Gioia Tauro crocevia del traffico di droga: parla il nuovo pentito Femia

gioiatauroporto nuovadi Claudio Cordova - Chili di droga, viaggi in giro per il mondo, navi e velieri da impiegare per i lucrosi traffici. Sono storie da romanzo quelle che emergono dai primi verbali pubblici del nuovo collaboratore di giustizia Antonio Femia, 34enne di Marina di Gioiosa Jonica, capace, però, di svelare gli affari anche delle cosche della Piana di Gioia Tauro. Le sue dichiarazioni sono state depositate dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Luca Miceli, nel processo "Puerto liberado", scaturito da un'indagine sul traffico di sostanze stupefacenti nello scalo in provincia di Reggio Calabria.

Al centro dell'inchiesta, la famiglia Brandimarte, su cui Femia dimostra di avere parecchie cose da raccontare: "I Brandimarte dicevano che erano loro i padroni del porto anche se poi lavoravano altre organizzazioni fra cui gli Alvaro. Non so quando i Brandimarte abbiano iniziato a operare. (...) Per Gioia Tauro le organizzazioni si appoggiano sempre a loro; i Brandimarte, dicevano che al porto comandavano loro, possono fare quello che vogliono, che non hanno paura di nessuno". Proprio sugli Alvaro, Femia si concentra nei propri racconti: "Brandimarte e Alvaro erano in origine alleati. Ci fu poi un carico di 119 kili che è andato perso e i due soggetti si sono litigati. Perduto il carico i due dovevano pagare i committenti e Alvaro, che non si fidava di Brandimarte, non volle pagare e andò per conto suo. Dei portuali ne ho conosciuti alcuni. Tirmarchi era uno che controllava la movimentazione delle navi e predisponeva i turni dei portuali, sicuramente era responsabile di diverse importazioni non contestati nel procedimento Puerto Liberado. Nel mondo della droga sono entrato grazie a Nicodemo Fuda alias "u Rabecchiu" che conosco sin da piccolo, lui era collegato a soggetti di Rosarno". Meccanismi, cose e persone. Femia riversa il proprio patrimonio conoscitivo ai pm antimafia, riconoscendo diversi soggetti di interesse investigativo: "I Brandimarte a un certo punto "proliferarono come funghi"(...) Normalmente acquisivano la droga poi provvedevano a rivenderla. Fuda era un soggetto che assicurava i contatti con i narcos esteri. Io e Fuda lavoravamo insieme e lui mi ha consegnato i telefoni. Io e Fuda aviamo fatto diversi viaggi.(...) Siviglia Francesco è compare di Alfonso Brandimarte, lavora con lui. È un socio di Brandimarte. Gagliostro era un collaboratore di Alfonso Brandimarte, sostanzialmente gli guidava la macchina e lo coadiuvava. A proposito dei miei rapporti con Fuda, che rispetto a quanto indicato nella contestazione di "Santa Fè", io sostanzialmente ero sotto di lui e non il contrario. Lui è molto furbo e figura il meno possibile. Fa lui gli investimenti e io dovevo semplicemente fare da tramite con Brandimarte e poi con Alvaro".

Femia verrà coinvolto nell'inchiesta "Santa Fè", condotta proprio contro un grosso traffico internazionale di droga. Poi deciderà di raccontare tutto agli inquirenti: "Ho deciso di collaborare con la giustizia per la mia famiglia e perchè Brandimarte mi ha indotto a confessare una mia responsabilità al limitato ed esclusivo fine di scagionarlo". Ai pm antimafia, Femia traccia il proprio profilo criminale: "Ho avuto sempre un comportamento poco consono- ha detto Femia ai pm- in particolare commettendo truffe anche con il mezzo informatico. Successivamente mi sono imbattuto in questioni di droga. Inizialmente assicuravo lo scarico della droga nel porto di Gioia Tauro perchè conoscevo le persone giuste. Grazie a questa mia riconosciuta serietà ho lavorato con i fratelli Alfonso Brandimarte e Nuccio. Quindi ho via via assunto il ruolo di tramite fra i soggetti che avevano bisogno della droga e i Brandimarte. Costoro avevano una squadra di portuali infedeli, fra cui Vincenzo Trimarchi, imputato in "Puerto Liberado". Il carico per cui fu arrestato Trimarchi, che era riconducibile ai Brandimarte, era di Giuseppe Alvaro nel senso che era il committente avendone finanziato l'acquisto in parte. In altra parte i Brandimarte".

E dal racconto di Femia emerge uno spaccato molto interessante, dove restano latenti diversi temi, che la Dda potrà provare a sviluppare nei prossimi mesi: "Alfonso Brandimarte lavorava per sé. Ha fatto soldi, so che ha fatto investimenti .(...) Mi fu fatta una proposta dai Brandimarte per fare da referente generale delle organizzazioni della Jonica. Io rifiutai perché sarebbe stato pericoloso per me, perché sarei stato troppo responsabilizzato. So che ci sono diverse squadre che lavorano nel porto. So che c'è anche la squadra degli Alvaro. Brandimarte ha delle entrature nelle forze di polizia. So che c'è ha collegamenti con la Finanza del porto, ha poi collegamenti con la Polizia".