Reggio: chiesti oltre 150 anni di carcere per la cosca Franco

Toghe500di Angela Panzera - Sono oltre centocinquanta gli anni di carcere invocati oggi, durante la propria requisitoria, dai pm reggini Annamaria Frustaci e Giovanni Gullo, al gup distrettuale di Reggio Calabria. Nessuno dei 13 imputati, tra quelli che hanno optato per il rito abbreviato, coinvolti nell'inchiesta "Antibes" esce indenne dalla scure della Dda reggina che ha richiesto tutte condanne con pene che oscillano dai 16 anni di carcere, come per Giovanni Franco, ai 3 anni e 6 mesi per Carlo Cavallaro.

Le accuse sono, a vario titolo, quelle di associazione mafiosa estorsione, tentata e consumata, ai danni di un ristoratore reggino, il tutto aggravato dall'aver agevolato la cosca Franco attiva a Pellaro, periferia Sud della città. Le indagini, avviate nel 2012, con l'ausilio di numerose intercettazioni telefoniche, ambientali e videoriprese, accompagnate da numerosi servizi di pedinamento ed osservazione, hanno consentito di catturare ad Antibes, in Francia, nel luglio 2013, e di estradare successivamente in Italia, il latitante Giovanni Franco, presunto esponente di vertice della locale di 'ndrangheta, condannato a 11 anni e 4 mesi di reclusione, per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

L'operazione "Antibes", condotta dalla Squadra mobile della Questura reggina, sotto le direttive dei pm Frustaci, Gullo e Rosario Ferracane ( oggi in servizio presso la Procura di Monza ndr) ha compito frontalmente la vecchia e la nuova generazione della locale di Pellaro. Vecchi e giovani 'ndranghetisti, secondo l'accusa, siedono allo stesso tavolo per affiliare nuove leve, proposte dal figlio del latitante in nome del padre, con la sua "benedizione", e non mancano di lamentare, a margine del summit, la carenza di picciotti da mettere per strada. Ma non solo. «Di straordinaria valenza probatoria- scrivono i pm- è poi la conversazione tra presenti registrata il 24 marzo del 2013; in particolare, Paolo Franco, Vincenzo Cicciù, Alfredo Dattola, "compare Totò" e "compare Filippo" risalgono sul mezzo alle ore 19 e 26 circa, riprendendo a dialogare mentre il medesimo veicolo è nuovamente in movimento». In questa intercettazione sarebbe narrata la cronostoria delle doti di ''ndrangheta della cosca Franco. Totò: «Ehm...crescono. Mi sto facendo vecchio». Totò: «Io sono più grande di tuo padre, Paolo». Paolo: «E si, si...l'altra volta me». Totò:« Il più grande nella nostra società sono io, escludendo a Nato Pavone». Filippo: «È più grande di te?» Totò: «Lui si». Paolo: «Nato è più grande? » Totò: Nato è un anno più grande di me. Gli altri sono tutti più piccoli, Natale, Peppe». Filippo: «Ciccio pure? ». Totò: «Ciccio...Ciccio è assai più piccolo...Ciccio forse è più piccolo di Peppe». Filippo: No, è più grande». Sul punto la Dda scrive che «"compare Totò", per sua stessa ammissione, fa parte – unitamente, tra gli altri, al padre di Paolo Franco, a "Nato del '41", a "Peppe del '49", a "Ciccio" (soggetto più anziano del "Peppe"), a "Natale del '45" – di una "società" di 'ndrangheta (Totò:« Il più grande nella nostra società sono io, escludendo a Nato Pavone»), non può peraltro sottacersi che, fermi restando gli ulteriori elementi acquisiti, l'uso del termine "nostra società" include logicamente anche i diretti interlocutori del "Totò", ovvero i sodali Alfredo Dattola, Vincenzo Ciccù, Paolo Franco e "compare Filippo"». Non sempre però tutto fila liscio, anche nella 'ndrangheta. Stando alle carte dell'inchiesta "Antibes" non tutti i presunti affiliati erano d'accordo sui tempi e suoi modi per aumentare le fila della 'ndrina. «Il Paolo Franco e Vincenzo Cicciù – è scritto nel fermo- nello stigmatizzare nuovamente il "Ciccio" quanto alla scelta di non voler dare preventivamente "parola" ai "giovanotti" da affiliare – ricordano insieme ad Alfredo Dattola i tempi passati in cui le affiliazioni erano numerose e frequenti (Vincenzo: «Puttana, allora quanti ne hanno fatti uno dietro l'altro, ti ricordi Alfredo?» Vicenzo: «A me, a Nino, a quell'altro. Ma che cazzo dice cinque, quattro e tre. Ma che cazzo aveva in testa questo, ma che cazzo sa... Qua a me, allora, mi ha portato avanti Alfredo è passato un anno, ti pare che così?...qua che te lo dica lui. Da quando ho finito il militare all'altro anno...da...»), nonché soprattutto come, prima del loro "battesimo", fossero stati ampiamente indottrinati dai rispettivi "nonni" (Paolo: «Poi lui che diceva che non dovevano sapere niente. Ma che discorsi...non è vero questo discorso, Cecio». Paolo: «Lui diceva no, non devono sapere niente, quali ringraziamenti e ringraziamenti. Che cazzo dice. Te lo ricordi tu questo fatto? Gli ho detto: "guardate a me non mi risulta". A me, gli ho detto, l'ha imparato mio nonno.......il giorno prima». Vincenzo: «Puttana. Il buonanima di mio nonno me lo ha fatto ripetere sotto l'annone qualche dieci volte». Paolo: «E lui diceva che non è vero, che non devono sapere». Vincenzo: «Altro che cazzi». Adesso la parola passerà ai difensori per le loro arringhe.

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Qui di seguito le richieste di condanne invocate dai pm Frustaci e Gullo

Giovanni Franco 16 anni di reclusione

Paolo Franco 14 anni di reclusione

Antonio Giuseppe Franco 14 anni di reclusione

Natale Cozzupoli 14 anni e 6 mesi

Francesco Cozzucoli 14 anni

Alfredo Dattola 14 anni di carcere

Filippo Oliva 9 anni di carcere

Giuseppe Oliva 14 anni di reclusione

Vincenzo Cicciù 9 anni di reclusione

Cosmo Montalto 9 anni di reclusione

Nicola Domenico Dascola 9 anni di reclusione

Alessandro Pavone 9 anni di reclusione

Carlo Cavallaro 3 anni e 6 mesi di carcere