Pensavo fosse politica, invece era una supercazzola

politicaregginasupercazzoladi Claudio Cordova - Se i candidati a sindaco di Reggio Calabria non organizzassero sempre e soltanto incontri, tavole rotonde e dibattiti su misura (un po' come gli incontri di boxe combinati) sarebbe divertente, oltre che doveroso verso la cittadinanza, dimostrarne "in diretta" l'insussistenza delle idee messe in campo e la pochezza di contenuti. Una campagna elettorale che – per banalità e modestia delle proposte – assomiglia all'elezione del rappresentante di classe di un istituto scolastico di periferia.

L'attività principale dei candidati, infatti, oltre all'insulto, è quello di comunicare, incessantemente, l'adesione di questo o quel movimento alla corsa elettorale di questo o quell'aspirante sindaco.

Tutti a voler dimostrare di avere una "potenza di fuoco" superiore all'avversario.

Un esercizio di ostentazione muscolare che è direttamente proporzionale alla debolezza delle idee messe in campo. Neanche una che fosse una. Ad esclusione di slogan più o meno efficaci, s'intende: "Ripartiamo insieme per la nostra città" (Lucio Dattola) e poi "Riportiamo la città alla normalità" (Giuseppe Falcomatà) o, ancora, "Né a destra, né a sinistra, ma con la gente" (Paolo Ferrara).

E molti altri, purtroppo.

Candidati inadeguati a offrire risposte concrete per una città che, dopo gli anni del "Modello Reggio" e dopo la spietata gestione commissariale, si trova in una delle condizioni più drammatiche della propria storia recente. Occupazione ai minimi storici, economia al collasso, tributi al massimo, servizi pari allo zero e una pressione criminale da parte della 'ndrangheta ormai infiltrata in ogni anfratto vitale. Senza contare una disgregazione sociale che rappresenta il contorno (si fa per dire) a una situazione generale a dir poco deprimente.

L'emblema è quanto avvenuto nell'ultima settimana. Esattamente lunedì scorso, infatti, l'amministratore unico di Atam, il professor Antonino Gatto, chiedeva, a mezzo stampa, cosa intendessero fare concretamente i singoli candidati a sindaco per l'azienda del Comune che si occupa del trasporto pubblico. Azioni concrete, chiedeva Gatto. Gli slogan, lasciateli a casa.

Ma i candidati reggini, oltre alla "supercazzola" tanto cara al conte Mascetti di "Amici Miei" hanno ben poco da offrire. Se poi aggiungiamo che qualcuno crede pure alle "supercazzole" (e per questo li voterà) allora capiamo che non ha veramente senso (dal loro punto di vista, s'intende) impegnarsi per formulare qualche proposta concreta alla città.,

E allora l'esortazione del professor Gatto non poteva che far esplodere il nulla cosmico, o quasi.

L'unico a rispondere alle richieste dell'amministratore di Atam è stato il candidato della Coalizione Reggina, Giuseppe Musarella. Buone idee? Scempiaggini? Chissà, per adesso registriamo il segnale di vita.

E gli altri? Cosa hanno fatto i vari Lucio Dattola, Giuseppe Falcomatà, Aurelio Chizzoniti, Paolo Ferrara e tutti gli altri candidati che cercano un posto al sole in un momento di forte transizione per la città? Cosa hanno detto Nuovo Centrodestra e Partito Democratico?

I due principali partiti cittadini hanno litigato in maniera stucchevole, insultando i rispettivi candidati a sindaco e cercando di mettersi paura vicendevolmente. Ma sono rimasti nell'ambito del ridicolo, un po' come chi tenta di fare la voce grossa dopo aver aspirato dell'elio.

Dattola ha cercato (e ufficialmente c'è anche riuscito) di ricompattare il centrodestra. Ha continuato a difendere l'indifendibile, ossia il "Modello Reggio", nella speranza di poter contare sui voti di Peppe Scopelliti (anche se i ben informati dicono ben altro...). Falcomatà ha continuato nei suoi incontri buonisti, dispensando saluti e carezze neanche fosse il Papa. Chizzoniti, non avendo trovato nessuno da denunciare, ha prima guerreggiato e poi ritrovato la pace con il senatore Renato Meduri sulla querelle relativa alla poltrona di vicesindaco in caso di vittoria. Sempre tra una frase in latino e l'altra. Paolo Ferrara, lasciata per un attimo da parte la "caccia al negro" che sbarca in città e ci infetta con i suoi morbi rari, ha invece dato una ventata di freschezza alla propria coalizione imbarcandosi la Democrazia Cristiana...

Neanche i movimenti più intransigenti hanno fiatato. Dagli intellettuali rossi, passando al Movimento 5 Stelle, che poteva essere tanto per la città, ma che a Reggio probabilmente pagherà la disgregazione e l'ambizione di taluno, alla Sinistra per Reggio o i Socialisti, che appoggiano Falcomatà, ma che rimangono in un silenzio imbarazzante mentre i rumors danno il rampollo in procinto di accordarsi con l'Udc, piuttosto che con i Repubblicani, che fino a ieri difendevano personaggi come l'ex consigliere regionale Rappoccio.

Siamo anche qui nell'ambito della supercazzola.

