"Sant'Anna", regge in Appello il processo contro la cosca Bellocco di Rosarno. 20 al boss Umberto Bellocco

Bellocco-Umberto-cl.-37di Angela Panzera - Regge in Appello il processo contro la cosca Bellocco di Rosarno. Anche se si sono registrate quattro assoluzioni ossia quelle di Domenico Bellocco- difeso dai legali Guido Contestabile e Domenico Infantino, Antonella Bruzzese, Domenico Corrao e Francesco Olivieri, difeso dal legale Luca Cianferoni, la Corte d’Appello reggina ha sostanzialmente sposato l’impianto accusatorio sostenuto dalla Procura Generale. Pur limando in qualche caso le condanne inflitte in primo grado dal gup Tazia, sono 13 le condanne stabilite dai giudici di piazza Castello. La lettura del dispositivo è avvenuta presso l’aula bunker di Reggio Calabria. Impeccabile il servizio d’ordine predisposto da Polizia, Carabinieri, Polizia penitenziaria e guardie giurate. Su tutte le condanne spicca quella, a 20 anni di carcere, per il mammasantissima di Rosarno, Umberto Bellocco punito con 20 anni di carcere. “Assu i mazzi”, questo il suo appellativo all’interno della ‘ndrina era stato condannato a 18 anni in primo grado ed oggi, stando alla sentenza di secondo grado, viene punito ulteriormente con due anni in più da sommare alla decisione del gup Tazia. Per la Dda, e adesso anche la Corte d’Appello, gli imputati sono responsabili, a vario titolo di associazione mafiosa, armi, intestazione fittizia di beni e favoreggiamento. Tutti i reati “fine” erano aggravati dalle modalità mafiose previste dall’articolo 7 della legge 203 del 1991 anche se per qualche imputato l’aggravante è stata esclusa dai giudici d’Appello. Il procedimento “Sant’Anna”, curato dai pm antimafia Alessandra Cerreti e Giovanni Musarò, Matteo Centini e Luca Miceli, scaturisce dagli esiti di due distinte attività investigative sviluppate dai Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio Calabria in due periodi differenti: la prima, tra settembre 2012 e ottobre 2013, finalizzata alla cattura dell’allora latitante Giuseppe Pesce, detto “Testuni”, divenuto reggente dell’omonima cosca all’indomani della cattura, il 9 agosto 2011, del fratello maggiore Francesco cl.1978. Ci sarebbero due tipi di gruppi che avrebbero aiutato Peppe Pesce a sottrarsi alla giustizia; da un lato quelli che il gip Massimo Minniti, che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare, definisce il team degli “scappoti” e dall’altro quello dei bunkeristi”. Un sistema in precedenza collaudato” lo definirà il gip nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Tutti infatti si sarebbero prodigati ad assecondare gli scopi illeciti della ‘ndrina, e per gli inquirenti non ci sono dubbi: i due gruppi sarebbero riusciti a gestire in piena sicurezza la latitanza del giovane boss, facendolo gravitare sempre sul versante tirrenico della Calabria. Determinanti per la prima tranche dell’inchiesta, furono le dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce. La seconda operazione, condotta tra i mesi di gennaio e giugno 2014, riguardò invece, il mammasantissima Umberto Bellocco, (suocero di Giuseppe Pesce) e di altri appartenenti all’omonimo sodalizio, di cui l’anziano boss è il capo fondatore. L’anziano boss che dopo 21 anni di carcere, fu riarrestato il 16 luglio del 2014, poiché avrebbe continuato a delinquere. Dalle carte dell’inchiesta è emerso ancora una volta, che i Bellocco si stavano muovendo per cercare di “aggiustare “il processo in appello che vedeva alla sbarra molti affiliati. Uno degli arrestati infatti, Umberto Emanuele Oliveri, oggi punito con 6 anni, intercettato diceva: “Ieri pensavo che mi portavo fuori a mio frat…e invece gli hanno confermato la condanna“. Secondo gli investigatori i Bellocco si stavano muovendo per cercare di “aggiustare” il processo in appello : “è ora ci stiamo muovendo per tutti i miei parenti di vedere di aggiustarci sto processo“. E non è la prima volta che la ‘ndrina è scevra dal condizionare le decisioni dei giudici. Alla luce della sentenza emessa dai giudici di secondo grado si sbagliavano anche in questo caso.

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Di seguito la decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria

 

Salvatore Barone 9 anni di reclusione (13 anni e 4 mesi in primo grado)

Antonella Bartolo 2 anni 2 mesi e 20 giorni di reclusione (2 anni e 8 mesi e 10 giorni in primo grado)

Domenico Bartolo conferma condanna primo grado (1 anni e 9 mesi e 10 giorni-pena sospesa)

Rossana Bartolo 2 anni 2 mesi e 20 giorni di reclusione (2 anni e 4 mesi in primo grado)

Domenico Bellocco assolto (10 anni e 8 mesi in primo grado)

Umberto Bellocco 20 anni di reclusione (18 anni in primo grado)

Antonella Bruzzese assolta (1 anni e 9 mesi e 10 giorni di reclusione, pena sospesa, in primo grado)

Mercurio Cimato conferma condanna primo grado (1 anno, 9 mesi e 10 giorni di reclusione, pena sospesa)

 

Giuseppe Ciraolo 7anni e 4 mesi di reclusione (9 anni e 4 mesi in ptimo grado)

Domenico Corrao assolto (2 anni e 8 mesi e 10 giorni di reclusione in primo grado)

Michele Forte 6 anni e 3 mesi (8 anni e 4 mesi di reclusione in primo grado)

Elvira Messina 6 anni e tre mesi di reclusione (11 anni in primo grado)

Francesco Olivieri assolto (9 anni e 4 mesi di reclusione in primo grado)

Umberto Emanuele Olivieri 6 anni di reclusione (13 anni e 8 mesi in primo grado)

Massimo Paladino conferma condanna primo grado ( 1 anno, 9 mesi e 10 giorni di reclusione-pena sospesa)

Giorgio Antonio Seminara conferma condanna primo grado ( 1 anno 9 mesi e 10 giorni di reclusione-pena sospesa)

Biagio Sergio conferma condanna primo grado ( 2 anni di reclusione- pena sospesa)

Salvatore Zangri conferma condanna primo grado (1 anno e 9 mesi e 10 giorni di reclusione- pena sospesa)