L’intervento. La doppia preferenza è necessaria, le prossime volte saremo meno impreparati

cirellalaurail20ottdi Laura Cirella - Come se tutto possa cambiare così, in una tornata elettorale. Qualcuno davvero si aspettava che le cose si ribaltassero dall'oggi al domani, solo in virtù della doppia preferenza, ci saremo ritrovati un consiglio comunale necessariamente con più donne, tante donne, più donne che uomini. Chi pensa questo o è in malafede o forse ignora che il gap di genere uomo-donna ha radici culturali millenarie. In queste ore si moltiplicano le opinioni contro la doppia preferenza, un'opzione (mica un obbligo) che semplicemente risponde ai dettami della nostra Costituzione. A meno che, anche qui, qualcuno non sia concorde con il principio che una società migliore e più giusta è quella governata e influenzata paritariamente da uomini e donne. Potrebbe esserci, e nascondersi tra tanti di questi recenti opinionisti in merito, chi in fondo continua a pensare che le donne fanno bene le cose di casa, gli uomini la cosa pubblica.

Nessuno ha il coraggio di dire che se non ci fosse stata la doppia preferenza, forse, non avremmo avuto nemmeno le due elette (a cui va il mio grande in bocca al lupo).

La doppia preferenza è una facoltà che abbiamo che garantisce che, in seno ad un lista, vi sia sì competizione politica ed elettorale e NON una competizione tra i generi. Uomo e donna non saranno mai competitor ad excludendum in base al loro genere, ma resteranno comunque competitor elettorali, perché alla fine, democrazia vuole, vince chi ha più voti. Né la doppia preferenza è un triste escamotage per "accoppiarsi", come qualcuno avrà anche pensato, magari nel tentativo e nella speranza che un uomo possa "trainare" una donna. Perché non vi sarà mai sufficiente interesse da parte di un potenziale consigliere (o una potenziale consigliera) a vincolarsi a un partner, sapendo di stargli/starle dando, comunque, un vantaggio numerico in seno alla lista. E, ripeto, in democrazia vince, appunto, chi ha più voti. La doppia preferenza non è una quota, rosa o blu che sia, non è una riserva, non è una corsia preferenziale: è una opzione, una possibilità di scelta, riservata all'elettore, NON alla candidata o al candidato. Perché, eh si, sono ripetitiva, continua a vincere chi prende più voti.

E veniamo al punto. Chi prende più voti? Ah! Bella domanda. A Reggio Calabria hanno preso più voti gli uomini. Sai che novità. Ma come mai? Forse il piglio mascolino, un'oratoria più virile, il dopobarba al mentolo? Colpa degli uomini, delle donne, delle donne che non votano le donne? (Quest'ultima la trovo poi così banale). Le responsabilità sono varie: 1. viviamo in una società tradizionalmente impostata al maschile, per non dire beceramente maschilista; 2. la politica è molto spesso, per non dire la maggior parte delle volte, beceramente maschilista (lo è il suo linguaggio, lo sono le sue pratiche); 3. per le donne, fare politica è tre, quattro, dieci...mila volte più difficoltoso, per una questione di conciliazione di tempi e orari e per la repellenza che alcuni luoghi tipici della politica (tipo i partiti ma non solo) hanno (vedi i motivi punto 2 ).

Come se ne esce? Il processo è lungo, lunghissimo. Serve un lavoro culturale ma serve anche un lavoro di empowerment delle donne. In testa ho sempre nutrito un piccolo sogno, quello di una "scuola politica per le donne", per questa città e per la Calabria. Non tutto si può imparare a "scuola", è chiaro, ma un luogo del genere potrebbe servire da laboratorio di incoraggiamento, anche per superare alcune timidezze, alcuni timori, rompere alcuni pregiudizi. E servirà anche la doppia preferenza, utile e necessaria, possibilmente in tutte le competizioni elettorali, e con organismi di governo più possibile paritari. La politica fa il suo mestiere quando precorre i tempi sulle cose giuste, non quando li attende passivamente.

A Reggio la prima volta è andata così, ma forse la prossima volta saremo tutte e tutti meno impreparate/i.