“Il sindaco di Platì l’ha ammazzato mio fratello”

plati 500di Claudio Cordova - Un'epopea criminale che sembra la sceneggiatura di un film. 'Ndrangheta, traffico di droga, omicidi, affari. Il provvedimento fermo firmato dai pm Antonio De Bernardo e Giovanni Calamita, che ha ricostruito alcuni omicidi della faida di Platì, pone, nuovamente, al centro della scena Pasqualino Marando, boss ucciso quindici anni fa, tra i più grandi narcotrafficanti della storia. Una scia di sangue che i pm antimafia della Procura di Reggio Calabria ricostruiscono grazie, soprattutto, alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in primis Rocco Marando, fratello di Pasqualino.

I pentiti, però, parlano anche di alcuni importanti affari gestiti negli anni da Marando, nonché delle dinamiche di gestione del potere mafioso. E' proprio Rocco Marando a parlare dell'Amministrazione del Comune di Platì, facendo riferimento all'uccisione del sindaco Domenico Di Maio, assassinato a metà degli anni '80:

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" ... omissis

P.M. - Cioè, cosa sa su questo? Su questo del/atto del Comune cosa sa?

TESTE MARANDO - li sindaco Di Maio chi l'ha ammazzato? L'ha ammazzato mio fratello, non l'hanno ammazzato loro.

P.M. - Loro chi?

TESTE MARANDO - Loro, Ciccio Paglia, Francesco Paglia, suo genero. Il comune di Platì loro l'hanno

preso in mano, a Platì e 'è la Forestale che va avanti, andate a vedere ... tutti i caposquadra sono, e chi?

Suo figlio è caposquadra, tutti...

P.M. - Suo figlio di chi?

TESTE MARANDO - Tutti di loro. I figli di Barbaro Rosario e i generi. Se voi andate a vedere la Forestale tutta in mano loro ce l'hanno a Platì. li comune di Platì, loro comandano, hanno sempre comandato.

Nelle oltre 200 pagine del provvedimento di fermo, c'è spazio anche per il narcotrafficante Antonio Femia, da tempo divenuto collaboratore di giustizia. Questi riferisce degli affari di Marando e delle cointeressenze del boss con la famiglia Aquino di Marina di Gioiosa Ionica: "Poi hanno avuto questi problemi perché Pasqualino aveva investito con Peppe Aquino nel Miramare. Nell'hotei Parco dei principi, in tante cose, diciamo che la maggior parte li è di Pasqualino, loro dovevano dei soldi, all'epoca avevano fatto il cambio euro, euro lira e Pasqualino doveva cambiare un sacco di soldi si sono occupati di Aquino cambiarli, li pagavano la percentuale tramite una strada che avevano loro, quando proprio è morto, poi erano rimasti soli indietro da dare e cose dove di Aquino dicevano i averli dati a lui, però Rosi non gli credeva perché dice questi soldi che fine hanno fatto, poi c'era una questione di dollari, dice no li abbiamo lasciati sul tavolo ... abbiamo, c'era tutta questa storia qua, dove Rosi gli promise che la prima cosa che fa appena esce di galera va a trovare loro, neanche a casa ... omissis ... ".

Da ultimo, anche il nipote di Pasqualino Marando, Domenico Agresta, recentemente divenuto collaboratore di giustizia, in un interrogatorio di appena quattro mesi fa, spiega i motivi di rancore di Rosario Barbaro, nei confronti di Marando: "Per come riferitomi sia da mio padre, sia da mio zio Natale (che però era contro mio zio Pasqualino), sia dai miei cugini Agresta (in particolare da Domenico), che da altri miei familiari, i rapporti tra mio zio Pasqualino e Rosario Barbaro erano sempre stati pessimi; preciso che Rosario Barbaro, i Perre, i Barbaro "nigri" avevano il "benestare" a comandare a Platì da parte dei Papalia e dei Barbaro "castani"; questo assetto di potere però non era gradito a mio zio, che tendeva di fatto a comandare su tutti (peraltro aveva lui stesso doti di ndrangheta altissime), non riconoscendo il potere dei Barbaro-Perre e spesso umiliandoli, facendogli pesare il suo maggiore spessore criminale e vessandoli in vario modo,- so, per averlo appreso dalle persone che ho detto prima, che, ad esempio, Barbaro Rosario ed il suo gruppo non potevano nemmeno intraprendere un traffico di droga o importare una partita all 'insaputa di mio zio Pasqualino (se ciò avveniva mio zio li puniva, una volta arrivando a far gambizzare la persona che aveva fornito lo stupefacente), né potevano infiltrarsi in qualche appalto senza il suo consenso (cosa che avvenne in relazione ad una galleria che si stava scavando nella montagna di Platì, allorché mio zio si infiltrò e fece addirittura bloccare i lavori, al punto che rimase un "buco" nella montagna dove noi passavamo con i motorini o dove si facevano passare le pecore al pascolo,· non so se poi questi lavori sono stati completati dopo la morte di Pasqualino); i contrasti erano tali che mio zio Pasqualino fece avvisare Barbaro Rosario ed i suoi accoliti che li avrebbe uccisi e fatti sparire.".