Reggina: storia di Nick Scali, tra inchieste e onorificenze

nickscaliprimopianodi Claudio Cordova - Fortunato negli affari, che gli hanno permesso di diventare, dalla periferica San Martino di Taurianova, nella Piana di Gioia Tauro, uno degli imprenditori più importanti dell'Australia. Un po' meno nelle relazioni personali, reali o attribuitegli da inquirenti e stampa. Il nome dell'82enne Nick Scali è da giorni – anche grazie alle indiscrezioni svelate da Il Dispaccio – sulle pagine degli organi di stampa calabresi e non solo per il presunto interessamento a rilevare (non è dato sapere se in solitaria o con una cordata) la Reggina Calcio. Proprio ieri il presidente Lillo Foti ha confermato che gli australiani ci sono e che fanno sul serio. Scali, in particolare, sarebbe stato tra i vari imprenditori incontrati da Foti nel proprio viaggio nella terra dei canguri. Un altro imprenditore originario della Piana di Gioia Tauro, dopo quelli a cui Foti si è legato tramite vincoli di sponsorizzazione: D'Agostino, con "Stocco & Stocco" e Cosentino con "Gicos".

IN ECSTASY

Scali, tuttavia, dalla Piana di Gioia Tauro è partito oltre cinquant'anni fa. E solo se le indiscrezioni di natura sportiva dovessero essere reali potrebbe dover tornare in patria. Il nome dell'imprenditore attivo nel mercato dei mobili di pregio, tuttavia, non è estraneo alle cronache, nazionali ed estere. All'inizio del 2009 in Australia i giornalisti investigativi Nick McKenzie e Richard Baker pubblicano diversi articoli su "The Age" e "Sidney Morning Herald". Il protagonista della storia è un altro calabrese piuttosto noto all'estero: Francesco Madafferi, nato nel 1961 a Oppido Mamertina, altro paese nella Piana di Gioia Tauro. Nel 2008 viene arrestato nell'ambito di un'operazione antidroga che svela i responsabili del più grande traffico di ecstasy mai scoperto: il 28 giugno 2007, infatti, sbarcherà a Melbourne la motonave "Msc Monica", partita da Napoli un mese prima. All'interno di un container che avrebbe dovuto contenere solo lattine di pomodoro, la Dogana australiana ritrova però quasi quattro tonnellate e mezzo di ecstasy: quindici milioni di pasticche.

Secondo le dichiarazioni dell'allora viceprocuratore della Direzione Nazionale Antimafia, Alberto Cisterna, riportate nel libro "Australian ndrangheta" dello storico Enzo Ciconte e del magistrato Enzo Macrì, Madafferi era "pericoloso" e avrebbe dovuto essere sorvegliato più strettamente: "Sotto la legge italiana Madafferi era oggetto di misure di sorveglianza speciale, applicate a persone molto pericolose per la società, non era solo qualcuno con precedenti penali, era una persona che qui in Italia era considerata una minaccia alla società".

Personaggio principale dell'inchiesta che porta diverse persone in manette è Pasquale Barbaro, originario di Platì, borgo aspromontano della Locride, che ha già una serie di precedenti penali per reati specifici, ma, soprattutto, è il figlio di Domenico, considerato uno dei boss più carismatici della 'ndrangheta in Australia.

E poi c'è lui, Francesco Madafferi.

L'UOMO VENUTO DA OPPIDO MAMERTINA

La sua è una storia per certi versi anche comica e grottesca. E' stata raccontata in vari libri tra cui, da ultimo, "Oro Bianco", di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso. Madafferi ha 27 anni quando sbarca in Australia con un visto turistico. In Italia ha avuto qualche problema con la giustizia: estorsioni e armi, soprattutto. Ma è in Calabria, nella sua natìa Oppido Mamertina, dove Madafferi se la vede peggio: verrà anche arrestato per il sequestro di una giovane donna, figlia del sindaco del comune reggino. Ma verrà rilasciato e scagionato. Certo, quel visto turistico per l'Australia non lasciava presagire una nuova vita nella terra dei canguri, ma così sarà: Madafferi si sposa e ha quattro figli. Rimane 13 anni prima che l'autorità giudiziaria australiana arrivi ad emettere il decreto di espulsione: "Se anche gli veniva consentito di restare in Australia, avrebbe dovuto essere sorvegliato per vedere che genere di connessioni avesse localmente" dice ancora Cisterna nel libro "Australian 'ndrangheta". Siamo tra la fine degli anni '90 e il 2000, Madafferi si gioca la carta politica, puntando sui "motivi umanitari" per restare in Australia. E anche la comunità italiana si dà un bel da fare.

