Da Nirta ai De Stefano: ‘ndrangheta e depistaggi sul caso Moro?

commissionemorodi Claudio Cordova - "Gli accertamenti in corso e i relativi esiti parziali sono tuttora coperti da segreto. In questa fase, si può riferire soltanto che – in relazione all'ipotesi che appartenenti a organizzazioni criminali siano stati ritratti in talune fotografie scattate il 16 marzo 1978 tra la folla presente in via Fani – la Commissione ha disposto l'acquisizione di tutto il materiale fotografico ripreso in quell'occasione dalle principali testate e agenzie di stampa. Una volta completata l'acquisizione, il materiale sarà inviato al RIS dei Carabinieri di Roma per lo svolgimento di accertamenti tecnici e delle opportune comparazioni". Decine di pagine per provare a dare risposte che l'Italia attende da quasi 40 anni. Da quella primavera del 1978, quando il leader della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, verrà rapito e poi fatto trovare cadavere dalle Brigate Rosse. Uno degli attacchi più drammatici al cuore dello Stato su cui aleggiano ancora moltissimi misteri: sono in tanti a pensare, infatti, che le Brigate Rosse – nella migliore delle ipotesi – possano aver rappresentato solo una parte del sistema criminale che ha portato alla morte di Moro. Per molti, infatti, il ruolo di pezzi deviati dello Stato sarebbe stato per decenni sottaciuto da tutti, brigatisti compresi.

Ora l'ennesima Commissione Parlamentare.

Quella presieduta da Beppe Fioroni del Partito Democratico sta provando a scandagliare quanto ancora di oscuro sul rapimento e sull'uccisione di Aldo Moro. Tutto questo tramite audizioni dei rappresentanti del Governo, di membri delle precedenti Commissioni d'indagine, ma anche tramite le ricostruzioni dell'accaduto, le presenze nei luoghi limitrofi alla strage e, ancora, il coinvolgimento dei Servizi Segreti e il carteggio privato del tempo.

Ma, soprattutto, il ruolo della criminalità organizzata. Nello specifico, il ruolo della 'ndrangheta.

La Commissione – che negli scorsi giorni ha depositato la prima parte del lavoro svolto in questi mesi – sta conducendo indagini per verificare se esponenti della criminalità organizzata "abbiano potuto svolgere un ruolo nella preparazione, nel supporto logistico o nella stessa esecuzione della strage di via Fani e del sequestro di Aldo Moro e se siano stati interessati per fornire un contributo alla ricerca e all'eventuale liberazione dell'ostaggio". Del coinvolgimento della criminalità nel caso parlano indagini, libri e persino film: lo stesso lungometraggio "Romanzo Criminale", tratto dal libro del magistrato Giancarlo De Cataldo e ispirato alla storia della Banda della Magliana, paventa il coinvolgimento della stessa nel caso.

Un ennesimo caso di commistione tra Stato e criminalità, di cui Il Dispaccio, appena pochi giorni fa, ha fornito una prima puntata.

Ora, però, la Commissione di Beppe Fioroni vuole vederci chiaro. E' opinione comune – alla luce di vari elementi, tra cui diverse testimonianze – che all'agguato di via Fani avrebbero partecipato molte più persone rispetto a quanto raccontato dagli stessi brigatisti "pentiti" e a quanto accertato dalle indagini. Il sospetto, quindi, è che la 'ndrangheta possa aver avuto un ruolo – ancora tutto da chiarire – sul caso Moro. Nella relazione sui primi mesi di lavoro, trovano spazio le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Saverio Morabito. Come riportato alcuni giorni fa dal Dispaccio, Morabito, interrogato dal pm di Milano Alfredo Nobili, farà riferimento ai collegamenti esistenti fra la massoneria e alcuni elementi della criminalità organizzata calabrese. Il riferimento è a 'Ntoni Nirta "due nasi", esponente di spicco della 'ndrangheta della Locride, così soprannominato per la sua predilezione del fucile a canne mozze. Fatti che la Commissione sta mettendo insieme alle conversazioni dell'ex deputato Benito Cazora e che ora, però, si arricchiscono sia per la collaborazione tra le Procure di Milano, Brescia e Reggio Calabria, sia per le dichiarazioni di Raffaele Cutolo, boss della Nuova Camorra Organizzata, sia per la notizia, circolata in ambienti 'ndranghetisti, dell'esistenza di un'arma "sporca" impiegata in via Fani, sia per il presunto interessamento della criminalità per scovare il nascondiglio dove era stato rinchiuso Moro.

