di Angela Panzera - "La Corte ritiene che il compendio indiziario in atti a carico dell'imputato costituisca idoneo corredo probatorio a supporto dell'affermazione di colpevolezza per l'omicidio di Gianluca Congiusta. Alla presenza di un'imponente causale connotata dal requisito della specificità ed univocità si affiancano infatti una serie di indizi gravi, precisi e concordanti che inquadrano l'accaduto, senza possibilità di chiavi di lettura alternative, nella catena di fatti delittuosi consumati nella zona durante il periodo di latitanza dell'imputato e che trova ragione nella volontà di riaffermare la presenza della cosca sul territorio, di consumare il disegno estorsivo nei confronti dello Scarfò e di punire Gianluca Congiusta per il grave ed inaudito "sgarbo" commesso nei confronti del Costa mettendone in grave pericolo il progetto criminale ed esponendolo a ritorsioni della fazione rivale". Per la Corte d'Assise d'Appello reggina non ci sono dubbi: il boss sidernese Tommaso Costa ha ordinato l'omicidio di Gianluca Congiusta. Depositate le motivazioni con cui i giudici di secondo grado hanno inflitto l'ergastolo all'imputato riconosciuto colpevole, anche all'esito dell' Appello bis, dell'omicidio del giovane imprenditore sidernese avvenuto il 24 maggio del 2005. Secondo l'accusa, rappresentata dai pg Antonio De Bernardo e Domenico Galletta, e adesso anche secondo i giudici di Piazza Castello, Congiusta sarebbe morto per essere venuto a conoscenza, attraverso una missiva intimidatoria, di un tentativo di estorsione perpetrato da Costa ai danni del suocero Antonio Scarfò. Un'estorsione di cui però nessuno doveva sapere, nessuno; soprattutto la 'ndrina rivale dei Commisso. Sempre secondo l'impianto accusatorio, Congiusta venne a conoscenza delle mire espansionistiche del Costa, proprio dalla bocca della famiglia della sua fidanzata Katia. Costa a breve sarebbe uscito dal carcere ( dove si trovava già recluso per altri fatti ndr) , e quindi avrebbe dovuto "riacquisire" credibilità mafiosa a Siderno e dintorni, senza però che la cosca, quella veramente potente facente capo alla famiglia Commisso, venisse prematuramente a conoscenza dei suoi progetti criminali poiché altrimenti l'avrebbe pagata cara, così come già successo nella sanguinosa faida degli anni '90 in cui la cosca Costa non ebbe di certo la meglio. Una volta appreso che questa lettera circolava, Costa appena uscito dal carcere avrebbe ucciso Congiusta "reo" di averne appreso il contenuto. Dopo la condanna all'ergastolo in primo e secondo grado la Cassazione ha annullato, con rinvio ad un'altra sezione della Corte d'Assise d'Appello, la condanna per l'accusa di omicidio a carico di Costa. Al termine del processo bis per i giudici l'imputato è da
ritenere l'assassino del giovane. La Cassazione aveva rimesso tutto in discussione poiché era necessario, attraverso un nuovo processo d'Appello, espletare alcune ipotesi investigative già analizzate sia dagli agenti del commissariato di Siderno, che all'epoca si occuparono del caso, che durante il processo di primo grado celebrato dinnanzi la Corte d'Assise di Locri. In particolare occorreva togliere qualsiasi dubbio in riferimento a una possibile causale "passionale" all'origine del delitto e anche ad una eventuale causale dettata da un, non meglio precisato, giro di usura in cui la vittima poteva essere coinvolto. Tutto ciò perché erano stati rinvenuti alcuni assegni nella sua disponibilità. Entrambe le piste sono state nuovamente "battute" durante il processo d'Appello bis e adesso la Corte, presieduta da Roberto Lucisano con a latere Marialuisa Crucitti, spiega come, in particolare, il presunto giro di usura, non solo non esiste, ma non è di certo una causale dell'omicidio del giovane imprenditore.
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"Può serenamente affermarsi come nessun elemento emerso nel corso della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale- è scritto nelle motivazioni- abbia consentito di accreditare in modo minimamente apprezzabile alcuna delle causali alternative inizialmente adombrate con riferimento all'omicidio di Gianluca Congiusta. Alla luce del rilievo mosso dalla Corte di Cassazione si è ritenuto di procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale sottoponendo ad esame numerosi testimoni: esponenti delle forze di polizia interessati alle attività di indagine, firmatari e giratari degli assegni trovati nella disponibilità della vittima e soggetti potenzialmente a conoscenza di circostanze legate ai profili segnalati. Orbene, le deposizioni rese nel corso dell'istruzione hanno evidenziato come la vittima, gestore di due centri Tim autorizzati in una zona caratterizzata da dinamiche socio-economiche notoriamente assai problematiche e al contempo noto ( per convergente giudizio dai soggetti esaminati) per la sua disponibilità umana e la sua giovialità, consentisse ai titolari di esercizi commerciali e a molti clienti abituali di acquistare la merce utilizzando il sistema del rilascio di assegni a garanzia o postdatati con il saldo del dovuto ad una fase successiva nella quale stanzialmente i primi avessero ottenuto gli introiti della rivendita della merce ed i secondi avessero avuto l'accreditamento dei compensi mensili a titolo di stipendio o pensione.
Nessuno dei soggetti ha neppure lontanamente adombrato la possibilità che dietro tale sistema di rapporti commerciali si nascondesse un meccanismo di natura usuraria, escludendo recisamente che il Congiusta pretendesse l'erogazione di interessi per il pagamento differito dalla merce ed, anzi, sottolineando come si trattasse di un trattamento di favore che consentiva tanto agli interlocutori commerciali quanto ai privati, in un territorio che non brilla per ampiezza di risorse economiche di ottenere indubitabili vantaggi. E d'altra parte, ci vuole poco a comprendere che se la disponibilità di Gianluca era in buona parte dovuta ad una naturale propensione verso gli altri, tale atteggiamento al contempo gli permetteva di proseguire con profitto l'attività commerciale svolta, dovendone accettare gli inevitabili margini di rischio connessi alla localizzazione territoriale e a rapporti spesso fondati su reciproca fiducia fra le parti. Peraltro, è altresì emerso come ad escludere con fermezza qualsiasi ipotesi di ricorso ad un sistema occulto di prestiti da parte di Congiusta sia stato anche un soggetto che in passato risulta essere stato vittima di usura da parte di organizzazione criminale operante nel territorio della Locride, collaborando con la giustizia nell'individuazione dei responsabili, e che certo non avrebbe avuto remore a riferire in merito ad analoghe prassi soprattutto dopo il decesso del presunto autore di tali condotte illecite. (...) in definitiva tutti gli elementi raccolti concorrono a concludere che, come non di rado avviene, la cosiddetta pista usuraria sia stata solo un'ipotesi di lavoro iniziale, conseguente alle difficoltà nell'espletamento di indagini per l'uccisione, con tipiche modalità mafiose di soggetto ritenuto fino ad allora dalle medesime forze di polizia un giovane imprenditore commerciale di successo estraneo ad ambienti criminali, ma che le verifiche condotte successive abbiano consentito di fare emergere la totale infondatezza di tale possibile causale, di cui va dunque esclusa la perdurante incidenza ai fini delle valutazioni da operare nel presente procedimento".