E' LA STAMPA, BELLEZZA

Sono, in particolare, due giornali australiani in lingua italiana a "sposare" la causa di Francesco Madafferi: "Il Globo" e "La Fiamma". Nel luglio 2003 appare anche una lettera aperta all'inflessibile ministro dell'Immigrazione, Philip Ruddock, a firma di Nino Randazzo, che implora la revisione del decreto di espulsione. Un nome – quello di Randazzo - che è bene tenere a mente. Il direttore, dopo aver ripercorso la storia di Madafferi, prima e durante il soggiorno in Australia, la butta sul melodrammatico: "Quel che conta al momento è la situazione di cinque cittadini australiani, nessuno dei quali con conoscenza minima della lingua italiana, a carico del Madafferi e nell'impossibilità pratica di seguirlo eventualmente in Italia: una donna traumatizzata da eventi fuori dal proprio controllo e in stato di depressione clinica accertata dalle autorità sanitarie, quattro bambini in tenera età, il più grande con evidenti sintomi di problemi psicologici". Randazzo si scaglierà contro la criminalizzazione dei calabresi in Australia, ritenuti come soggetti dediti al crimine e, in particolare, al narcotraffico: "Signor Ministro – conclude la lettera aperta – Lei s'accorge come viene vilmente distorta, come va degenerando, la percezione pubblica di questa drammatica vicenda umana. S'accorge come vengono distrutte le vite non solo di un uomo, che ha commesso e scontato alcuni errori giovanili in un'altra parte del mondo e che in quasi quattordici anni da marito e padre in Australia non ha il minimo conto con la giustizia, ma anche di cinque innocenti australiani, vicini ad essere privati nella loro patria di nascita del capofamiglia".

UOMINI DI INFLUENZA

Il lacrimevole appello di Randazzo, resta, però, lettera morta: il ministro Ruddock è irremovibile. La situazione di Madafferi resta invariata fino al 2005, allorquando il nuovo ministro dell'Immigrazione, Amanda Vanstone, annulla l'ordine di espulsione nei confronti dell'uomo "per motivi umanitari", venendo riconosciuti dei problemi di salute mentale. Madafferi resta in Australia, felice e contento, ma la grana scoppia, ovviamente, dopo che l'uomo viene arrestato per traffico internazionale di stupefacenti. Ed è proprio a questo punto che si incastrano le inchieste giornalistiche di McKenzie e Baker su "The Age" e sul "Sidney Morning Herald", pubblicate all'inizio del 2009, che mettono in correlazione la decisione del ministro Vanstone con un una serie di donazioni che i sostenitori di Madafferi avrebbero fatto al Partito Liberale: una pratica, quella delle donazioni, che è ammessa dall'ordinamento australiano. Tra i presunti sostenitori del partito liberale, i giornalisti McKenzie e Baker menzionano, in particolare, tre uomini d'affari dal cognome italiano: Tony Labozzetta, Pat Sergi e, appunto, Nick Scali.

Dalle cronache del tempo si ricava come Pat Sergi fosse ritenuto un soggetto vicino al trafficante di droga Robert Trimbole (una macchiettistica inglesizzazione di Roberto Trimboli), mentre alcuni familiari di Labozzetta (che per anni sarà anche presidente della squadra di calcio Marconi Club) sarebbero stati appartenenti alla mafia. Nessuna cointeressenza criminale, invece, sul conto di Nick Scali. Su di lui – definito "lo zar del mobile" – i dati si limitano a sottolinearne la passata partnership economica con un soggetto controverso come Eddie Obeid.

