Vietata l'ipocrisia sul corpo di Marco Pannella

catanzaritipannelladi Gianpaolo Catanzariti* - Con Marco Pannella, lo hanno detto in tanti, scompare un grande combattente, uno degli ultimi riferimenti dell'Italia repubblicana. Un uomo che ha saputo incarnare, pur tra mille apparenti contraddizioni, una intensa passione ed un impegno civile e sociale straordinario.

Un immenso gigante che costringeva ognuno di noi, anche nella non condivisione di alcune sue posizioni, a scrutare dentro di sé, dentro la propria coscienza.

Ho avuto modo di conoscerlo da bambino, a distanza, e poi da ragazzo, grazie a mio padre, al suo essere, da uomo libero e libertario, "doppia tessera". In alcuni congressi e convegni radicali, gli anni in cui conobbi Mauro Mellini, altro riferimento storico, non solo professionale. Gli anni del caso "Tortora", del referendum per la responsabilità civile dei magistrati. La battaglia politica che ha segnato profondamente e disegnato definitivamente il mio personale impegno, politico e sociale. La lotta per le ingiustizie sociali, patrimonio ereditato dalla formazione familiare, incompleta se ad essa non si affianca la lotta per l'affermazione delle "garanzie per tutti", dello Stato di diritto, contro le ingiustizie prodotte dall'azione violenta delle istituzioni, anche di quelle che, piuttosto, dovrebbero essere deputate ad amministrare Giustizia ed alla nostra sicurezza.

Un compagno sempre presente in tutte le assemblee della dolorosissima diaspora socialista, pur avendo rifiutato di assumere l'eredità di Craxi.

Ho avuto modo di riavvicinarmi al suo mondo, oggi anche mio, nel 2013, con la campagna di raccolta firme, purtroppo insufficiente, per i referendum sulla giustizia.

Una storica occasione, l'ennesima, mancata, specie per la sinistra organizzata, PD in primis, di riconciliarsi con le sue origini.

In Calabria, grazie al sostegno e la presenza continua di Rita Bernardini, riuscimmo a raccogliere un rilevante numero di firme, nonostante gli scarsi mezzi disponibili, la poca ospitalità mediatica ed il sostegno, ma solo dichiarato, di alcuni settori della politica e dell'associazionismo calabrese.

Grazie all'impegno di pochi compagni radicali, soprattutto i socialisti, dei penalisti delle camere penali, di alcuni consiglieri comunali, provinciali, sindaci e, bisogna riconoscerlo, della parte organizzata dell'allora centro-destra calabrese. Dopo essermi recato alla storica sede romana di Torre Argentina, organizzammo un tour a tappe forzate. In pieno luglio, 48 ore di tavolini e dibattiti, Reggio Calabria, Palmi, Cosenza, Catanzaro, Catanzaro Lido, Crotone, Locri, Lamezia.

Poi ancora, dinanzi alle pressanti richieste che provenivano dalle varie carceri calabresi, ci recammo, grazie alla disponibilità di consiglieri provinciali e degli avvocati, per consentire ai detenuti la sottoscrizione, alla casa circondariale di Reggio, di Locri, di Palmi, di Vibo, di Catanzaro, di Rossano. Tutti in processione silenziosa a mettere una firma, quasi fosse quella su una sentenza irrevocabile di condanna per le condizioni in cui il diritto e la detenzione vengono trattati dallo Stato Italiano, specie dalle nostre parti.

La sera tra il 13 ed il 14 di agosto, a mezzanotte, ricevetti una telefonata. Era Rita Bernardini. <<Dormivi? Beh, sai che c'è? Marcone vuole fare un comizio e lo vuole fare a Reggio Calabria il 15 di agosto. Organizzalo>>. Cominciavo a conoscere direttamente la determinazione di Pannella. Sobbalzai dal letto e cominciai a pensare come avrei potuto fare in meno di 48 ore. Nemmeno il tempo per comunicarlo alle autorità di pubblica sicurezza. L'occasione, però, era troppo ghiotta per i reggini che avrebbero avuto l'opportunità di rivedere Marco Pannella. Ma il 15 di agosto, la città di Reggio si sarebbe svuotata, come al solito, per riempire la località montana vicina. Ed ecco che riuscimmo, in perfetta sinergia, ad organizzare, un dibattito, molto affollato a Gambarie d'Aspromonte, con annesso banchetto per le firme. Quindi, il giorno successivo, una visita alla Casa Circondariale di Reggio Calabria. Una esperienza unica per me. L'umanità di Pannella verso i carcerati, il loro desiderio di incontrarlo, di dirgli solo "grazie", di preparargli un caffè, mi ha svelato un mondo che conoscevo solo per ragioni professionali. Ricordo, in particolare, l'affettuoso abbraccio, ricco di gratitudine, di un detenuto fragile, fortemente roso dalla tragedia di cui si era reso protagonista, Giuseppe Panuccio, morto suicida in carcere dopo un paio d'anni.

