La semplicità di “Ricordi, nostalgia ed emozioni della mia infanzia” di Enzo Cuzzola

libroenzocuzzoladi Lavinia Romeo - Leggendo i racconti di Vincenzo Cuzzola, ciò che rimane indelebilmente impresso nella memoria è l'assoluta semplicità e la verità con cui vengono descritti gli avvenimenti, i luoghi e gli uomini che in essi si muovono, un mondo che l'autore riporta esattamente com'era, con la quotidianità delle persone semplici, portatrici di un modello autentico di valori atavici.

Il libro"Ricordi, nostalgia ed emozioni della mia infanzia", pubblicato dalla Casa Editrice Kaleidon, raccoglie centotredici racconti brevi dove si ricorda, con nostalgia e affetto, l'infanzia dell'autore vissuta in un piccolo paese nella collina reggina, Riparo di Cannavò, a cavallo tra gli anni '50 e '60, un periodo storico che segna, in Italia, grandi trasformazioni economiche e culturali.

Con gli occhi del bambino d'allora, Cuzzola narra una serie di aneddoti brevi, storie di vita e di sentimenti sempre accompagnati da una forte vocazione popolare, con sullo sfondo dei molti racconti, la moto "Ceccato 98" del padre, la coltivazione del bergamotto e lo scorrere dell'acqua nei torrenti e nel Canalone irriguo del Calopinace, che, come scrive l'autore "scandiva il tempo del paese", un tempo dilatato, tipico del mondo rurale.

Lo scrittore non si sofferma sull'osservazione psicologica dei personaggi, ma i protagonisti dei suoi racconti sembrano ugualmente rievocare i caratteri del realismo letterario, lo zio prete depositario di cultura e di valori, la saggezza popolare e l'umanità del padre, verso cui il giovane Cuzzola ha rispetto ed ammirazione, ed ancora la nonna materna depositaria di proverbi e vecchi detti che condensano saperi antichi.

In ciascun episodio, anche nei momenti di dolore, non traspare alcuna rabbia, anche nelle privazioni, permane una visione ottimista della vita, lineare nelle esigenze, nessuna rassegnazione, ma bensì un equilibrio virtuoso tra le reali esigenze (i beni primari) e ciò che invece è superfluo.

Di fronte alle sofferenze, gli uomini del piccolo mondo di Riparo di Cannavò, si affidano alla provvidenza divina, per cui anche le ingiustizie, le prove della vita, non sono mai avvenimenti tragici, poiché tutto segue un disegno e una volontà superiori.

Le domeniche mattina dal barbiere, i ricchi pranzi durante le festività, le corse in motocicletta col padre per portare le bombole del gas, le scarpe consunte e le lunghe chiacchierate con lo zio davanti al braciere, tutti ricordi nitidi, che segnano un percorso nella vita dell'autore. Il tempo scorre e la mitica moto viene sostituita da un Ape Piaggio, quasi a simboleggiare i trascorrere della vita e il suo divenire incessante. La cifra stilistica dell'autore non cambia nel descrivere la campagna ricca di alberi di bergamotto come la trafficata città che, sorprende il giovane Cuzzola con la sua modernità.

Le storie narrate dall'autore sono le storie di tutti coloro che hanno vissuto un'infanzia dai rituali antichi, prima della massificazione, quando la lontananza fisica dei luoghi segnava anche un isolamento e una conservazione delle tradizioni culturali. Quel muretto da cui l'autore guada passare gli abitanti del paese, simboleggia il punto di vista privilegiato da cui egli osserva i propri ricordi e, nel farli rivivere, mantiene vivo il forte attaccamento alle proprie radici.

Un passo del libro ricorda che "farsi i fatti degli altri" a volte significa anche osservare se stessi, ed anche la notte, che potrebbe sembrare uguale in qualsiasi angolo del pianeta, a queste latitudini assume un carattere unico, un silenzio familiare "quel silenzio - scrive Cuzzola - mi piaceva e mi riempiva il cuore. Mi piaceva ascoltarlo le notti in cui potevo. Chissà se avrei potuto goderne ancora...".