“Prof. Bombino, ecco perché quel ‘Manifesto’ era inopportuno e a tratti grottesco”

canalemassimo22aprdi Massimo Canale* - Egregio Prof. Bombino,

il suo recente intervento sulle colonne de Il Dispaccio mi da la possibilità di intervenire sul cosiddetto "manifesto in difesa di Reggio" da lei ideato al tempo dell'indagine ministeriale sulle infiltrazioni 'ndranghetistiche al Comune di Reggio Calabria.

A quel tempo guidavo il gruppo consiliare di centrosinistra del Consiglio comunale di Reggio essendone il portavoce e ho conosciuto meglio di altri il sistema di governo negli anni in cui la Città, a partire dall'anno 2002, fu governata dal centrodestra.

In questo scambio retrospettivo di opinioni entrambi, lei e io, abbiamo il vantaggio di essere attualmente distanti dal dibattito politico cittadino e confido che questa condizione ci possa aiutare a guardare il recente passato scevri da riserve mentali e condizionamenti.

Proverò a spiegarle le ragioni per cui la sua iniziativa fu ritenuta inopportuna, - a tratti grottesca -, da molti nostri concittadini; perché, al di là delle sue buone intenzioni, (le credo sulla parola), quella che voleva essere una iniziativa civica si rivelò nei fatti una goffa operazione politica, rectius, politicizzata; perché venne da molti vista come un tentativo di distogliere l'attenzione dal vero problema che aveva condotto gli ispettori ministeriali in Città: l'infiltrazione della ndrangheta nelle maglie dell'amministrazione cittadina, facendo leva sul sentimento civico della voglia di rivalsa, serpeggiante in città fin dall'epoca della rivolta, nei confronti di uno Stato patrigno e crudele.

Già diversi anni prima dell'accesso antimafia, cominciava a disvelarsi ai nostri occhi un sistema di governo fortemente piegato agli interessi della politica. Le basti porre mente ai numerosissimi dirigenti nominati fiduciariamente dal Sindaco nei settori strategici della burocrazia comunale: urbanistica, lavori pubblici, bilancio e programmazione, servizi sociali, società partecipate, (solo per citarne alcuni), riconfermati per oltre otto anni a ogni scadenza. Mi domandavo allora, - e la domanda è sempre attuale -, quale indipendenza potesse avere un dirigente nominato dalla politica rispetto a un vincitore di concorso? Quale firma avrebbe potuto negare al Sindaco che lo aveva nominato e che avrebbe dovuto riconfermarlo?

Prese forma il "ventre molle" del Comune di Reggio: una sapiente comunicazione esterna, messa in atto attraverso organi di stampa compiacenti e a volte beneficiati (ma questa è un altro capitolo della stessa storia...) faceva ormai pensare che tutto fosse possibile semplicemente avendo le giuste entrature presso i vertici comunali.

Le maglie amministrative venivano colposamente allargate e in quel contesto maturarono le condizioni che consentirono alla 'ndrangheta di entrare pesantemente nei consigli di amministrazione delle società miste, di assumere personale senza alcuna procedura di evidenza pubblica, finanche assumere 110 vigili urbani senza concorso e mettere in piedi un chiosco per la vendita della frutta all'interno dello svincolo autostradale degli Ospedali Riuniti. O addirittura, lo apprenderemo dopo la tragica morte di Orsola Fallara, prelevare per fini propri soldi dei cittadini più o meno come a un mega bancomat.

Si badi bene, qui non si stanno facendo ulteriori processi, ma si discute della bontà di alcune scelte di natura squisitamente politica e amministrativa. Come non ricordare, per esempio, il fatto che la prestigiosa Villa Zerbi, nel cuore della parte più bella della nostra città, sia stata utilizzata, con l'avallo della politica comunale, per ospitare tornei di poker sportivo? Oppure che il 31 dicembre del 2009 in una sola notte furono approvate ben tre delibere per la concessione di contributi a privati per un totale di oltre 500.000 euro? Sono solo esempi che, tuttavia, assocerei alle tante incompiute che quella stagione politica ci lascia. Parlo di opere fondamentali come il Palazzo di Giustizia. Mentre ancora qualcuno si arrovella, utilizzando a pretesto la prematura scomparsa di Zaha Hadid, sull'opportunità di realizzare il Waterfront, altro specchietto per le allodole del "Modello Reggio".

Ecco, la Reggio che ci siamo lasciati alle spalle era anche quella professore Bombino.

In quel contesto la classe dirigente della Città non ha resistito alla tentazione venendo contagiata irrimediabilmente dal messaggio accondiscendente e permissivo della politica, entrando a far parte di quello che sarebbe passato alla storia con il nome di "sistema Reggio" attraverso la cosiddetta borghesia: dall'impresa agli ordini professionali tutti erano portati a pensare che quella bolla potesse non scoppiare mai, che le casse comunali fossero una sorta di pozzo di San Patrizio da cui attingere a piene mani.

Sono altresì certo della buona fede di tanti nostri concittadini, così come lo sono della sua che a quel modello Reggio si è ispirato, ma la storia, ahimé, avrebbe poi scritto la pagina più buia della nostra vita civica, facendo scoppiare la bolla delle illusioni e costringendo la nostra città a crollare pesantemente sulle ginocchia, sull'orlo del dissesto finanziario, vittima di un pessimismo apparentemente irreversibile sul proprio futuro.

Il "suo" manifesto così come la recente iniziativa per il risarcimento dei danni del commissariamento, al netto delle bizzarre tesi giuridiche degli ideatori, nei fatti difendono un modello semplicemente sbagliato.

Ostinarsi a rivendicarne le qualità è un falso storico, ma ciò che più inquieta è l'idea di volere accomunare i cittadini sotto la bandiera della regginità e dell'orgoglio miope di cui parlava il grande Nicola Giunta nel tentativo di collettivizzare quegli atti e quelle responsabilità che sono e rimangono di una sola parte politica, bene individuata.

Oggi come allora non è aggrappandosi a un presunto patriottismo (che assai somiglia, invero, a più comune populismo) che si tira fuori la città dalle secche. E, ancora, non è riproponendo come glorioso passato vicende ormai scritte con chiarezza da più parti che si proietta la città verso il futuro. Un futuro in cui tutti devono far tesoro degli errori commessi: la politica, senza dubbio, ma anche la borghesia cittadina, che deve riappropriarsi del proprio ruolo e della propria indipendenza.

Per queste ragioni, prof. Bombino, quella storia deve essere ormai messa da parte, facciamocene tutti una ragione, lei compreso.

*Avvocato

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L'articolo del Dispaccio: http://ildispaccio.it/primo-piano/105582-reggio-se-gli-ordini-professionali-si-iscrivono-al-partito-democratico

La replica del prof. Bombino: http://ildispaccio.it/firme/106368-direttore-le-spiego-le-ragioni-del-manifesto-per-reggio-calabria