Secondo un'indagine condotta da "The Age", verso la fine del 2003 i tre uomini d'affari italiani di Sydney avrebbero visto la senatrice liberale Marise Payne in merito all'aiuto a Madafferi per ottenere il visto necessario a rimanere sul suolo australiano. La donna sarebbe stata avvicinata ad una cerimonia di beneficenza dai tre uomini d'affari del Nuovo Galles del Sud, tra cui il proprietario di negozi di mobili, Nick Scali. La Payne avrebbe contattato due volte l'ufficio dell'allora ministro dell'Immigrazione Amanda Vanstone per discutere il caso del visto di Madafferi.

Stando alle ricostruzioni del tempo, sei mesi dopo la revoca dell'ordine di deportazione da parte del ministro Vanstone al Partito Liberale sarebbe arrivata anche una donazione da 30mila dollari nel corso di una manifestazione di beneficienza organizzata da Labozzetta e Sergi: in quell'occasione, a donare del denaro vi sarebbero stati anche dei parenti di Madafferi. Una circostanza che il ministro Vandstone ha sempre smentito: "Non è inconsueto che in ricevimenti di raccolta fondi le persone facciano donazioni, ma queste non sono ricevute dai parlamentari, bensì trattate da funzionari del partito. Qualsiasi illazione su donazioni collegate con il fine di influenzarmi, sono altamente offensive, scurrili e diffamatorie".

La Payne e la Vanstone negano dunque di conoscere le donazioni fatte dagli amici e parenti di Madafferi e la Payne dice che il suo incontro con Scali, Sergi e Labozzetta non aveva nulla a che vedere con la promessa di donazioni.

Fatti che – è bene precisarlo – non porteranno mai a un procedimento di natura giudiziaria per nessuno dei soggetti menzionati. Le vicende si fermeranno solo alle inchieste giornalistiche.

Gli articoli di McKenzie e Baker narrano inoltre di due agenti della polizia federale che sarebbero stati contattati da una persona in possesso di alcune informazioni potenzialmente esplosive. La persona, di cui non verrà divulgata l'identità, avrebbe detto agli agenti federali che una fonte interna o comunque vicina al Partito Liberale aveva raccontato nel 2004 di un piano che riguardava donazioni al Partito Liberale in cambio di aiuto a procurare un visto a Francesco Madafferi. La fonte citata dall'inchiesta giornalistica avrebbe anche consegnato alla polizia una copia di un file salvato su computer all'inizio del 2004, in cui era registrato ciò che la persona interna al Partito Liberale aveva confidato. Il file nominava due politici – la senatrice del Nuovo Galles del Sud Marise Payne e Amanda Vanstone - e dichiarava: "In cambio del rilascio del (presunto) criminale Frank Medaffery (sic) dal centro di detenzione di Villawood e in cambio della concessione della sua richiesta di rimanere in Australia, il partito liberale ricevette donazioni da associati e partner in affari di Medaffery (sic), all'interno della comunità italiana (nomina Nick Scali come esempio)".

Dai registri risulterebbe che Sergi avrebbe fatto donazioni al partito liberale del Nuovo Galles del Sud nel marzo 2004, e che le ditte di proprietà di Scali (un donatore di lunga data) avrebbero effettuato donazioni al partito nel marzo 2003 e nell'agosto 2004. Nick Scali, però, avrebbe sovvenzionato anche il Partito Laburista, l'ala progressista e contrapposta a quella conservatrice dei Liberali.

Una passione bypartisan per la politica, quindi.

IL DOTTOR RANDAZZO

Il nome di Scali, infatti, ritornerà sulle cronache, questa volta italiane, con riferimento a presunte ingerenze con la politica. I fatti, questa volta, riguardano le manovre messe in atto in nome e per conto di Silvio Berlusconi che avrebbe messo in atto una vera e propria compravendita di senatori per riuscire a far cadere il Governo Prodi, nel 2007.

