Reggio, il "Caffè Equs" dell'uomo degli Alampi: condannati Siclari e Sapone

sequestrocaffeequs 500Accogliendo l'impianto accusatorio portato avanti dal pubblico ministero di Reggio Calabria, Francesco Ponzetta, il Tribunale di Reggio Calabria ha condannato Matteo Siclari e Antonella Sapone, rispettivamente a 4 anni di reclusione e a un anno e 6 mesi. La vicenda è quella del "Caffè Equs" di Reggio Calabria, ubicato nei pressi della stazione centrale nell'immobile che ha ospitato per anni il noto bar "Peccati di gola" di Luciano Lo Giudice, ritenuto l'anima imprenditoriale dell'omonimo clan di 'ndrangheta. A metà novembre del 2015, i Carabinieri hanno dato esecuzione a un'Ordinanza di applicazione di misura cautelare personale e contestuale decreto di sequestro preventivo", emesso dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di due soggetti reggini: Matteo Siclari, di 50 anni, e Antonella Sapone, di 25 anni, rispettivamente zio e nipote.

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Per l'uomo sono scattati gli arresti domiciliari, mentre la giovane donna è stata sottoposta alla duplice misura dell'obbligo di dimora nel Comune di Roma, ove la stessa attualmente abita, e dell'obbligo di presentazione alla P.G. una volta a settimana.

I due sono imputati del reato di trasferimento fraudolento di valori in concorso poiché, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale, Siclari attribuiva fittiziamente alla nipote la formale titolarità del "Caffè Equs", sito nelle vicinanze della Stazione ferroviaria Centrale di Reggio Calabria.

L'indagine, svolta dai Carabinieri dell'Aliquota Operativa della Compagnia di Reggio Calabria, ha permesso di accertare con meticolosa precisione la totale gestione – in una prima fase quale co-titolare di fatto con il cognato e successivamente quale titolare in via esclusiva - dell'esercizio commerciale da parte di Siclari, soggetto condannato per associazione a delinquere di tipo mafioso, in quanto ritenuto affiliato alla cosca Alampi, attiva sul territorio reggino nella zona di Trunca e Rosario Valanidi.

Questi, avvalendosi della copertura formale fornitagli dalla nipote, Antonella Sapone, alla quale il bar risulta intestato, dall'aprile 2013 ad oggi ha svolto il ruolo di dominus sostanziale dell'impresa, incamerando gli utili proventi dall'attività economica svolta e dall'incremento di valore dell'azienda gestita.

Tra i beni oggetto del sequestro preventivo figurano complessivamente: l'esercizio commerciale oggetto di indagine, le quote di minoranza di un famoso ristorante del centro reggino, nonché diversi conti correnti e titoli di credito di proprietà degli indagati, per un valore complessivo stimato superiore ai 400 mila euro.

Un'indagine che si fonderà anche sulle dichiarazioni dell'ormai celeberrimo collaboratore Enrico De Rosa, ex immobiliarista del boss Nino Caridi e in contatto strettissimo con gli ambienti delle cosche Zindato e De Stefano. De Rosa viene sentito dal pm Ferracane e a lui racconta di aver conosciuto Siclari. Pm: "Quindi vi siete incontrati al bar...ma lo conosceva già?", De Rosa: "ci siamo dati entrambi la sensazione di avere un viso conosciuto. Ci siamo messi a parlare e ne è venuto fuori...". Pm: "si ricorda quando lo incontrò?"., De Rosa: "2014. Era uscito da poco dal carcere lui. Quando l'ho conosciuto era più magro", Pm:" ha detto che vi eravate conosciuti perché vi eravate conosciuti in quale altra circostanza?, De Rosa:" no, no, abbiamo avuto la sensazione che ci conoscessimo, abbiamo incominciato a parlare...", Pm:" ed effettivamente vi conoscevate?", De Rosa: "no. Effettivamente no. Mi dava questa sensazione", Pm:" quindi vi siete messi a parlare e le disse...", De Rosa: "che era uno dei proprietari", Pm:"com'è che subito le diede questa confidenza?", De Rosa: " perché, comunque sia, lui...io gli ho parlato di Checco Zindato", Pm: " e lei perché subito gli parlò di Checco Zindato?", De Rosa: " ve lo dico subito Dottore (..)perché essendo che lui mi ha detto che era parente di Sapone, che era originario di Trunca, Checco a Trunca, con Totò Sapone e con gli altri, era molto amico(...) E, comunque sia, Checco gode di una stima criminale, negli ambienti criminali non indifferente(...)a quel punto lui si è aperto, di qualsiasi cosa hai bisogno, gli ho detto io, guarda a dire la verità siccome io ho comprato una licenza di edicola e tabacchi in Via Pio XI, vorrei mettere delle macchinette, e lui mi ha detto, non ti preoccupare che ti faccio parlare io. E mi creò, addirittura, un incontro proprio".

Il collaboratore riconoscerà la foto dello stesso Siclari, condannato in via definitiva nell'ambito del processo "Rifiuti", celebrato proprio contro la cosca Alampi. De Rosa: "Sì, lo conosco, che io sappia è cugino di Alampi, di Matteo Alampi, parente di Sapone. Il nome non me lo ricordo. L'ho conosciuto al bar...di fronte alla stazione, dove c'era la Cornetteria di Luciano Lo Giudice. In Via Missori". Pm: " Equs bar?", De Rosa: "Equs bar, lui era alla cassa dell'Equs bar. So che è uscito da poco dal carcere, da circa un annetto e mezzo - due anni. So che è parente di Sapone quello del "U Pilu N'ta L'ovu" a Piazza Carmine. So che è originario di Trunca e so che è parente di Matteo Alampi anche lui". Pm: "questo lo sa perché?", De Rosa: " perché me lo ha detto lui. Sono tutte cose che mi ha detto lui"(...). Pm: "Quindi lei lo incontrò soltanto in quell'occasione?", De Rosa: " sì, solo in quell'occasione. Perché lui durante il mio exploit era arrestato, ora è un po' più dimagrito rispetto a questa fotografia", Pm: "lui stava alla cassa?", De Rosa: " sì alla cassa. Non lo so, forse danno dei bonus quando si esce dal carcere, perché lui ha aiutato il cognato e si sono aperti il bar, l'Equs". Pm: " lei su questo bar non sa nulla? Di chi sia?", De Rosa: "lui mi ha detto, Matteo mi ha detto che è suo, se non sbaglio si chiama Matteo 'sto ragazzo, ora mi è venuto in mente. La foto numero 10, il cognato di Sapone(...) Mi ha detto che lui è uno dei proprietari. Noi siamo entrati in confidenza perché parlando...abbiamo parlato del mio rapporto particolare e privilegiato con Checco Zindato...".

Dopo aver ascoltato la requisitoria del pm Ponzetta e le arringhe degli avvocati difensori, il Tribunale ha emesso la sentenza di condanna per entrambi.