Comunicazione di alleanze e insulti. Di programmi concreti neanche l'ombra. E la dice lunga sulla totale assenza di idee (oltre che sulla miopia politica) il fatto che nel suo primo incontro pubblico, Dattola non abbia trovato di meglio che insultare il rivale Falcomatà, sia per la giovane età, sia per le presunte e vociferate in città ingerenze familiari sulla sua candidatura.

Falcomatà andrebbe stimolato sulla totale inadeguatezza politica frutto di interessi evidentemente diversi (e legittimi!) rispetto alla Cosa Pubblica. Fino, ovviamente alla "chiamata" dall'alto per la discesa in campo. Se da un lato, infatti, si persevera nella falsa idea che essere giovani sia per ciò stesso un elemento di merito - a prescindere, appunto, dal merito - dall'altra parte si continua ad attaccare sulla base della carta d'identità.

La pochezza di cui parlavo, si vede anche da questo.

Sui temi centrali per risollevare le sorti della città, i candidati non riescono ad andare oltre la frase fatta. Sul lavoro, sulle società miste, sulla trasparenza e la legalità, sul contrasto alla 'ndrangheta, sull'ambiente, non si riesce a uscire dal grottesco.

E così Dattola vorrebbe far ripartire la città, senza però rinnegare il "Modello" che ne ha decretato la caduta nel baratro. Dimentica, però, di aver occupato l'importante ruolo di vertice alla Camera di Commercio proprio mentre la città sprofondava dal punto di vista economico e le aziende abbassavano le saracinesche. Non si è sottoposto a confronto "reale", quindi, al momento non è stato sbugiardato.

Falcomatà insiste sull'ipocrisia del "salvaguardare i livelli occupazionali" delle società miste infiltrate dalla 'ndrangheta, quando invece la vera discontinuità che tanto predica sarebbe quella di fare tabula rasa e fornire ora la possibilità a tot famiglie che, dieci anni fa, non avevano compari nel Palazzo e quindi sono rimaste a spasso. Non si è sottoposto a un confronto "reale", quindi nessuno gli ha fatto notare che quei dirigenti comunali da cui vorrebbe prendere le distanze (e se facesse i nomi sarebbe anche più serio) perché complici del "Modello Reggio" sono stati quasi tutti assunti dal concorso bandito dal centrosinistra e da suo cognato Demetrio Naccari.

Chizzoniti, che tutto può dirsi tranne homo novus (perdoni il latinismo...) dovrebbe per un attimo abbandonare l'idea di censore che si è cucito addosso e dirci a cosa pensava mentre era esponente di spicco della maggioranza scopellitiana, tanto da diventarne presidente del Consiglio Comunale. Non si è sottoposto a un confronto "reale", peccato per uno spirito così pugnace.

Ferrara, anch'egli nuovo Masaniello dopo aver ricoperto il ruolo di consigliere comunale di maggioranza, dovrebbe essere incalzato sulla campagna allarmista svolta, nelle scorse settimane, sull'arrivo di migliaia di persone disperate e che fuggono da luoghi di guerra. Dovrebbe spiegare perché e in che modo tale intransigenza possa essere un motivo di risalita per la città. Prima, però, ci dica cosa pensa del "Modello Reggio", dato che oggi è così attento al degrado, mentre fino a ieri appoggiava gli Scopelliti boys.

Proprio nel momento in cui la città avrebbe avuto bisogno delle proprie forze migliori, scendono in campo improvvisati e riciclati. E con essi, nelle liste, mezza città, tra incompetenti, trasformisti e arrampicatori (e arrampicatrici) alla ricerca di un posto al sole. Per questo non è possibile avere idee concrete. Non è possibile sapere cosa si farà per creare posti di lavoro (possibilmente evitando i metodi clientelari); non è possibile sapere se e come attuare un dignitoso sistema di raccolta differenziata dei rifiuti; non è possibile sapere se esistano soluzioni per cancellare l'emergenza idrica che in periferia, come al centro storico, in estate, come in inverno, ciclicamente proietta Reggio Calabria in condizioni da terzo mondo; non è possibile sapere se si intenda investire sull'associazionismo e sul sociale, che deve rappresentare il cuore pulsante di una città e non un coacervo di realtà che nascono solo per spillare soldi pubblici, magari in cambio di sostegno elettorale e politico; non è possibile sapere se, finalmente, le attività di Palazzo San Giorgio (a cominciare dai Consigli Comunali) possano avvenire sotto l'occhio attento della cittadinanza, in regime di piena trasparenza; non è possibile sapere se, dopo il successo del Gay Pride, si voglia effettivamente dare uno scatto di dignità e di modernità alla città attraverso le unioni civili; non è possibile sapere se si intende adottare misure (per esempio l'esenzione dai tributi o la predisposizione di bandi appositi) per commercianti e aziende che denunciano la 'ndrangheta; non è possibile sapere se si intende adottare qualche forma di premialità per le aziende sottratte alle cosche, favorendo, magari, la costituzione di cooperative di lavoratori.

Non è possibile sapere, concretamente, fuori dagli slogan, se si intende fare questo e molto altro. Ma, soprattutto il "come" fare tutto ciò. Benvenuti nel regno della "supercazzola".

Lo slogan è ancor più scontato di quelli usati dai candidati reggini: "Come se fosse antani".