di Claudio Cordova - E' stato per alcuni anni a capo della Commissione Straordinaria dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, tentando di riportare l'ente alla normalità dopo l'onta delle infiltrazioni mafiose. A distanza di due anni dalla fine dell'esperienza, il ricordo del Generale Massimo Cetola, già vice comandante dell'Arma dei Carabinieri, è ancora assai vivo: "Ci sarebbe voluto più tempo, sarebbero serviti maggiori poteri per cambiare totalmente le cose" dice. Un ricordo chiaro e lucido, quello del Prefetto Cetola, inviato a Reggio Calabria nel tentativo di rimettere sui giusti binari l'Asp, in quel periodo (siamo nel 2008) gravata dai sospetti di illegalità e dall'ombra della criminalità organizzata. Il Generale Cetola, nel corso di un'intervista rilasciata al Dispaccio, individua le vere piaghe del comparto sanitario calabrese, portando nuovi elementi per far ricredere tutti coloro i quali, chi scrive in testa, in passato possano aver individuato falsi bersagli per le proprie critiche: "Uno dei grossi mali della sanità in Calabria è l'estrema ingerenza della politica nelle scelte – afferma – non parlo solo delle nomine dirigenziali, basti pensare che l'80% del bilancio regionale è assorbito dalla sanità. L'interesse della politica soffoca e rende tutto il sistema meno efficiente".
Qual è il suo ricordo di quegli anni?
A distanza di due anni dalla fine del mandato, l'ottica è sicuramente diversa. E' bene partire da un presupposto: l'Asp riceveva oltre cinquecento milioni di euro di budget annuale. Questo la rende l'azienda economica più grossa del territorio. E' normale, quindi, che su di essa vi fossero le mire di tutti, non solo della 'ndrangheta. Il personale può ricercare emolumenti maggiori rispetto agli stipendi, ma anche per gli avvocati le cause intentate contro l'Asp possono essere un business. E poi non bisogna trascurare gli appetiti della sanità privata per gli enormi guadagni possibili e, ancora , i farmacisti. Su quest'ultimo versante, è giusto ricordare che nel 2008, quando la Commissione si è insediata, a Reggio c'era la spesa farmaceutica più alta d'Italia. Ma l'elenco è lungo e vanno messi dentro anche i fornitori. Insomma, noi che avevamo il fermo proposito di mettere a posto le cose, ci siamo trovati tutti contro. E il fine era quello di farci andare via il prima possibile".
Ha parlato di una serie di problemi piuttosto difficili da risolvere. Come vi siete mossi?
Sulla linea della legalità e della determinazione. Personalmente ho lavorato per lo Stato per più di quarant'anni, quindi l'obiettivo della Commissione è stato quello, fin da subito, di rimettere ordine, di ripristinare regole e controllo in un'azienda allo sbando. Basti pensare che non esisteva neanche un archivio. E dallo sbando funzionale non può che derivare illegalità".
Quali sono stati i maggiori ostacoli?
La struttura della Commissione, innanzitutto. Eravamo in tre, anche se uno dei tre commissari fin da subito ha fatto mancare la propria presenza e servivano sempre e comunque almeno due firme per poter operare. Un manager, invece deve poter decidere velocemente e da solo: sicuramente ci sono state delle grosse difficoltà nel processo decisionale. La Commissione era straordinaria solo di nome, ma non di fatto. Bisognava ricostruire e per operare sarebbero serviti altri anni e io sarei rimasto volentieri, anche perché negli ultimi mesi avevamo iniziato ad avanzare a marce alte. Ma oltre al tempo sarebbero serviti poteri maggiori, era necessario cambiare i dirigenti, ma quando ci abbiamo provato, abbiamo trovato l'opposizione del Giudice del Lavoro o del Tar.
In quegli anni si parlava moltissimo del buco di bilancio. E' stato possibile accertarlo?
Le cifre stimate erano sui cinquecento milioni di euro. Questo significa che, ipoteticamente, per un anno l'Azienda avrebbe dovuto chiudere e pagare i debiti. In più c'erano da fronteggiare i creditori e il debito si traduceva in difficoltà, come pignoramenti e decreti ingiuntivi. Siamo anche arrivati ad avere ¾ della rimessa mensile pignorati.
E questo, ovviamente vi impediva di programmare...
Mi sembra chiaro. Peraltro abbiamo trovato un fiero oppositore anche nel nostro tesoriere che era il Banco di Napoli che dava corso a tutti i pignoramenti, anche se la legge dice che non possono essere toccate le risorse per il personale. Una svolta è avvenuta con il cambio del tesoriere e la scelta della Banca Nazionale del Lavoro. Alla fine siamo riusciti a risparmiare anche cinquanta milioni di euro, ma i soldi che arrivavano erano essenziali.
C'è un provvedimento adottato in quegli anni che, per le difficoltà di cui ha parlato, considera una "vittoria"?
Ci sono almeno trecento cose fatte, tra mille difficoltà. Il cambio del tesoriere, innanzitutto, è stato un passaggio chiave, ma ricordo bene anche la riconversione dell'ospedale di Oppido Mamertina, nonché la soppressione di alcune guardie mediche. Anche quando la Corte dei Conti ci ha fatto dei rilievi, poi alla fine è venuto fuori che non avevamo creato alcun danno erariale ma che, anzi, avevamo risparmiato fino a quattro milioni di euro.
E in tutto ciò come entra la criminalità organizzata?
La criminalità organizzata sapeva chi c'era alla guida della Commissione, quindi si teneva ben lontana. In realtà l'opposizione la facevano altri, tutte quelle componenti che ho citato prima. I reggini e i calabresi sono persone squisite, ospitali e disponibili, purtroppo, però, nel loro DNA c'è quello di vedere come uno smacco l'arrivo di qualcuno da fuori che invece vuole fare qualcosa di buono. Taluni, inoltre, considerano l'attività in maniera opzionale e c'è una tendenza abbastanza diffusa nel non rispettare gli orari. Addirittura ricordo che vi furono degli episodi di "sabotaggio" dei timer installati per timbrare il cartellino e certificare gli orari di ingresso e di uscita.
Quale sarebbe la sua "ricetta" per guarire la sanità reggina e quella calabrese?
La stessa via che percorrerei per quella nazionale. La sanità è uno dei settori più grossi della spesa pubblica, c'è possibilità di recuperare soldi. Una delle branche più onerose è la spesa farmaceutica, è necessario cambiare le normative. Oggi il medico di base ha piena libertà di prescrivere farmaci, ma vanno inseriti dei paletti. E poi è necessario limitare le convenzioni con la sanità privata
Tutte cose che, per conto vostro, avete cercato di fare...
Sì, ma ciò che dispiace tanto è che chi ha collaborato con la Commissione è stato quasi subito emarginato, trattato come un untore. Un motivo ci sarà.