Manuel, dalla Nigeria

migrantimani600di Nino Mallamaci* - Manuel è al semaforo di via Veneto. Accosto, anche se è verde. "Ciao amico", lui. "Ciao amico", io. "Bella musica!": ho il reggae in macchina. Gli do un euro dopo averlo recuperato dal marsupio con grande pena; stanotte l'ho passata quasi in bianco perché ieri un ragazzino ha avuto la bella idea di tagliarmi la strada, in bici io e in bici lui. Risultato: io a terra, per fortuna senza grandi danni, e lui fermo lì a guardarmi senza dire una parola. Comunque, il dolore alla mano e alla spalla avanza con l'avanzar del buio. Mi tormenta tutta la notte e stamattina sono abbastanza acciaccato.

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Così è bello fare svoltare la giornata, grazie a Manuel. Mi racconta che di solito lavora, un po' dove gli capita, e quando i soldi scarseggiano arrotonda al semaforo. Da quasi due anni è qui, Viene dalla Nigeria, dove ha una sorella sposata e nessun altro. Non mi va di fargli l'elemosina. Voglio dargli dei soldi senza ferire la sua dignità. Gli propongo di venire a fare un po' di pulizia in terrazza,e lui accetta di buon grado. Passiamo dal bar, dove mangia un cornetto dopo mille insistenze. Lo lascio a casa, con lo stereo acceso e la musica giamaicana che corre nell'aria. Lui mi sorride e mi fa un gesto d'assenso col pollice in su. Ci dà dentro, Manuel, è abituato a lavorare, a guadagnarsi da vivere. Quando torno, dopo due ore, è ancora lì a strappare erbe, a potare rametti, a pulire. Lo devo fermare io, dicendogli che quello che ha fatto è più che sufficiente. Quando gli chiedo quanto pensa che gli debba dare lui sorride: "No,you are my friend, i don't know". Gli do i soldi, non badando a quanti sono. Gli spiego perché ho voluto fargli fare questo lavoretto, e lui mi dice che lo aveva capito ed è contento. Mentre lo accompagno a casa mi racconta ancora della sua vita, della fidanzata che conosceva già a Lagos ma con la quale si è messo insieme quando l'ha ritrovata qui. Ha 34 anni, ma ne dimostra sì e no 20. "Like all nigerian people" mi dice quando glielo faccio notare. Scende dalla macchina, davanti a casa, mi ringrazia, e io ringrazio lui. Ha il mio numero di telefono, gli raccomando di farsi sentire se ne ha necessità o voglia. Mentre armeggia per aprire il portone, saluta la vicina che ha assistito alla scena con un'espressione che non riesco a decifrare: "Buongiorno signora", accompagnato da un accento inconfondibile e da un sorriso aperto e sincero.

 

*Avvocato e scrittore