"All inside 3", la Cassazione conferma 15 condanne inferte alla cosca Ascone di Rosarno

toghe 500altraSono 15 le condanne definitive disposte dalla seconda sezione della corte di Cassazione per gli imputati del processo "All inside 3", indagine condotta dalla Dda reggina contro la cosca Ascone di Rosarno. Solo due sono i ricorsi delle difese accolti dai giudici ossia quelli nei confronti di Rocco Scarcella e Damiano Furuli. Per quanto riguarda Scarcella è stato accolto il ricorso degli avvocati Giacomo Iaria, Valeria Iaria e Luca Barillà sul mancato riconoscimento del vincolo di continuazione con la condanna definitiva scontata per intero nel processo "Nasca e timpano", da qui l'annullamento della condanna e il rinvio ad un'altra sezione della corte d'Appello Per Furuli, invece, difeso dall'avvocato Giovanni Vecchio, è stata accolto il ricorso in riferimento all'esclusione della recidiva e pena è stata ridimensionata a 6 anni di carcere, pena già scontata dall'imputato. Definitive quindi le condanne, disposte all'esito del processo di secondo grado, per gli altri 17 imputati: Vincenzo Ascone 12 anni, Salvatore Ascone 11 anni; Michele Ascone 10 anni; Antonio Ascone 10 anni; Francesco Ascone 8 anni, Aldo Nasso 8 anni, Alessandro Ascone 7 anni, Gioacchino Ascone 7 anni, Damiano Consiglio 7 anni; Angelo Giordano 7 anni e 4 mesi; Carmela Fiumara 7 anni, madre di Vincenzo Ascone, Rocco Fiumara 7 anni, Vincenzo Fiumara 7 anni, Giuseppe Bonarrigo 4 anni, Rocco Furuli 6 anni. Gli imputati erano accusati, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, rapina, detenzione illegale di armi, e altri reati aggravati dall'aver agevolato la 'ndrangheta. Con questa decisione gli Ermellini stabiliscono in via definitiva l'esistenza e l'operatività mafiosa della cosca Ascone di Rosarno. Sa sempre è stata considerata una famiglia satellite o comunque all'ombra dei più potenti clan di Rosarno, i Pesce e i Bellocco, adesso l'operazione "All inside 3", coordinata dal pm antimafia Roberto Di Palma, ha definito il gruppo degli Ascone come cosca di 'ndrangheta. Le indagini della Dda di Reggio Calabria prendono le mosse dagli omicidi dei fratelli Cannizzaro e dall'omicidio Sabatino.

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Dinamiche che hanno spinto gli inquirenti a investigare il contesto criminale di Rosarno, arrivando a contestare l'associazione mafiosa al gruppo degli Ascone identificandolo come una vera e propria cosca mafiosa. L'inchiesta è nata nel 2006 a seguito dell'omicidio di Domenico Sabatino, ritenuto organico ai Pesce. Dinamiche criminali, equilibri precari sempre pronti a cambiare. Secondo le indagini, infatti, i Pesce e i Bellocco costituiscono tuttora i due poli intorno ai quali gravitano altre cosche, ad esse collegate sia da legami di parentela che da cointeressenze affaristiche. È emerso che non si tratta di poli contrapposti, ma ognuno dei due sodalizi costituisce baricentro di interessi di tipo economico e criminale e, anche in presenza di sovrapposizione di interessi, le due articolazioni territoriali della 'ndrangheta si sono adoperate per evitare che si creassero fratture ed anzi sono intervenute per ricomporre gli attriti creatisi tra le cosche satelliti. In quest'ottica si inquadrerebbe il ruolo degli Ascone e dei Sabatino. La contrapposizione tra queste due famiglie avrebbe anche indotto i Pesce a effettuare le azioni di fuoco nei confronti degli Ascone, a loro volta vicini ai Bellocco. La faida con i Pesce scoppierà nell'agosto 2007, anche se ad aprire la mattanza sarà l'omicidio dei fratelli Maurizio e Domenico Cannizzaro, ritenuti vicini ai Bellocco e agli Ascone e uccisi nel febbraio 1999. Tali uccisioni scateneranno una lunga serie di eventi sanguinosi, dall'attentato a Cosma Preiti, vicino ai Pesce, all'uccisione di D'Agostino ed al tentato omicidio di Francesco Giovinazzo, culminando poi nell'agguato a Domenico Sabatino e nel tentato omicidio ai danni di Vincenzo Ascone, sul lungomare di Nicotera. Domenico Sabatino verrà freddato nell'ottobre 2006. Secondo gli inquirenti, quindi, la scia di sangue sarebbe stata una vera e propria faida di 'ndrangheta, effettuata da persone pienamente inserite nell'associazione mafiosa. I termini utilizzati, emersi nel corso delle intercettazioni, sono inequivocabili: si parla del "battesimo" di Vincenzo Ascone, si delineano le figure apicali caratterizzate da capacità decisionale, con specifico riferimento a Domenico Bellocco, Antonio Ascone e ad suoi figli Michele e Vincenzo; vengono indicate le alleanze tra le famiglie (e i relativi legami di parentela e/o di comparatico), vengono circoscritti i territori assoggettati al loro controllo, emerge la spartizione degli interessi economici sul territorio. In tal senso, infatti, l'indagine ha permesso anche di scoprire le principali attività illecite degli Ascone. Ancora una volta, peraltro, emergerà il ruolo delle donne, Carmela Fiumara, in particolare. La donna – madre di Vincenzo Ascone – si sarebbe lamentata del fatto che il figlio fosse disarmato al momento dell'agguato subito a Nicotera, la seconda – secondo le intercettazioni – avrebbe minacciato di pentirsi, raccontando tutto agli inquirenti, qualora non venisse vendicata la morte del figlio, Domenico Ascone, ucciso a Rosarno il 14 agosto 2007.