Fenonomenologia del “Renzismo” a Cosenza

votazioni new7di Francesca Gabriele - Matteo Renzi è sempre stato un abile politico, ha ricoperto quasi tutte le cariche possibili, ma non è mai passato da una reale competizione elettorale. Sì è vero è stato presidente della Provincia di Firenze e poi sindaco di Firenze, quindi le elezioni le avrà pur vinte.

In realtà, non è così: le competizioni dove è stato eletto si sono svolte in due fortini di centrosinistra, nei quali, essere il candidato della coalizione di centrosinistra significava poter andare in vacanza in Australia durante la campagna elettorale, tornare e ritrovarsi eletto. Se questo è, parliamo, quindi, di un soggetto forte nella tattica dietro le quinte. Forza che l'ha portato poi a esser segretario e poi ancora, sempre senza alcuna elezione, premier dell'Italia intera. Non si parli di primarie, le quali esulano dal contesto italiano. In verità, le primarie, nascono nelle nazioni (Usa), dove non esistono i partiti così come noi li conosciamo. In Italia, le primarie sono, invece, un'opzione percorsa solo per legittimare il candidato che in realtà si è già scelto nel chiuso delle stanze. Se così non fosse non accadrebbe che in alcune città si fanno e in altre, dove non si è certi dell'esito, no. Date queste circostanze, emerge come una "renzianata" a Cosenza ci sia già stata.

Una "renzianata" dove si crearono le condizioni di una vittoria certa, sulla base dei medesimi accadimenti che hanno riguardato Mario Occhiuto.

Nel gennaio del 2006, infatti, furono firmate le medesime dimissioni ultra dimidium per far cadere Eva Catizone. Nel 2006, fu, infatti, creata una coalizione ampia a sostegno di Salvatore Perugini, contro Giacomo Mancini jr (quest'ultimo, poi passato nel Pdl di Scopelliti), – allora candidato a sindaco dagli arancioni del Pse e da Rifondazione comunista. La coalizione di Salvatore Perugini comprendeva la "loieriana" Margherita e i Ds di Nicola Adamo e, all'ultimo momento, imbarcò anche l'Udeur di Ennio Morrone, allora, assessore nella giunta di Loiero, che fino al giorno prima del deposito delle liste tutti davano per schierato con il competitor Giacomo Mancini jr. Nel contempo, si era verificata la non ammissione alla competizione elettorale, per deposito tardivo, della "gentiliana" lista Forza Italia, rimanendo un centrodestra che - composto esclusivamente dai piccoli An e Udc a supporto – si presentava senza alcuna velleità con il candidato a sindaco, Sergio Bartoletti. Erano, insomma, le condizioni per cui, chiunque, sarebbe stato eletto nel centrosinistra targato Ds –Margherita -Udeur, anche se si chiamava Pinco Pallo. Senza addentrarsi nel giudizio che la città diede al quinquennio amministrativo che scaturì da quelle elezioni (5 anni dopo nel 2011 Perugini ricandidato contro Occhiuto e Paolini raccolse un esiguo 15 %), deve convenirsi che la storia oggi si ripete: il sindaco viene rimosso dall'incarico nel chiuso di un albergo, con alcuni consiglieri che firmano perché sono certi di potersela giocare poi alle primarie. Le primarie, invece, non ci saranno, non c'è più Salvatore Perugini in prima persona, ma un suo amico fidato (Lucio Presta il cui matrimonio Perugini ha celebrato), e c'è la medesima vasta aggregazione fatta di Morrone, Adamo ed ex Margherita. La storia degli attori e la tattica si ripetono, e presentano anche nuovi coprotagonisti (Mancini, Covello, Magorno e Gentile in prima persona).

Le condizioni, ci chiediamo, sono le medesime?