Informativa scomparsa su Luciano Lo Giudice: inammissibile l'appello della Procura contro il vicequestore Militello

logiudiceluciano 500di Angela Panzera - L'Appello della Procura reggina sull'assoluzione del vicequestore della Polizia di Stato, Castrenze Militello, è inammissibile. lo hanno deciso oggi i giudici di Piazza Castello che hanno accolto l'eccezione formulata dai difensori dell'imputato, i legali Francesco Albanese e Andrea Alvaro. Alla sbarra vi era anche l'ispettore Matteo Periti, assistito dal difensore Renato Russo. Entrambi sono stati assolti, con formula piena, il 20 marzo del 2015 dal giudice monocratico reggino Maria Isabella Celeste. La vicenda in cui il vicequestore Militello e l'ispettore Matteo Periti sono stati assolti "per non aver commesso il fatto" è assai spinosa e costituisce uno dei tanti rivoli processuali nati dalle indagini sul conto della potente cosca Lo Giudice di Reggio Calabria. Secondo l'accusa Militello e Periti avrebbero omesso di denunciare alla Procura della Repubblica le irregolarità riscontrate dalla Polizia Amministrativa nel corso di un controllo all'ormai celeberrimo bar-cornetteria "Peccati di gola", di proprietà di Luciano Lo Giudice fino all'intervento delle indagini del pm antimafia Beatrice Ronchi (adesso in forza alla Dda di Bologna).

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Luciano Lo Giudice è figlio del boss Peppe Lo Giudice, ucciso oltre vent'anni fa ad Acilia, ed è il fratello di Nino Lo Giudice, discusso collaboratore di giustizia, che si è autoaccusato degli attentati alla Procura Generale del 3 gennaio 2010 e della distruzione del portone del Procuratore Generale Salvatore Di Landro, dell'agosto successivo, salvo poi essere al centro di una sospetta ritrattazione e di una successiva latitanza di qualche mese. Nel corso del controllo effettuato dalla Polizia verranno ritrovate una serie di irregolarità: dai dipendenti senza copricapo (necessario per motivi igienici), all'assenza della tabella d'avvertenza dei giochi proibiti per le slot machine installate nel locale. Irregolarità apparentemente di poco conto che avrebbero toccato però sia la fedina penale, sia il portafogli di Luciano Lo Giudice, con un ammenda di quattromila euro. Irregolarità che sarebbero dovute essere redatte in un apposito fascicolo che però, secondo le indagini svolte dall'Antimafia, sarebbe risultato introvabile. La vicenda è di quelle apparentemente piccole, ma, in realtà, per la Procura nascondeva un sistema più ampio. Per l'accusa, rappresentata durante il processo dal pubblico ministero Antonella Crisafulli, i due imputati alal sbarra andavano condannati a un anno ciascuno: il masimo della pena prevista per il reato contestato.

Dopo un lungo dibattimento però, il giudice monocratico ha sposato la tesi difensiva. Quando il giudice ha emesso la sentenza, ossia il 20 marzo 2015, il reato contestato a Militello e Periti non era ancora prescritto, ma esso si prescriverà il 27 aprile successivo. A questa data ancora le motivazioni della sentenza non erano state depositate. Il giudice Celeste lo farà, in termine di legge, il 20 giugno. Il pm Crisafulli, insieme al Procuratore capo Federico Cafiero De Raho e all'aggiunto Gaetano Paci appellerà la decisione, sempre in termine, depositando l'atto il 31 agosto. Ed a questa data il reato contestato ai due imputati era quindi già prescritto. Il secondo grado del processo viene comunque fissato dinnanzi ai giudici della Corte d'Appello reggina. Il collegio dei difensori però formulerà ai giudici l'eccezione facendo leva su una consolidata giurisprudenza, elaborata anche dalla Corte di Cassazione, secondo la quale la Procura, a seguito di una sentenza assolutoria, non può appellare essendo il reato contestato si è prescritto tra l'emissione del dispositivo e la redazione delle motivazioni è da dichiararsi inammisibile "per carenza del pubblico ministero a proporre appello poichè l'accusa non potrà mai ottenere la condanna, ma "solo" l'estinzione del reato.

E questo "risultato", secondo plurime sentenze della Cassazione, non è da considerarsi "favorevole" per l'ufficio di Procura. Ed è per questi motivo che oggi i giudici di Piazza Castello hanno dichiarato inammissibile l'Appello della Procura guidata da Federico Cafiero De Raho.