Abbiamo trascorso un'intensa giornata assieme, conclusa nel pomeriggio sul lungomare reggino. Era entusiasta di aver rivisto dopo anni mio padre, quasi ringraziandolo per avere "donato" un figlio alle battaglie da lui condotte, ma in favore degli altri, di tutti, degli ultimi, degli esclusi.

Mi parlava continuamente di Platì, della sua impellente necessità di andarvi là, nel paese del "male", secondo una comoda vulgata. Voleva andarci a ringraziare quella popolazione, unica in tutta Italia, ad avergli tributato, nel febbraio precedente, un consenso stratosferico, alle politiche. Il 20%. Un consenso che, se lo avesse conseguito in tutti i comuni d'Italia, non avremmo avuto un Parlamento che, pavido della perdita del consenso, parla solo alla pancia degli italiani. Un Parlamento che, da un lato si lamenta per l'eccessiva proliferazione dei processi e della loro durata, dall'altro sforna punitive leggi-manifesto o provvedimenti che introdurrebbero il "fine-processo mai". Un Parlamento che, dinanzi al messaggio presidenziale, agli appelli del Papa per le condizioni disumane del carcere, fa spallucce dimenticando i tanti morti suicidi in carcere.

Avrebbe voluto ringraziare Platì, così come aveva ringraziato pubblicamente Piromalli, ergastolano, per essersi iscritto in passato al partito radicale. Si, ringraziare questi "brutti e cattivi" che avevano compreso, molto più dei perbenisti, l'importanza universale delle lotte e dell'esistenza radicale.

Oggi, in Italia, le lodi, si sprecano, i riconoscimenti post mortem per un protagonista della Storia Universale ci sommergono. Insomma, il vizio italico da Pannella strenuamente combattuto e denunziato in vita, l'ipocrisia, trionfa proprio nel giorno della sua morte. Una sorta di contrappasso.

Anche in Calabria, comunicati e dichiarazioni a mezzo stampa imposte dallo status.

Eppure c'è ancora una possibilità per redimersi, specie in Calabria.

Pannella ha lavorato negli ultimi tempi per nuove frontiere dei diritti. Come sempre. L'affermazione ed il riconoscimento del diritto universale alla conoscenza perché senza la codificazione del diritto alla conoscenza non è possibile la realizzazione compiuta di uno Stato di diritto. "Il diritto di conoscere in che modo e perché i governi a vari livelli prendano determinate decisioni che influiscono sui nostri diritti umani e libertà civili soprattutto per quanto riguarda questioni di sicurezza nazionale"

Una lotta fatta anche con il sostegno di tanti comuni, regioni, singole personalità per sostenere, in sede ONU, questo riconoscimento.

Proprio ieri siamo riusciti, grazie a Pierpaolo Zavettieri e Giuseppe Longo, a fare approvare la mozione voluta da Marco Pannella, all'unanimità, alla Provincia di Reggio Calabria ed al Comune di Cinquefrondi. Un bel segnale. Un sostegno, attraverso Marco Pannella, al diritto di tutti noi.

Ed ancora, altra iniziativa fortemente sostenuta dai radicali è l'istituzione del garante regionale per i diritti dei detenuti ancora oggi in Calabria inesistente.

Esiste un disegno di legge depositato esattamente un anno fa in Regione, non ancora discusso.

Ed allora, al presidente Oliverio, al presidente Irto, ai vari sindaci, consiglieri regionali, ai deputati calabresi intendo rivolgere un pressante appello.

Regalate alla Calabria un segnale di grande civiltà. Date una scossa pannelliana ai calabresi di concreta legalità: istituite presto il garante regionale dei detenuti. La lotta al crimine parte proprio dal rafforzamento dei diritti e delle garanzie, primi fra tutti quelli dei detenuti.

Proseguire nelle iniziative non violente, ma dirompenti, sono il suo lascito. Senza ipocrisie o tentennamenti. Sostenere e realizzare le sue lotte saranno il minimo riconoscimento a Marco Pannella piuttosto che una rituale dichiarazione di omaggio destinata a durare un attimo.

*Avvocato