Il nome di uno dei protagonisti della storia lo abbiamo già incontrato. E' quello di Nino Randazzo. Già, proprio il direttore de "Il Globo" che chiedeva la "grazia" per Madafferi. Randazzo, nativo delle Isole Eolie, emigrerà in Australia nel 1952. Randazzo verrà eletto al Senato della Repubblica Italiana nell'elezione politica del 2006 nella circoscrizione estera Asia-Africa-Oceania-Antartide nelle file della coalizione di centro-sinistra L'Unione. Randazzo dichiarerà che Silvio Berlusconi gli avrebbe offerto una sicura rielezione e un posto da viceministro degli Esteri in cambio di un voto contro Romano Prodi nel corso del dibattito sulla finanziaria. Dichiarazioni che faranno grande scalpore e che porteranno all'indagine su Berlusconi, con l'accusa di corruzione. Saranno gli accertamenti condotti dalla Procura della Repubblica di Napoli a far affiorare nuovamente il nome di Nick Scali. : "E' un imprenditore di origini calabresi, trasferitosi a Sydney negli anni ' 70, dando vita a un impero nel settore dell' arredamento, l' intermediario che avrebbe cercato di far trovare un accordo tra il senatore Nino Randazzo e Silvio Berlusconi. Nick Scali, 74 anni, è amico di lunga data di Randazzo. La sua azienda, quotata in borsa dal 2004, ha punti vendita in tutta Australia e un fatturato che sfiora i 6 milioni di euro" scrive La Repubblica.

Secondo il racconto di Randazzo, Scali gli avrebbe offerto "la possibilità di diventare milionario". Un "assegno in bianco da riempire fino a due milioni di euro" che il senatore italo-australiano avrebbe rifiutato. Dichiarazioni, quelle di Randazzo, che faranno andare su tutte le furie Nick Scali: "Randazzo è un gran bugiardo, non capisco perché si espone così. Sono amareggiato dopo l'aiuto che gli abbiamo dato, è un comportamento che non si spiega". Scali, infatti, ammette di aver aiutato Randazzo nella campagna elettorale che lo porterà in Senato, ma respinge ogni infamante accusa: "Randazzo dice bugie. E' vero che ci siamo incontrati nella galleria Sordi, a Roma. Ma non per caso. Siamo andati a prendere un caffé insieme. Avevo delle rimostranze da fargli perché gli avevo chiesto un piccolo favore per un'amica australiana, e lui dopo aver detto di sì non l'aveva aiutata. E poi perché non aveva fatto nulla per gli australiani, per esempio dandoci la possibilità di riacquistare il passaporto, che una vecchia legge ci aveva tolto". Quelle di Randazzo, dunque, sarebbero state solo calunnie: "Cerca notorietà, per questo si inventa tutte queste frottole. Non avrei dovuto farmi coinvolgere, a me la politica non interessa. E non ho né il tempo, né il carattere, sono un imprenditore, ho 26 negozi a cui badare".

IL PRESENTE

Potrà badare molto bene ai propri negozi, Nick Scali. Sulla scorta delle dichiarazioni di Randazzo verrà anche indagato, ma la sua posizione sarà archiviata dalla magistratura che, evidentemente, non troverà i riscontri alle dichiarazioni del senatore italoaustraliano e, viceversa, verrà convinta dalla versione di Scali.

Non trascurerà, inoltre, la vita politica e associativa, divenendo coordinatore australiano del Movimento Associativo Italiani all'Estero (MAIE). Sarà anche Presidente di tutte le Camere di Commercio Italiane in Australia, ruolo ricoperto per un decennio, salvo poi diventarne Presidente onorario.

Essersi imbattuto nelle inchieste giornalistiche australiane e nelle clamorose dichiarazioni agli inquirenti di Randazzo restano due incidenti di percorso in una carriera imprenditoriale così in ascesa che gli frutterà anche la prestigiosa onorificenza di "Insigne calabrese distintosi all'estero", conferitagli, nel 2005, dal presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi.

Ora inchieste giudiziarie e giornalistiche sono ampiamente alle spalle. Il nome di Nick Scali finisce sui giornali, sì, ma per il presunto interessamento alla Reggina: la notizia, infatti, ha fatto il giro del mondo, finendo anche sugli organi di stampa australiani.