Gli ex sindaci di Melito Porto Salvo nelle mani della cosca Iamonte: chiesta la condanna per Iaria e Costantino

iaria-costantino600di Claudio Cordova - Il pubblico ministero di Reggio Calabria, Antonio De Bernardo, ha chiesto la condanna dei due ex sindaci di Melito Porto Salvo, Giuseppe Iaria e Gesualdo Costantino, coinvolti nel procedimento "Ada", celebrato contro la cosca Iamonte, che nel centro dell'area grecanica controlla tutto da decenni. Per Iaria, il pm De Bernardo ha invocato 12 anni di reclusione, mentre è di 10 anni la richiesta nei confronti di Costantino. Le richieste del pm De Bernardo sono arrivate al termine di un lungo dibattimento, scaturito dall'inchiesta dei Carabinieri, che ha portato al nuovo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Le indagini, infatti, avrebbero dimostrato come l'ente fosse nelle mani dello storico casato di 'ndrangheta, non solo tramite la politica, ma anche grazie alle connivenze della burocrazia: emblematica, in tal senso, la richiesta di 10 anni di reclusione nei confronti dell'onnipotente dirigente Francesco Maisano.

Complessivamente ammontano a oltre 100 anni di carcere le richieste formulate nei confronti degli imputati. Per molte delle persone coinvolte, che rispondono di armi e droga, è stata chiesta la prescrizione, scaturita per una legge approvata alcuni anni fa dal Governo Berlusconi.

Gesualdo Costantino verrà arrestato nel febbraio 2012, nell'ambito dell'operazione "Ada", in cui, comunque, emergerà anche la figura del suo predecessore, Giuseppe Iaria, che riceverà un avviso di garanzia per reati di mafia, rimanendo comunque a piede libero. Iaria verrà successivamente ristretto agli arresti domiciliari. Nell'ambito dell'operazione "Ada", verrà arrestato anche il giovane Giuseppe Ambrogio che, con le sue dichiarazioni, fornirà al pm De Bernardo i riscontri necessari per chiudere il cerchio sul malaffare mafioso di Melito Porto Salvo. Sia per Gesualdo Costantino, sindaco di Melito Porto Salvo, che per il suo predecessore, Giuseppe Iaria, i giudici parlano di "costante sostegno elettorale" da parte della cosca Iamonte. Entrambi gravitanti nell'orbita del centrosinistra, i due si sarebbero, di fatto, passati il testimone nei rapporti con la potente cosca di 'ndrangheta: "Costantino Gesualdo – scrivono gli inquirenti - è espressione della cosca Iamonte e l'azione amministrativa che egli, neo sindaco del comune di Melito di Porto Salvo, conduce è risultata essere improntata al clientelismo e tesa a tutelare gli interessi del sodalizio mafioso che, anche in occasione delle consultazione del 2012, ne ha appoggiato la candidatura e favorito l'elezione".

E della longa manus della cosca Iamonte sul Comune sarebbe prova anche una conversazione che gli inquirenti intercettano tra Giovanni Tripodi e Remingo Iamonte, il boss che sarebbe il dominus del sistema. I due rimarcano più volte come Costantino sia una pedina nelle mani dell'organizzazione: "Noi ci dobbiamo basare su Gesualdo perché noi quello abbiamo...". Secondo gli inquirenti è evidente come Costantino non possa esimersi dal rendere alla cosca il servigio richiesto, in quanto il ruolo istituzionale che egli ricopre, più che il democratico responso dell'elettorato chiamato alle urna, è il frutto di un accordo politico mafioso: "Tripodi: che noi ci ...inc... ma ci deve tornare il conto... Gesualdo!; Iamonte: Aspetta...eh!...e non ce l'abbiamo? ...e chi l'ha messo a lui là?".

Su tale conversazione, il pm De Bernardo ha insistito molto nel corso della sua requisitoria, spiegando come l'appoggio del clan Iamonte nei confronti di Costantino non si fosse limitato solo al Comune di Melito Porto Salvo, ma riverberato anche nella carriera alla Provincia di Reggio Calabria dello stesso ex sindaco.

Un connubio indissolubile, quello tra Costantino e la 'ndrangheta. Così come lo sarebbe stato quello dell'ex sindaco Iaria. Già alle precedenti consultazioni, che vedranno la vittoria di Iaria, Remingo Iamonte avrebbe dirottato i voti della cosca verso la coalizione che poi sarebbe diventata vincente. Di chiarezza estrema sono le parole di Remingo Iamonte, con riferimento all'operato di Costantino: "...lui...lui deve salvaguardare noi... noi salvaguardiamo lui, ma lui salvaguarda a noi, giusto?... lui ha bisogno di noi come noi abbiamo bisogno di lui, no?... quindi automaticamente... automaticamente... a noi, l'unico movimento, oggi, ...inc... è quello!"

