"Tnt 2", crolla in Appello il processo alla cosca Franco di Pellaro. Scarcerata Pina Franco

franco pinadi Angela Panzera - Crolla in Appello il processo contro la cosca Franco di Pellaro. La Corte d'Appello di Reggio Calabria, Lilia Gaeta presidente con a latere Adriana Costabile e Angelina Bandiera, ha rimesso completamente in discussione le condanne inflitte in primo grado dal gup distrettuale all'esito del processo svoltosi con il rito abbreviato. I giudici di secondo grado hanno infatti, assolto tutti gli imputati dal reato di associazione per delinquere di stampo mafioso e nello specifico di appartenere, e gestire, la 'ndrina di Pellaro federata ai clan di Archi. Le accuse inoltre, erano a vario titolo, anche quelle di detenzione, trasporto e cessione di esplosivo bellico del tipo "C-4", quello rinvenuto all'interno della nave "Laura C", estorsione aggravata dalle modalità mafiose e detenzione, vendita e cessione di sostanze stupefacenti. Secondo quanto stabilito dai giudici d'Appello, passa da una condanna a 12 anni di carcere ad un'assoluzione piena Giuseppa Franco, difesa dai legali Giulia Dieni e Francesco Calabrese.

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Per la donna, ritenuta al centro dell'inchiesta "Tnt 2 ", si sono aperte le porte del carcere così come stabilito dal Collegio. La 'ndrina, secondo i pm Antonella Crisafulli e Stefano Musolino che condussero le indagini insieme ai Carabinieri del Comando provinciale, era guidata proprio da Pina Franco, la donna che per sangue e matrimonio si sarebbe guadagnata il titolo di reggente. La Franco, figlia del boss Michele Franco, avrebbe gestito la 'ndrina proprio perché il marito, Carmelo Murina boss di Santa Caterina, all'epoca era detenuto. Per la Dda dello Stretto infatti, la Franco avrebbe svolto un ruolo di primo piano all'interno del cosca al pari di quello del consorte, Carmelo Murina. Gli inquirenti muovevano l'accusa di 416 bis nei confronti della donna in seguito a due intercettazioni: la prima riguarda una telefonata intercorsa fra Massimo Murina e la Franco mentre l'altra è stata captata a bordo dell'auto del Murina. Per quanto riguarda la prima telefona scriveva il gip Santoro nell'ordinanza di custodia cautelare: « l'uomo utilizza un tono molto reverenziale nei confronti della donna con la quale si scusa per non essere andato ancora da lei, rassicurandola al contempo che entro qualche giorno andrà̀ a trovarla a casa:" senti io per venerdì, sabato sono immancabilmente da te immancabilmente....venerdì sabato bella non...non..stare con il pensiero..."

Nel proseguo della conversazione, è la stessa Franco a specificare che il motivo per il quale Massimo Murina dovrà̀ andare da lei, e consiste in una non meglio precisata somma di denaro che Murina dovrà̀ consegnare nell'interesse del marito della donna. Da qui l'accusa di svolgere un ruolo importante all'interno della 'ndrina. Adesso però per la Franco arriva l'assoluzione piena. Alla sbarra c'era anche Filippo Gironda, imprenditore noto in città, accusato insieme a Giovanni Ambroggio, di un tentativo estorsivo perpetrato ai danni di Domenico Battaglia e Roberto Berlingieri, picchiati anche selvaggiamente . I due l'avrebbero fatta proprio grossa: avrebbero trafugato 2 chilogrammi di tritolo in possesso al clan Franco che voleva a tutti i costi recuperali. Pochi giorni dopo, siamo nell'aprile del 2014, Battaglia e Berlingeri saranno arrestati insieme ad altri otto persone nell'operazione Tnt, condotta dai carabinieri reggini, e l'esplosivo verrà sequestrato nella relativa perquisizione. Gironda, al termine del processo di secondo grado, passa da una condanna a 12 di carcere a una che ammonta a 4 anni di reclusione. L'imputato Stefano Porchi, punito in primo grado con 14 anni di carcere adesso rimedia solo 5 anni e 4 mesi. Infine, Giovanni Ambroggio, difeso dal legale Francesco Siclari, è stato condannato in Appello a 2 anni e 8 mesi di detenzione rispetto ai 3 anni e 5 mesi rimediati in primo grado. Massimo Murina invece, passa da una pena di 14 anni di detenzione a 4 anni. L'unica condanna confermata è quella inflitta a Giuseppe Zampaglione punito dal gup con 4 anni di detenzione. Dichiarato anche "il non doversi procedere" nei confronti di Franco Giuseppe- che in primo grado era stato condannato a 6 anni di carcere- poiché il reato è estinto per morte dell'imputato.