Maltrattamenti sui nipoti: condannati i genitori di Maria Concetta Cacciola

cacciolamariaconcetta500di Angela Panzera - Dopo aver maltrattato la loro figlia, hanno maltrattato anche i loro tre nipoti. Condannati nei giorni scorsi dal Tribunale di Palmi, Emanuela Gentile presidente con a latere Simona Monteforte e Alberto Romeo, Anna Rosalba Lazzaro e Michele Cacciola, i genitori della testimone di giustizia rosarnese Maria Concetta Cacciola uccisa nell'agosto del 2011. Il Collegio ha condannato Cacciola a 2 anni e sei mesi di carcere mentre per la Lazzaro sono stati comminati 10 mesi. Regge quindi l'impianto accusatorio, sostenuto dal pm antimafia Francesco Ponzetta.

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Secondo le indagini- e adesso anche secondo il Tribunale-, i due imputati avrebbero maltrattato, oltre che la figlia- per cui sono stati condannati in via definitiva- anche i loro tre nipoti che all'epoca dei fatti avevano 16, 13 e 7 anni. Cacciola e la Lazzaro, però, non avrebbero esitato a usare sugli adolescenti violenza psicologica, maltrattandoli abitualmente con il fine criminale di lederne l'integrità psicologica, morale e fisica; lo scopo era, secondo l'accusa, quello di costringere la madre, a rientrare a Rosarno da Genova, dove si trovava in località protetta, e a interrompere la collaborazione. I ragazzini, dunque, sarebbero stati usati come "arma" per convincere la donna a ritrattare le proprie accuse: Maria Concetta Cacciola, infatti, accuserà la propria famiglia, legata da vincoli di parentela con il potente clan Bellocco di Rosarno. Accuse che getteranno i Cacciola nel panico, non solo per la valenza giudiziaria che tali dichiarazioni avrebbero potuto avere, ma anche per il disonore che la scelta di Cetta, di cambiare vita, di chiudere con un mondo dai valori ancestrali, causava sulla famiglia. E così, allora, i due avrebbero portato una delle figlie di Maria Concetta, Gaetana, a Genova, con lo scopo di farla rientrare a Rosarno e nello stesso tempo avrebbero "minacciato" la donna di non farle rivedere più i figli. I Cacciola, dunque, avrebbero coinvolto i figli minori "nelle complesse e articolate manovre criminose volte a costringere la madre Maria Concetta Cacciola ad interrompere la collaborazione con l'Autorità Giudiziaria, come si evince anche da alcune conversazioni telefoniche e ambientali.

Violenza su Maria Concetta Cacciola, violenza su tre ragazzini minorenni. Gli imputati sono stati condannati "in continuazione" con la sentenza definitiva rimediata sia per i maltrattamenti inferti alla giovane testimone di giustizia che per la ritrattazione estorta con violenza. Il tutto per favorire la cosca rosarnese dei Bellocco. In sede di requisitoria il pm Ponzetta, che aveva chiesto la condanna a 4 anni per Cacciola e a 3 anni per la Lazzaro, ha ripercorso in aula tutta la genesi dell'indagine compiuta dai Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro e del comando provinciale. "I figli- ha affermato il pm- sono stati usati come strumento di coazione psicologica nei confronti di Maria Concetta Cacciola. Lo strumento di ricatto tramite i figli non è un'induzione, non è una deduzione, è chiaro ed emerge chiaramente". Tutto era stato programmato nei minimi dettagli: Cetta doveva tornare a Rosarno e doveva ritrattare quanto detto ai magistrati della Dda reggina altrimenti non avrebbe più rivisto i suoi tre figli. "I minori- ha detto l'accusa-venivano utilizzati come strumento di comunicazione e veniva data l'aspettativa che la madre sarebbe tornata, e alla delusione di tale aspettativa, la cui colpa ovviamente veniva fatta ricondurre alla madre stessa, veniva riferito alla madre per farla sentire in colpa che la figlia aveva pianto. Dovevano fargliela vedere negli occhi la minore, strumento fisico, carne e sangue di ricatto(..)Altro che amore, altro che millanteria, questo era il trattamento concreto, reale, che avevano i minori. Maria Concetta Cacciola è stata destinataria di maltrattamenti da parte dei familiari per farla ritornare a Rosarno e ritrattare le dichiarazioni rese. Questa condotta ha coinvolto i figli, sia in maniera diretta essendo non semplici spettatori ma strumento e resi protagonisti mediati dell'attività di minaccia, sia coinvolgendoli in maniera più generica, portandoli a conoscenza, facendoli assistere a queste dinamiche che poi gli stessi hanno riferito al proprio genitore detenuto". Violenze su violenza. La 'ndrangheta non si fa nessuno scrupolo né per i propri figli né per i propri bambini.