La tesina del ministro Alfano sul contrasto alla ‘ndrangheta

alfanoangelino11febbisdi Claudio Cordova - Tema: c'è una regione che è considerata un territorio a perdere, in cui criminalità e Stato possono spesso mischiarsi per compiere i più gravi intrallazzi. Individuare cause e soluzioni. Svolgimento: "Lo Stato c'è ed è più forte di chi lo vuole combattere. Noi siamo pronti ad agire contro la 'ndrangheta". Seguono numeri esaltanti del lavoro fin qui svolto. Firmato: Angelino Alfano.

Questa la sintesi del resoconto che il ministro dell'Interno ha dato, all'interno della Prefettura di Reggio Calabria, al termine della Conferenza regionale di pubblica sicurezza, chiamata ad affrontare le tante emergenze criminali che investono (e condizionano continuamente) il territorio. Cosche di 'ndrangheta che, secondo le proprie aree d'appartenenza, controllano ogni cosa e distruggono – manu militari o con forme assai più sottili e subdole – chiunque non si allinei al sistema criminale.

Il fenomeno mafioso calabrese è potente, pericoloso e pervasivo. E, ancora, è diverso da provincia a provincia: le cosche del Reggino possono avere molte affinità con i Mancuso di Limbadi, per esempio, ma sono a loro volta assai diverse rispetto agli "Zingari" del Cosentino o alla 'ndrangheta di Cutro e dintorni. Per questo i termini generici, quasi scolastici, utilizzati da Alfano sono francamente inadeguati e inaccettabili per poter essere credibili.

E, infatti, alla pubblicazione delle dichiarazioni del ministro, moltissimi lettori hanno accolto con ilarità annunci e proclami del ministro.

Alfano è sceso in Calabria per poche ore, barricandosi in Prefettura, e ha snocciolato dati e numeri (su cui, pur volendolo fare, sarebbe stato oggettivamente impossibile interloquire con un contraddittorio) e utilizzando toni quasi da campagna elettorale.

Eppure la situazione è assai più grave.

Se proprio ci si vuole sforzare a trovare un tema condivisibile tra quelli sviscerati nei pochi minuti di conferenza stampa, questo è sicuramente quello riguardante la necessità, da parte della società, di ribellarsi allo strapotere mafioso, con la denuncia e con una riaffermazione di dignità. Ma anche quando, su diretta domanda, il ministro viene compulsato su cosa può offrire lo Stato ai cittadini che – rischiando soldi e, in molti casi, la vita – decidono di sconfiggere la paura e di denunciare, la risposta è vaga, trionfalistica e priva dei dati concreti (sotto il profilo economico e della sicurezza) che invece sarebbero serviti per dare spessore alla comunicazione istituzionale. Di risposte, precise e certe, a chi ha già deciso di ribellarsi alla 'ndrangheta o a chi vorrebbe farlo, ma ha paura di perdere tutto, nessuna.

Alfano ha snocciolato il solito rosario di luoghi comuni, puntando, ancora una volta, su linee necessarie per la lotta alla 'ndrangheta, ma che hanno fin qui dimostrato di non essere sufficienti: la cattura dei latitanti, il carcere duro e l'aggressione ai patrimoni. Ma la 'ndrangheta – soprattutto quella di maggiore rango, in contatto con pezzi istituzionali – è già riuscita, per anni, sopravvivere (e, anzi, a rafforzarsi) nonostante la cattura dei boss più importanti (poi spediti in 41bis) e nonostante sequestri di beni per miliardi di euro. Ed è francamente frustrante che dal responsabile della sicurezza nazionale non riesca ad arrivare niente di nuovo sul fronte della strategia di contrasto alle mafie.

Come se nel 2016 l'allenatore di una squadra di calcio proponesse un modulo in voga negli anni '70-'80.

Serve un contrasto che – soprattutto per quanto concerne la 'ndrangheta – non può essere solo e soltanto di tipo "muscolare", con arresti, perquisizioni e pugno di ferro. Deve essere, invece, strategico, per poter spezzare quei rapporti con mondi istituzionali (e paraistituzionali) che la 'ndrangheta ha stretto a partire dagli anni '70 e che si porta dietro ancora oggi.

Servirebbero analisi molto più profonde e sottili, magari esposte in estrema sintesi, visti i tempi, ma comunque messaggi chiari per dimostrare di aver compreso la complessità del "sistema 'ndrangheta". E invece non si va oltre un temino da Liceo Ginnasio o poco più.

E l'insufficienza è piena e meritata.