoi sodali per lavare l'onta di una relazione extraconiugale intrattenuta con una donna riconducibile ai "Bellocco", Francesca Bellocco, anche lei vittima di omicidio per mano del figlio, Francesco Barone, recentemente condannato per tale delitto.

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L'esplosione delle conflittualità è stata registrata lo scorso 16 settembre, quando un "commando" capeggiato da Gregorio Cacciola cl. 80, figlio di Domenico, ha tentato di sequestrare, in pieno giorno ed in pieno centro a Rosarno, con il fine ultimo di condurlo in un luogo isolato e sopprimerlo, Salvatore Consiglio. Quest'ultimo, considerato uno degli emergenti della 'ndrina dei "Grasso", tradizionale cosca satellite dei "Cacciola", è riuscito a scampare al proprio destino solo reagendo prontamente al fuoco con una pistola illegalmente portata all'interno dell'autovettura.
Dalla contestualizzazione dell'episodio e dalle immediate attività investigative avviate dal Gruppo di Gioia Tauro è emersa una precisa chiave di lettura delle dinamiche mafiose interne al gruppo "Cacciola", ormai scisso nelle due cosche dei "Cacciola-Grasso" e dei "Cacciola":
L'indagine ha potuto acclarare che i componenti dei due gruppi in conflitto hanno iniziato a muoversi armati, pronti per sostenere un eventuale conflitto a fuoco, con armi detenute e trasportate attuando diversi escamotage, come quello di occultarle all'interno dei vani di allocazione degli airbag delle autovetture.
Le attività tecniche di intercettazione hanno consentito di registrare l'attualità delle dinamiche conflittuali, pervenendo anche all'arresto in flagranza di armi di taluni componenti dei due gruppi, individuandone gli assetti attuali nelle due formazioni omonime dei "Cacciola-Grasso" e "Cacciola", attribuendo ad ognuno degli associati le mansioni svolte, comprese quelle penalmente più rilevanti di promozione, direzione e coordinamento dei due sodalizi, documentandone le gravi iniziative criminali e i rispettivi ambiti di interesse illecito, nel più ampio contesto della società di Rosarno del mandamento tirrenico della provincia di Reggio Calabria, con proiezioni e rapporti consolidati in altre aree del territorio nazionale ed estero.
In particolare, dentro tale contesto è stato anche accertato il tentativo del gruppo "Cacciola" di più recente formazione di assumere una posizione egemonica, approfittando della condizione di maggiore debolezza delle famiglie mafiose dei "Pesce" e dei "Bellocco" indotta dalle più recenti operazioni di polizia giudiziaria.
Sul versante del narcotraffico internazionale è stato documentato nella presente indagine il trasferimento di un ingente quantitativo di stupefacente, circa 300 kg di cocaina con un elevatissimo grado di purezza (oltre il 95%), importati dai "Cacciola-Grasso" attraverso individuati emissari delle cosche sanlucote in Colombia nonché rapporti con le organizzazioni criminali della penisola iberica, da dove è stato possibile documentare il trasferimento di almeno 500 chili di hashish, provenienti dal Marocco, indirizzate alle "piazze di spaccio" del Nord Italia, specie quelle dell'hinterland milanese e delle provincie più piccole della Lombardia e del Piemonte, consentendo agli organizzatori rosarnesi di accreditarsi come grossisti puntuali ed affidabili, in cima alla catena distributiva dello stupefacente.
Infine è stato accertato che le famiglie mafiose Cacciola-Grasso" abbiano utilizzato una impresa di fuochi d'artificio – per confezionare gli ordigni esplosivi per l'attuazione del programma delittuoso e che hanno contribuito a rafforzare il potere delle due consorterie. Dalle conversazioni intercettate, infatti, risulta assolutamente evidente che i "Cacciola-Grasso" hanno commissionato a Giovanni Ursetta delle vere e proprie bombe – solitamente impiegate per danneggiamenti agli esercizi commerciali – fabbricate con una carica di esplosivo talmente elevata che Giovanni Grasso riferiva al suo interlocutore che "avevano fatto vibrare il paese".
Inoltre, le attività tecniche ed i servizi di pedinamento hanno registrato come i luoghi di detenzione domiciliare dei soggetti indagati fossero diventati teatro dei summit necessari a pianificare le diverse operazioni illecite, compresa l'importazione della cocaina dal Sudamerica.