di Nino Mallamaci* - Allo scoccare del secondo lustro degli anni settanta si pose, per me come per tutti i Motticiani della mia età, il problema dell'impatto con la città. Si dovevano iniziare a frequentare le scuole superiori: un mondo incerto, dai contorni indefiniti e pieno di incognite ci si spalancò davanti. Definirei "Paesanismo" (suffisso in ismo non casuale) il fenomeno, analogo alla xenofobia, per il quale i cittadini guardavano con sospetto, alterigia, supponenza, derisione, coloro che ogni mattina sbarcavano dai vari autobus Mannarella, Tripodi, Federico. Ancora oggi, in verità, si usa "paesano" come dispregiativo, e quando lo sento dire puntualizzo che io sono un ragazzo di paese e me ne vanto. Allora, c'erano delle mie compagne che non si avvicinavano a piazza Duomo perché punto di ritrovo dei paesani, con l'Extra bar e il bar Giovanni (bellissima la figlia del titolare) che ricevevano a frotte questi ragazzi di serie B che si ingozzavano di arancini e calzoni. Io ero magro come un grissino (ebbene sì), ma non avevo mai soldi, così attingevo dalle finanze di alcuni benefattori che foraggiavano il mio calzone, fritto ovviamente, quotidiano.
I paesani si distinguevano ictu oculi dagli altri soprattutto per l'abbigliamento. Noi Mallamaci (fratelli e cugini) cominciammo ad avviare a soluzione il problema dell'ammodernamento, dell'adeguamento ai tempi e ai luoghi, quando aprì la jeanseria Martino - succursale per ragazzi di Martino per adulti - di fronte alla Villa comunale, quindi in una zona che rientrava pienamente nella porzione di città di nostra pertinenza. I miei cugini, essendo mia zia originaria di un paese di marina, dove addirittura maschi e femmine camminavano dalla mano e si baciavano e si potevano fare fidanzati, partivano in netto vantaggio. Ogni settimana la 128 familiare di colore verde del "Signor Scagliola" – così chiamato, senza mai disgiungere il titolo dal cognome – saliva da Bocale a Motta col suo carico di biancheria e di abbigliamento al passo coi tempi, nettamente diverso rispetto a quello antico o classico (vintage, diremmo oggi) dei negozi del paese. Il signor Scagliola tirava fuori da quella 128 montagne di roba che neanche da un autoarticolato. Una tappa obbligata era appunto la casa dei miei cugini, dove mia zia, per quattro soldi, riusciva a vestire i suoi figli con pantaloni, camice, giubbotti, che suscitavano l'ammirazione mia e di mio fratello il meno piccolo (il piccolo era troppo piccolo). "Bellu stu giubbottu, Mimmu, aundi u pighiasti?". Risposta scontata: "'Ndo signor Scagghiola", accompagnata da un sorriso di compiacimento, e anche di gratitudine per sua mamma e per il signor Scagliola che traducevano in realtà un vero e proprio sogno: quello di vestire "moderno".
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Comunque, la svolta per tutti noi fu la jeanseria Martino. Il negozio era sapientemente gestito da Mimmo – oggi titolare di Camomilla – un ragazzo un po' più grande di noi al quale ci affidavamo totalmente. Il suo modo di vestire era garanzia assoluta di adeguatezza. In più, era molto informale, alla mano, simpatico, e andare a comprare da lui era un vero piacere. Scoprimmo i jeans veri – anche se presto io lo avrei tradito per i miei amati Wrangler – le camicie all'ultimo grido, i giubbottini, e tanti altri capi. Tutto così à la page che quasi quasi, messi accanto ai nostri compagni di scuola di città, nessuno avrebbe indovinato la nostra origine paesana. Niente da dire: Mimmo Martino ha fatto per l'integrazione sociale tra noi e i nostri più fortunati coetanei, nati e cresciuti nella modernità e nel progresso, più di chiunque altro, più di qualsiasi convegno o trattato sull'argomento. Certo, noi continuavamo a smontare dall'autobus di Tripodi a piazza Carmine, a mangiare calzoni all'Extra bar, a giocare alla morra o a tressette, ad andare al cinema al Dopolavoro di mattina. Ma, una volta superate le Colonne d'Ercole di piazza Camagna, eravamo, per chi non ci conosceva di persona, come tutti gli altri. Inseriti perfettamente nel tessuto sociale cittadino, nuotavamo in vasca sul Corso Garibaldi come pesci nell'acqua.
*Avvocato e scrittore