Reggio, una via per Marco Pannella ed una per Enzo Tortora

catanzariti pannelladi Gianpaolo Catanzariti* - Nel mese di maggio due giornate appaiono inscindibilmente collegate. Ricordano, in maniera indelebile, la vita, le esperienze di due uomini che, con il loro esempio, la loro forza interiore, la loro ostinata lotta nonviolenta, hanno rappresentato la coscienza critica di un Paese che sembra aver smarrito i valori ed i principi consacrati nella Costituzione italiana. Libertà, democrazia, diritti, giustizia, solidarietà, tolleranza, valori calpestati, giorno dopo giorno, con comportamenti, leggi e provvedimenti che mostrano il volto autoritario del potere, la bocca assetata di gestione del potere, il dominio elitario sulla moltitudine considerata "gregge".

Due date, una dopo l'altra, che il destino, non certo il caso, ha voluto offrire a tutti noi, Per non dimenticare. "A futura memoria", per usare il monito di un altro gigante del secolo appena trascorso, Leonardo Sciascia, coscienza civile e voce scomoda dinanzi alla retorica dilagante, superficiale e dominante, incapace di leggere, capire ed interpretare i fatti, spesso dolorosi, che ci circondano.
Il 18 maggio del 1988 moriva Enzo Tortora. Il 19 maggio del 2016, Marco Pannella. Due giorni consecutivi che ci indicano la necessità dell'impegno per il diritto ad una giustizia giusta, per le ragioni dello Stato di diritto a fronte di un diritto alla ragion di Stato.
Ed è proprio perché la memoria possa avere un futuro anche nella nostra città che ritengo doveroso lanciare un appello alle nostre istituzioni affinché anche nella nostra Reggio si trovi lo spazio giusto a queste due grandi figure della recente storia.

Da tempo la nuova amministrazione comunale ha inteso dare il senso del rinnovamento alla toponomastica cittadina. Vescovi, vecchie glorie calcistiche, politici cittadini illustri, politici di rango nazionale ed altro affiorano sulla mappa cittadina con dichiarazioni e conferenze.
Ritengo, però, che nessun altro possa ambire alla intitolazione di una via, da molti percorsa con la morte e la sofferenza nel cuore. La via degli ultimi, dei dimenticati, dei cancellati, dei "senza volto". Di coloro il cui decesso scatena un immediato pensiero per l'uomo comune. Quell'"uno in meno" che ci rassicura. Quella via che oggi, anche nel nome, risuona "aspra e dura". La via che conduce alla casa circondariale "Panzera", a tutti nota come "il carcere di S. Pietro", oggi denominata anonimamente "Via Carcere Nuovo". Quella via che molti radicali, tra questi il grande Marco ed Enzo Tortora, hanno attraversato ed attraversano per visitare i luoghi della sofferenza ed essere speranza per chi non ne ha più. Ecco, proprio quella via meriterebbe di essere intitolata "Via Marco Pannella"!

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Sono convinto che nessun politico illustre del passato avrebbe qualcosa da ridire (se lo potesse fare). Nessun erede di Sindaco o consigliere avrebbe di che lamentarsi se quella via venisse intitolata a Marco. Nessuna Accademia di uomini nobili e giusti potrebbe accampare questa pretesa.
Marco la gradirebbe. Lui,"politico da marciapiede", l'accoglierebbe con un enorme sorriso e gioia, magari bevendo il "frutto del suo corpo" per guadagnare 12 o 24 ore di vita, non della sua, ma della nostra. Ma soprattutto lo gradirebbero i tanti che la attraversano loro malgrado.
Ecco Sindaco Falcomatà, dovresti farlo proprio tu! Tu, che poco prima di essere eletto Sindaco, hai avuto l'occasione storica di accompagnare Pannella al carcere di Arghillà, nel settembre del 2014. Perché rivolgere lo sguardo ai carcerati è un segno di grande civiltà ed umanità di cui una città che lotta per una prospettiva futura, tra alti e bassi, necessita come il pane.

Così come Enzo Tortora merita una via vicino il costruendo palazzo di Giustizia affinché quel monito "Io sono innocente, spero lo siate anche voi" lanciato dal volto pulito della Tv nazionalpopolare, diventato, suo malgrado, il simbolo di una giustizia ingiusta, verso coloro che lo dovevano giudicare diventi un monito "A futura memoria" verso tutti noi che non possiamo far finta di cavarcela facendo spallucce, bensì caricandoci sulle spalle la responsabilità di una società spesso ingiusta ed indifferente.

* avvocato, socialista e radicale