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L'assunto sulla scorta del quale si ritiene Costantino il candidato di riferimento della cosca, troverebbe riscontro nell'analisi delle conversazioni intercorse tra alcuni affiliati a poche ore dall'avvenuto spoglio elettorale. Il commento riguarda il risultato elettorale riscosso da un candidato che, se pur eletto, avrebbe ottenuto, nella sezione di Prunella, soltanto tredici preferenze. Da una verifica degli atti pubblici risulterà che, presso la sezione nr. 6, corrispondente alla frazione Prunella di Melito di Porto Salvo, ad aver ottenuto tredici voti sia stato proprio Costantino. Così, dunque, scatteranno le lamentele per l'insuccesso con il referente di zona.

Si parla tanto a Melito Porto Salvo. Ed è proprio così che i Carabinieri vengono messi sulle tracce di Costantino, per il presunto rapporto con Remingo Iamonte, detto il "bassotto". Indicativa, in tal senso, è conversazione tra due uomini del paese:

A.: AMBROGIO Giuseppe
B.: BORCHIERO Alessio
Omissis
A. ma avete scassato con questo Lacco...
B. come?...che è stato?
A. alle elezioni
B. ha vinto Nicola?
A. che ha vinto...dove cazzo deve vincere?...no è salito quello...inc...Costantino...
B. e chi cazzo è?
A. Gesualdo Costantino...quello di Annà
B. Ah
A. ambrò...l'ha appoggiato il bassotto (ndr Iamonte Remingo)...poi il cugino...il cugino di mio cognato è arrivato secondo (Pansera Antonio)...
B. Ah

Il sostegno che la cosca Iamonte avrebbe garantito ad alcuni candidati, e nello specifico a Iaria prima e Costantino poi, sarebbe finalizzato al perseguimento degli scopi illeciti della cosca: le indagini in corso hanno consentito di appurare come ciascuno dei due, limitatamente al proprio ambito di competenza, sia stato chiamato al momento opportuno a rendere i servigi al clan.

Ancora Giovanni Tripodi si sarebbe lamentato dell'operato del Comune, parlando di Remingo Iamonte come dell'unico vero padrone della Cosa Pubblica: "...io sono qua...sono a disposizione...hai bisogno qualcosa?...se non posso...se posso ti favorisco...se non posso, tu per la tua strada e io per la mia...inc... là, il Comune là è...che è il mio il Comune?...tu comandi...pare che comando io...se comandassi io, sapevo chi doveva andare...sapevo se doveva andarci tu, se doveva andare Peppe o se doveva andare qualche altro...o no?...siccome sei tu che comandi....inc...a me che mi frega...".

Gli accertamenti del pm De Bernardo sveleranno gli intrecci criminali per il controllo del Municipio, con i due candidati che sarebbero stati, di fatto, a disposizione del clan Iamonte, una famiglia di macellai che da anni, però, è assurta fino al gotha della 'ndrangheta. Le intercettazioni a disposizione degli inquirenti, sveleranno inoltre gli intrecci politici e le aderenze, anche sui livelli nazionali, nell'establishment del centrosinistra.

Il Tribunale ha già calendarizzato le udienze a seguire con l'intervento delle difese e la sentenza potrebbe arrivare nelle prossime settimane.

Queste, nel dettaglio, tutte le richieste dell'accusa:

Carmelo Nicola Alampi 12 anni

Antonia Caracciolo prescrizione

Demetrio Caracciolo 6 anni

Francesco Caracciolo 6 anni

Giuseppe Caracciolo prescrizione

Giuseppe Cento prescrizione

Gesualdo Costantino 10 anni

Antonio Crea 6 anni

Paolo Ferrara prescrizione

Francesco Giordano prescrizione

Francesco Gullì prescrizione

Giuseppe Iaria 12 anni

Domenico Giuseppe Imbalzano 10 anni

Bruno Ligato 12 anni

Francesco Morabito 6 anni

Antonino Nucera prescrizione

Giovanni Paviglianiti prescrizione

Massimiliano Pirillo 12 anni

Giovanni Pugliese prescrizione

Carmelo Ravenda prescrizione

Donato Stelitano prescrizione

Luigi Stelitano prescrizione

Natale Tripodi 12 anni

Vincenzo Tripodi 12 anni

Demetrio Vercelli prescrizione