Avvocatando...

toghe 500altradi Renato Russo* - Egregio Direttore,

La Sua costante attenzione per il mondo giudiziario Le consente un osservatorio privilegiato di quella varia umanità che nelle aule di giustizia si ammanta del titolo di avvocato; mi permetterà pertanto di scambiare qualche idea con Lei su questa nobile professione.

Nobile è un antico aggettivo, venuto chissà da dove, che la qualificava. Geniale. Non l'aggettivazione, ma colui che la forgiò: uno storytelling che dura ormai da qualche millennio. Eppure, nonostante questa aggettivazione di sangue blu, non comprendo, Illustrissimo Direttore, questa aura di pervicace critica a questo mondo che è pur sempre in continua gravitazione, in continuo moto. E ogni moto è progresso.

Caro Direttore, ebbene sì, io contesto fermamente quel limbo caricaturale del luogo comune che sfocia nella poco fertile formula (scelgo la più ricorrente tra le tante) per cui gli avvocati non sono più quelli di una volta. Non lo contesto, Direttore, per far mostra di un'autonomia di pensiero oppositivo. La mia è una considerazione concludente frutto di argomentazioni ineccepibili che, spero, convincano i più alla recisione di questa ormai purtroppo comune opinione.

--banner--

In primo luogo: se gli avvocati non sono più quelli di una volta, occorre che si dimostri da quale volta occorre muovere il giudizio; altrimenti, operando uno sforzo di astrazione storica e guardando tutto l'insieme, ogni epoca troverà in quella che la precede una migliore; ma così, a conti fatti, tutte le epoche sono in realtà epoche auree rispetto a quelle che precedono, fino all'infinito. Quindi, onde non cadere in un vizio logico, limitiamo la storia ad una convenzionale contemporaneità. Soffermiamoci dunque al presente e confrontiamoci con il recente passato, diciamo 30 anni: l'unico periodo in grado di essere paragonato con fondata ragione, perché oggetto di conoscenza effettiva, comunque controllabile. Ed è proprio qui, Illustre Direttore, che (hic Rhodus, hic salta) da questa Rodi del non troppo recente passato si può rovesciare ogni giudizio negativo nei confronti dell'avvocatura odierna.

Un primo fulminante esempio, che non lascia scampo alle obiezioni, neppure alle Sue – non sempre condivisibili ma mai banali -, è di carattere politico. Ebbene sì, occorre urlare che la categoria è diventata un immenso e attraente alveo che accoglie democraticamente tutti (i più malevoli direbbero voragine, ma occorre rintuzzare questi malpensanti: anzi ghettizziamoli subito con un termine che mette da parte ogni discussione: nostalgici). Pensi Direttore, così procedendo le cose, ogni famiglia avrà il suo avvocato. Altro che raffinate teorie di autosufficienze marxiane o israelitiche! Il nucleo familiare sarà consustanziale alla presenza di un avvocato: anzi meglio, si cambierà la Costituzione (ormai lo fanno tutti) e si stabilirà che la famiglia è una società legale fondata sulla presenza naturale di un avvocato. Non sarà più necessario pretendere un minimo di faticose costruzioni culturali per creare l'eccellenza professionale e dunque un target di affidabilità e di credibilità anche verso gli interlocutori istituzionali (i magistrati – anche se taluni di costoro, nonostante le dichiarazioni di principio, non disdegnano la rivoluzione in atto): la totalità è già una garanzia per se stessa (direbbe un autocrate del secolo scorso).

Ma non finiscono qui le differenze con il passato, Direttore mio! Pensi a quanto sudore non verrà versato per quelli che sono ormai vani tentativi di abbozzare una qualche decente frase in corretto italiano. Che perdita di tempo e che complicazione inutile parlare, leggere, scrivere e ascoltare quella lingua che nelle aule giudiziarie toccava apici di potenza eschilea nel penale, e virtuosismi scientifici nel civile. Ma tutto questo non è che una irrimediabile e volgare nostalgia! Ci vuol poco a capire che ognuno, oggi, ha finalmente la libertà di esprimersi come meglio crede! sono gli altri che devono capire! come si può non notare la rivoluzione in atto! Che ha colto nella sua inarrestabile avanzata anche me.

Un giorno ero in udienza. Non rammento la città. Una collega di cui non ricordo nulla e neppure le sue sembianze (la moltitudine gioca questi brutti scherzi) dopo un comunistico "tu" (Togliatti durante un congresso, alla presuntuosa confidenza che un aderente del partito riteneva gli fosse dovuta dal leader in ragione della comune militanza, rispose: <<mi dia pure del lei compagno!>>) e dopo qualche schermaglia dialettica, ha pensato bene di rispondermi che non faceva altro che svolgere la propria "attività lavorativa". Che illuminazione Direttore! Il termine "professione" è stato di fatto abrogato! Il reale costruito involontariamente (ça va sans dire) da una risposta il cui significato profondo è peraltro lontano anni luce dalle intenzioni di chi l'ha gracidata: l'essere che si disvela da sé. E difatti oggi non necessita di profondi studi.

Avverto Direttore che Lei non condivide queste mie argomentazioni, ma debbo ancor più decisamente contestare l'ormai vetusto concetto di professionalità! Del resto, lo avevano preannunciato con insospettato anticipo fior di pensatori: il dominio della tecnica, rivista per orecchiati intendimenti nel senso di gesto ripetuto e anonimo, che contribuisce a privare il professionista (ops: scusi, "l'attivista"), nella fattispecie l'avvocato, del pregiudizio della propria umanità morale: sì, perdiana, quella cosa che un filosofo tedesco riteneva fosse l'unica che indiziava l'infinitezza e che venne scritta come epitaffio sulla sua tomba " il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro me" .

Il cambiamento è ormai inarrestabile. Il vento tipico delle masse univoche porterà ad un accesso libero all'attività di avvocato. Si riformerà la natura del termine "avvocato". Da sostantivo verrà trasformato per legge votata a maggioranza dei presenti in verbo (e quindi prima persona singolare dell'intuibile infinito), proprio perché sarà un'azione poco complessa che chiunque potrà svolgere, come accade, ad esempio, per i verbi camminare, parlare male dei colleghi, identificarsi con l'assistito, mangiare pesce stocco, fare coccodè o ragliare da una cattedrina di diritto mandato male a memoria (con gli studenti che si danno di gomito), e tante altre azioni quotidiane. L'intenzione è quella di concedere l'accesso all'attività di avvocato fin dalla nascita; ma questa facoltà non potrà entrare subito in vigore, perché non si può interrompere così traumaticamente con il passato. Occorre quindi un quinquennio sperimentale nel quale purtroppo è necessario mantenere la difficoltà odierna d'accesso: quindi per le donne sarà previsto un esame nel quale dovrà essere ripetuta a memoria almeno una battuta della serie Beautiful; mentre per gli uomini sarà un poco più dura (occorre mantenere le quote rosa) e quindi saranno scelti soltanto coloro che indovineranno una capitale di un Paese europeo che sceglieranno a piacere, ma a condizione che si affacci sul Mediterraneo.

Quindi un giro di vite.

Suo assiduo lettore

*Avvocato