di Angela Panzera - Regge in Appello il processo, svoltosi in abbreviato, scaturito dall'inchiesta "Mediterraneo". Dopo una lunghissima camera di consiglio durata quattro giorni la Corte d'Appello reggina ha condannato trenta imputati coinvolti nell'indagine che ha decapitato la cosca Molè di Gioia Tauro. Una sola è stata l'assoluzione, rispetto a quanto stabilito in primo grado dal Gup reggino Cinzia Barillà. Si tratta di quella rimediata da Pietro Giovanni De Leo che in primo grado era stato condannato a due anni di carcere; per il resto- seppur con qualche "sconto" di pena e assoluzione per qualche imputati di alcune delle accuse contestate- arriva una sostanziale conferma dell'impianto accusatorio sostenuto sia in fase di indagine, che durante il processo di primo grado, dai pm antimafia Roberto Di Palma, Luca Miceli e Matteo Centini ( quest'ultimi adesso in servizio presso altre Procure). Anche in secondo grado sono stati ritenuti "credibili" i collaboratori di giustizia.
La Corte d'Appello ha condannato Marino Belfiore a tre anni e sei mesi di carcere (tre anni e otto mesi in primo grado), Pietro Mesiani Mazzacuva a tre anni e otto mesi ( rispetto ai cinque anni rimediati in primo grado) mentre Arcangelo Furfaro è stato punito dodici anni di carcere ( 12 e 2 mesi in primo grado).
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Associazione mafiosa, traffico di droga e di armi, intestazione fittizia di beni, queste erano le accuse contestate, a vario titolo, dall'Antimafia reggina. Nell'inchiesta "Mediterraneo", condotta dai Carabinieri reggini, c'è tutto il business dei Molè. Un business che la cosca avrebbe spostato dalla Piana di Gioia Tauro soprattutto nel Lazio, dove sarebbe stata egemone anche nel settore delle slot machine. L'indagine infatti, ha ricostruito le strategie economiche del clan a partire dal primo febbraio 2008, giorno in cui verrà freddato l'unico dei tre fratelli in libertà, Rocco Molè. Dopo l'uccisione del boss, secondo gli inquirenti, sarà proprio il capo storico del clan, Girolamo, dal carcere di Secondigliano, a impartire gli ordini alla cosca: allontanarsi da Gioia Tauro verso Roma, rientrando in Calabria solo periodicamente. L'indagine, dunque, ha svelato l'attività di narcotraffico del clan, attraverso la quale i Molè sarebbero riusciti ad assicurarsi un regolare flusso di ingenti quantitativi di hashish e cocaina in entrata sulla Capitale, sfruttando tre direttrici di approvvigionamento e il ricorso a una strutturata rete di partecipi, sia italiani, che stranieri. Centro propulsore delle attività restava comunque la Piana, dove operavano i vertici del sodalizio, mentre a Roma avveniva la distribuzione. Alle partite in arrivo dalla Calabria, si aggiungevano quelle in arrivo attraverso l'asse Marocco – Spagna – Francia. Al contempo, grazie al supporto fornito da radicata componente albanese, la cosca gestiva lo stoccaggio e lo smistamento dei carichi di cocaina, introdotti dai Balcani sul territorio nazionale. Subito dopo gli arresti uno degli indagati, Pietro Mesiani Mazzacuva- genero di Mico Molè- ha deciso di collaborare con la giustizia i suoi verbali sono entrati nell'inchiesta. Stessa cosa per gli altri collaboratori Furfaro e Marino Belfiore, L'inchiesta "Mediterraneo" verrà ricordata nel contrasto alla criminalità organizzata, non solo per la ricostruzione delle dinamiche criminali all'indomani dell'omicidio del boss Molè, ma anche per aver portato alla collaborazione di tre indagati e adesso alle dure condanne emesse anche all'esito del processo di secondo grado.
Questo il dettaglio della sentenza:
Antonio Albanese 6 anni di reclusione
Carmelina Albanese, 2 anni e 8 mesi di reclusione
Cosimo Amato, 6 anni di reclusione
Khayi Ayoub Baba, 13 anni e 4 mesi di reclusione
Vincenzo Bagalà, assolto (richiesti 5 anni e 6 mesi di reclusione)
Giuseppe Belfiore, 6 anni di reclusione
Marino Belfiore, 3 anni e 6 mesi di reclusione
Antonio Bonasorta, 6 anni e 2 mesi di reclusione
Giovanni Burzì, 2 anni di reclusione (conferma)
Fabio Cesari, 8anni e 8 mesi di reclusione
Carmelo Cicciari, 6 anni e 8 mesi di reclusione
Gaetano Cicciari, 7 anni di reclusione (conferma)
Patrizio D'Angelo, 2 anni e 4 mesi di reclusione (conferma)
Pietro Giovanni De Leo, assolto (2 anni di reclusione in primo grado)
Patrizio Fabi, 8 anni di reclusione
Eugenio Ferramo, 2 anni e 4 mesi di reclusione (conferma)
Arcangelo Furfaro, 12 anni di reclusione
Domenico Galati, 2 anni e 4 mesi di reclusione
Giuseppe Guardavalle, 3 anni e 8 mesi in continuazione con altra sentenza
Girolamo Magnoli, 10 anni di reclusione
Domenico Mazzitelli, 6 anni e 6 mesi di reclusione
Ippolito Mazzitelli, 6 anni di reclusione
Pietro Mesiani Mazzacuva, 3 anni e 8 mesi di reclusione
Francesco Modaffari, 4 anni, 6 mesi e 14 giorni in continuazione con altra sentenza
Antonio Molè (classe 1989), 11 anni e 4 mesi di reclusione
Antonio Molè (classe 1990), 6 anni 9 mesi e 10 giorni di reclusione
Annunziato Pavia, 9 anni e 4 mesi di reclusione
Fiorina Silvia Reitano, 6 anni di reclusione
Pasquale Saccà, 8 anni e 8 mesi di reclusione
Stefano Sammarco, 11 anni e 4 mesi di reclusione (conferma)
Domenic Signoretta, 12 anni di reclusione
Carmelo Stanganelli, 10 anni e 4 mesi di reclusione