E', in particolare, il boss Cutolo ad aprire nuovi squarci: ascoltato in carcere, nel settembre scorso, Cutolo ha riferito di aver appreso durante la sua detenzione da un boss della 'ndrangheta (che nella relazione non viene identificato) di contatti intercorsi, con riferimento al sequestro Moro, tra le Brigate Rosse e la 'ndrangheta. La Commissione verificherà la comune detenzione di Cutolo con personaggi riconducibili alla 'ndrangheta e l'accertamento – su cui al momento non si sa altro – avrebbe dato esito positivo, riscontrando le dichiarazioni del capo della Nuova Camorra Organizzata.

Dalle risultanze raccolte dalla Commissione: "Restando la necessità di chiarire ulteriormente i tratti e l'effettiva rilevanza della vicenda, anche gli accertamenti condotti sul bar Olivetti, dai quali emergono, tra le altre, figure del calibro di Frank Coppola e i riferimenti ai clan D'Agostino e De Stefano, rafforzano l'esigenza di approfondire il tema del coinvolgimento della criminalità organizzata nel caso Moro".

Un bar dalla storia oscura, il bar Olivetti. Chiuderà e poi riaprirà. E, nel giorno dell'eccidio di via Fani sarebbe stato aperto: una versione che non coincide con il racconto dei brigatisti che ricostruiranno l'agguato affermando di essersi nascosti dietro le fioriere del bar in disuso. Uno dei proprietari del bar, Tullio Olivetti, verrà anche coinvolto in un'indagine su un traffico internazionale di armi dai contorni non chiari. Secondo quanto raccolto dalla Commissione di Beppe Fioroni, l'indagine inizierà il 29 gennaio 1977. Da un rapporto dei Carabinieri del tempo: "[...] nel quadro delle indagini relative agli ultimi sequestri di persona avvenuti sul territorio nazionale, è venuto a conoscenza (il Nucleo investigativo, ndr) che elementi della mafia calabrese, facenti parte dei clan D'Agostino e De Stefano, sarebbero in contatto con tale Guardigli Luigi [...] lo stesso nel decorso mese di dicembre si sarebbe recato ad Archi (Reggio Calabria) per prendere direttamente contatti con elementi della mafia locale e per fornire materiale tecnico (microspia e radio ricetrasmittente)". Quando inizierà a collaborare con la giustizia, Guardigli aprirà nuovi scenari sul conto di Guardigli, indicandolo come persona che "in contatto con un gruppo libanese, gli avrebbe richiesto armi e gli avrebbe introdotto un suo amico, offertosi di pagare la fornitura con dollari falsi o cocaina; era solito vantare alte aderenze politiche (in particolare affermava di essere in ottimi rapporti con la figlia dell'ex presidente Gronchi, sua socia nella gestione del bar di via Fani); era un trafficante di valuta falsa e aveva riciclato 8 milioni di marchi tedeschi, provento di un sequestro avvenuto in Germania; era in contatto con ambienti della criminalità organizzata; in una circostanza nella villa di una persona presentatagli proprio da Tullio Olivetti, Guardigli aveva trovato ad attenderlo il mafioso Frank Coppola".

Una vicenda che si concluderà con un buco nell'acqua. Guardigli verrà sostanzialmente dichiarato pazzo da una perizia del dott. Aldo Semerari, personaggio ambiguo che ha legato il suo nome a diverse vicende oscure della storia italiana durante gli anni di piombo e della strategia della tensione: dalla strage di Bologna, al sequestro del politico democristiano Ciro Cirillo, fino al delitto del giornalista Mino Pecorelli. I suoi propositi ideologico-criminali, spesso perseguiti avvalendosi del supporto di malavitosi comuni, beneficiati attraverso perizie psichiatriche compiacenti, furono la causa del suo assassinio: il 1º aprile 1982, Semerari fu ritrovato decapitato all'interno della sua auto a Ottaviano.

Olivetti, quindi, ne uscirà pulito.

Ma la storia non convince la Commissione: "Colpisce la "scomparsa" nella vicenda processuale di Tullio Olivetti, che era stato coinvolto in maniera così pesante da Guardigli ed era effettivamente risultato in contatto con lui. La sua posizione sembrerebbe essere stata "preservata" dagli inquirenti, tanto da fare ritenere necessario esplorare l'ipotesi che egli possa avere agito per conto di apparati istituzionali ovvero avere prestato collaborazione".