L'ossessione del boss Gallico: accuse alla Dda di Reggio Calabria

palmitribunale 500di Angela Panzera - Oggi è il giorno della sentenza per le cosche di Palmi, Domenico Gallico permettendo. Il boss dal 41 bis ha depositato infatti, nella scorsa udienza, una "pesantissima" istanza di rimessione del processo in cui- ancora una volta- attacca la Dda di Reggio Calabria ed in particolare il sostituto procuratore antimafia Giovanni Musarò, ormai da più di due anni in servizio presso la Procura di Roma. Oggi quindi il presidente del Collegio giudicante, Gianfranco Grillone, seguendo il naturale esito del dibattimento dovrebbe ritirarsi in camera di consiglio, con gli altri due togati a latere, per emettere la sentenza nei confronti dei dieci imputati del processo del troncone ordinario scaturito dall'inchiesta "Orso". Un'indagine delicata in cui le accuse mosse dall'Antimafia sono, a vario titolo, quelle di associazione mafiosa, riciclaggio ed intestazione fittizia di beni. Alla sbarra ci sono Emanuele Cosentino, Giuseppe Cosentino, Daniele De Salvo, Domenico De Salvo , Carmelo Gallico, Domenico Gallico, Teresa Gallico, Antonino Cosentino, Santina Iannino e Vincenzo Parisi. Secondo l' inchiesta, compiuta dai pm Giovanni Musarò e Roberto Di Palma, i soggetti coinvolti reinvestivano il provento delle attività illecite nell'acquisto di beni immobili; tra questi, un palazzo storico di Palmi, pagato 450mila euro contro un valore di un milione, che avrebbe dovuto essere demolito per costruire nuovi appartamenti da mettere poi in vendita. I sigilli furono apposti anche a vari appartamenti e ad una villetta, mentre a Roma sono stati sequestrati un ristorante-rosticceria e altri appartamenti ritenuti riconducibili ai Gallico: 7 milioni di euro il valore dei beni sequestrati.

Adesso però il processo potrebbe subire uno stop considerato che, ad istruttoria chiusa, e dopo quasi due anni dall'avvio del dibattimento- in cui l'accusa fin dal principio è stata sostenuta in giudizio dal pm antimafia Adriana Sciglio. Nela scorsa udienza infatti, l'ergastolano Domenico Gallico ha depositato questa istanza di rimessione del processo e il presidente Grillone ha investito la Cassazione per affrontare la questione. Gli Ermellini dovranno valutare se, nell'ambito del cosiddetto processo di merito, si sono verificate gravi situazioni locali "tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili", e che "pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto". È nelle piene facoltà dell'imputato Gallico utilizzare questo istituto previsto dal codice, anche se lo stesso non è nuovo ad invocarlo quasi "ad orologeria", ossia poco prima della decisione del Collegio giudicante. Se la Cassazione però, non deciderà in fretta, vi è il concreto "rischio" che tutti gli imputati detenuti si vedranno scadere i termini della custodia cautelare in carcere.

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Ma qual è il problema di Domenico Gallico? Il boss si sente una vera vittima della giustizia italiana e un vero e proprio perseguitato dalla Dda reggina ed in particolare dal pm Musarò, lo stesso che invece, è stato aggredito in carcere proprio dallo stesso Gallico. L'episodio risale al novembre del 2012 e si è registrato presso il carcere di Viterbo. Durante l'interrogatorio, chiesto proprio da Gallico all'esito della chiusura delle indagini preliminari, il magistrato è stato letteralmente assalito dal detenuto che si è scagliato- grazie alla negligenza e alla poca attenzione degli agenti della polizia penitenziaria che avrebbero dovuto sorvegliarlo- contro colui il quale aveva sbattuto in carcere tutta la sua famiglia e imbastito processi divenuti, nel corso del tempo, trai più importanti nel contrasto alla 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro. E adesso è Domenico Gallico a sentirsi- ancora- perseguitato da Musaro che invece, in questo processo- ossia "Orso" non ha sostenuto l'accusa, sostenuta appunto dal pm Sciglio. E Gallico lo sa bene considerato che il dibattimento è in corso da un paio di anni.

Ma per il boss ergastolano Musarò è un pallino fisso.

Nella sua istanza di remissione sostiene infatti, di offrire la prova documentale attraverso la quale si coglie come l'esercizio abusato dal potere da parte di soggetti alla Dda e soprattutto l'ostentazione di esso in aperta violazione della legge". Il boss parla di un "vero e proprio terrore" che avrebbe "condizionato gli operatori del diritto che, nella migliore dle ipotesi hanno avuto come unico intento quello di captare la benevolenza del soggetto offeso ( qui vi è il riferimento all'aggressione subita dal pm Musarò proprio da parte del detenuto)- attraverso una sorta di solidarietà". Secondo Gallico quindi, tutti i giudici, dai gip, al Riesame, alla Cassazione, ai gup, ai presidenti di Tribunale e Corte d'Assise, fino ad arrivare alla Corte d'Appello e la stessa Cassazione, avrebbero assolto, condannato, sequestrato, confiscato, confermato il carcere, e adottato qualsiasi provvedimento e decisione nei confronti degli sponenti della 'ndrina per "solidarità". Si sfiora l'assurdo. In buona sostanza Gallico parla di clima del terrore. E lui in effetti, essendo stato un boss fra i più feroci e spietati in circolazione, è proprio esperto del terrore generato sul territorio.

Ed è proprio in questo passaggio che si sfiora il grottesco. " È stata, in pratica- scrive Domenico Gallico- pianificata una vendetta da parte di un soggetto privato (Musarò, a causa dall'aggressione utilizzato dei poteri pubblici, quelli del pm).

L'aver ricevuto carta bianca ad attuare la propria venetta ha generato un clima di terrore e di condizionamento psicologico negli addetti ai lavori(...)Musarò ha continuato a pianificare la sua vendetta". E per Gallico questa vendetta consisterebbe, a questo punto, non solo nell'attività di magistrato antimafia svolto dal pm Musarò- che ricordiamo vive blindato da anni- proprio "grazie" a Domenico Gallico e alle altre 'ndrine della Piana- , ma anche nella compiacenza e presunta connivenza di tutti gli altri organi requirenti e giudicanti che si sono occupati del processi sulla cosca di Palmi. Adesso sarà la Cassazione a decidere se si sono registrate, o meno, delle incompatibilità che minano la serenità del giusto processo. Ma sentire dalla bocca di un boss violento queste parole, fa comprendere -ancora una volta- la sfida della 'ndrangheta alle Istituzioni reggine. Una sfida che adesso si traduce in un'istanza di rimessione del processo e che viene compiuta a suon di norme gettate lì a caso e a suon di offese e calunnie perché, è bene ricordarlo, se Gallico è a processo con diversi parenti e compari di cosca- non è per un volere personale o persecutorio degli inquirenti reggini, e fra questi de pm Musarò, ma perché è semplicemente la legalità che ha agito. La legalità in tutte le sue sfaccettare. La giustizia. La stessa che adesso Gallico invoca con tanto rispetto, ma su cui per anni ci ha sputato sopra dando avvio a una sanguinaria faida che ha invaso di sangue Palmi territori vicini. Quel famoso terrore tanto caro al boss che adesso, dopo essersi difeso nel processo, sta tentando di difendersi dallo stesso.