"Ecosistema": gli arrestati fanno scena muta davanti al Gip

azzarasaro500Scena muta davanti al gip reggino, Karin Catalano, per i tre arrestati nel blitz di mercoledì scorso dai Carabinieri di Reggio Calabria che hanno portato a termine l'operazione «Ecosistema». L'inchiesta, coordinata dai pm antimafia Antonio De Bernardo e Luca Miceli, ha smantellato un cartello criminale che ha visto amministratori locali "piegarsi" alle cosche per l'aggiudicazione di appalti del settore raccolta e smaltimento rifiuti. Dalla Jonica alla Tirrenica la "monnezza" doveva essere tutta loro. In tutto le persone coinvolte sono state 14 fra queste ai domiciliari sono finiti l'ex sindaco di Melito Porto Salvo, Giuseppe Iaria, gli assessori di Brancaleone, Domenico Giuseppe Marino e Alfredo Zappia, l'ex dirigente dell'ufficio tecnico di Melito Porto Salvo, Francesco Maisano e il dirigente della Provincia di Reggio Calabria, Carmelo Barbaro. I nomi però non finiscono qua. Tra gli indagati a piede libero ci sono il consigliere regionale Francesco Cannizzaro e l'ex consigliere regionale Pasquale Maria Tripodi, accusati di corruzione elettorale aggravata dall'aver agevolato la ''ndrangheta, Paolo Laganà, sindaco del Comune di Motta San Giovanni, indagato di corruzione.

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Tentata corruzione per l'attuale primo cittadino di Palizzi, Walter Arturo Scerbo.Davanti al gip Karin Catalano stamani è comparso l' imprenditore Rosario Azzarà (nella foto), accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. All'interrogatorio di garanzia Azzarà, difeso dall'avvocato Maurizio Punturieri, si è avvalso dalla facoltà di non rispondere poiché ancora non ha preso una visione degli atti in modo completa e successivamente chiederà di essere interrogato. Stessa cosa per gli altri due indagati Angelo Paviglianiti, classe 1957, e Natale Paviglianiti, classe 1970, quest'ultimo difeso dal legale Tonino Curatola. Questi ultimi due indagati, insieme al presunto boss Settimo Paviglianiti, erano già detenuti in quanto coinvolti nell'inchiesta "Ultima Spiaggia" che la settimana scorsa ha visto seppellire sotto cinque secoli di carcere la cosca Paviglianiti, egemone nei centri dell'area grecanica di San Lorenzo e Bagaladi. Per la Dda Azzarà sarebbe un imprenditore contiguo alla 'ndrina Iamonte di Melito Porto Salvo, ma non disdegnava neanche i rapporti con i Paviglianiti anche se il boss Settimo Paviglianiti non gli permetterà di candidarsi come sindaco nel comune di San Lorenzo, feudo della 'cosca. Azzarà e Ciccone poi, sono accusati di aver istigato un testimone, Saverio Giuseppe Zoccoli, finito ai domiciliari, a dichiarare il falso nell'ambito del processo "Casa nostra".Ciccone era finito davanti al Tribunale di Palmi, presieduto da Carlo Indellicati, per la tentata estorsione ai danni proprio di Zoccoli e per un episodio di turbativa d'asta. Nell'ambito dell'inchiesta "Casa nostra", condotta dal pm antimafia Luca Miceli, Ciccone, legale rappresentante della "Ra.Di srl", società che aveva partecipato in avvalimento della S.p.A. "Piana Ambiente" alla gara indetta dal comune di San Ferdinando per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, avrebbe perpetrato un'estorsione, aggravata dalle modalità mafiose, a Zoccoli, amministratore delegato della "Zetaemme", un'altra società impegnata nella gestione dei rifiuti. Per la D Azzarà e Ciccone lo avrebbero costretto a mentire. «Digli che può dormire con sette cuscini», dirà Zoccoli intercettato. Ciccone viene assolto dal reato più grave, ma la Dda ha fatto appello. Con ogni probabilità le risultanze dell'inchiesta "Ecosistema" verranno riversate nel processo di secondo grado e Ciccone, in questo caso, non dormirà sogli tranquilli.