Giustizia per Fabrizio Pioli: in Cassazione ergastoli per due dei suoi aguzzini

640x360 C 2 video 291006 videoThumbnaildi Angela Panzera - Fine pena mai per Antonio Napoli e per il nipote Francesco. 13 anni e 8 mesi per Domenico Napoli, figlio di Antonio. La Cassazione ha posto fine alla atroce vicenda che ha visto come vittima Fabrizio Pioli, che nel febbraio 2012, verrà inseguito, braccato e ucciso perché accusato di avere intrattenuto una relazione extraconiugale con la figlia di Napoli, Simona, sposata e madre di un bambino. Antonio Napoli si consegnerà alla giustizia a poche settimane dall'inizio del processo in Assise, nel marzo 2013. Solo le indicazioni fornite da Napoli permetteranno il rinvenimento del cadavere occultato nelle campagne di Rosarno.

"In certi contesti socio-culturali quello che ha fatto Fabrizio Pioli costa ancora la vita" dirà l'allora procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo, che coordinerà le indagini. La vicenda, infatti, creerà scalpore e indignazione non solo in Calabria. A lanciare l'allarme per la scomparsa di Pioli, infatti, era stata proprio Simona Napoli, il giorno in cui il giovane gioiese era andato a trovarla presso la propria abitazione di Melicucco.

Importante, tra le altre prove, l'intercettazione ambientale captata dai Carabinieri nelle fasi d'indagine: "Sono andati a buttarlo" dirà uno degli indagati. Il corpo di Pioli, infatti, si trovava a circa due metri di profondità, in una zona impervia, essendo stato probabilmente sepolto nell'immediatezza, a circa cinquecento metri in linea d'aria da dove, alcune settimane dopo la scomparsa di Pioli verrà ritrovata la sua autovettura bruciata: "Quello che è stato fatto non lo si fa neanche a un animale" dirà ancora – questa volta con rabbia – il Procuratore Creazzo.

Un caso che verrà curato dal pm di Palmi, Giulia Pantano, con una faticosa fase istruttoria che porterà alle condanne già in primo grado, poi confermate anche dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria, prima del sigillo della Cassazione.

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Antonio Napoli non voleva soltanto uccidere Fabrizio Pioli. Voleva punirlo in maniera esemplare, farlo soffrire fino alla morte, eliminare ogni traccia di quel “sopruso”. Sono parole forti quelle del presidente della Corte d’Assise d’appello di Reggio Calabria, Roberto Lucisano, parole che ancora una volta raccontano l’orrore vissuto dal metalmeccanico di Melicucco quel 23 febbraio 2012, quando venne ucciso barbaramente dal padre della donna che amava. La sua colpa era quella di aver osato insidiare il regno di Napoli, innamorandosi di sua figlia Simona, una donna già sposata e con un figlio.

Per quel delitto,  i giudici di secondo grado avevano inflitto l’ergastolo ad Antonio e Francesco Napoli, rispettivamente padre e cugino di Simona, alleggerendo la pena per il fratello Domenico, che è passato da 18 anni a 13 anni e 4 mesi, grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche e confermando l’assoluzione della madre Rosina. «La conclusione da trarre – si legge in sentenza - è che Antonio Napoli avesse inteso porre in essere una severa e inappellabile spedizione punitiva ai danni di Fabrizio Pioli, facendogli patire sofferenze che gli sarebbero state evitate con un più veloce ed indolore colpo di arma da fuoco». Arma che pure Napoli aveva a disposizione e con la quale all’incrocio di Melicucco aveva minacciato prima Fabrizio e poi sua figlia Simona, che aveva seguito il padre. Modalità «tribali», inflitte «intenzionalmente» ad un uomo «colpevole di aver insidiato il terreno di dominio di Antonio Napoli, fra cui rientrava anche la figlia Simona».

Un omicidio eseguito con modalità feroci, sintomo di una «specifica volontà di uccidere» quel povero ragazzo che aveva la colpa di amare e sul quale Napoli ha scaricato tutta la sua violenza e la sua indole di padre padrone. E su Fabrizio si è accanito, conficcandogli il tubo con il quale lo ha picchiato nell’orbita oculare, fino a fracassargli la faccia. «Non saprebbe questa Corte come spiegare, se non imputandoli a crudeltà, quei due colpi inferti quando già la vittima era agonizzante e sul punto di spirare», scrivono ancora i giudici. Perché alcuni di quei colpi – tra sette e nove – sono arrivati quando Fabrizio, ormai sul punto di morire, aveva già perso i sensi finendo per terra, dopo aver subito, inerme, tenuto fermo da Francesco Napoli, la ferocia di Antonio. «Fabrizio Pioli, per essere devastato così com’è stato devastato, avrebbe dovuto essere immobilizzato da un soggetto diverso da colui che lo picchiava. Tanto è avvenuto grazie all’apporto concorsuale apprestato dall’imputato Napoli Francesco, che immobilizzava la vittima, mentre Napoli Antonio infieriva su di lui», confermano infatti i giudici. E il numero di colpi sferrati, scrive incredulo Lucisano, è «impressionante». Nessuna lite, nessuna arroganza o insulto da parte di Fabrizio, nessun pugno avrebbe innescato quell’azione omicida. Dopo aver visto Fabrizio uscire da casa della figlia, Napoli aveva atteso il giovane allo svincolo. Lo aveva inseguito in pieno centro, voleva incontrarlo a tutti i costi. E Fabrizio non si era sottratto, «poiché desiderava difendere la donna che amava e non era pavido rispetto alla personalità di Napoli». Un coraggio che per Napoli, affermano i giudici, rappresentava un ulteriore affronto. Così, Fabrizio «ha perso la vita per essersi recato a casa della donna che amava, desideroso di non lasciarla sola, di starle vicino e proteggerla dai maltrattamenti che la famiglia le riservava, proponendole di andare via insieme». E anche se i suoi aguzzini hanno provato a dipingerlo come un uomo senza rispetto e arrogante, per i giudici è lui l’unico vero uomo d’onore di questa storia. Un uomo che non ha potuto nemmeno difendersi, sopraffatto dai suoi aggressori, che non gli hanno lasciato scampo. È impossibile, dicono infatti i giudici, pensare che Fabrizio avesse avuto la forza di reagire, rialzarsi, tentare di disarmare Napoli. «Non risulta sussistere margine alcuno per poter ipotizzare la benché minima reazione difensiva, men che meno offensiva da parte di Fabrizio, selvaggiamente percosso fino ad essere ucciso». 

Ora, con la sentenza della Corte di Cassazione, la chiusura della vicenda giudiziaria: a oltre 5 anni dall'agghiacciante delitto, giustizia per il giovane Fabrizio Pioli.