Trattativa Stato-‘ndrangheta dopo la strage di Duisburg: il racconto dei protagonisti

marraantonio 500di Claudio Cordova e Angela Panzera-  Di nomi, tanti. Di responsabilità individuate dalla Dda reggina, al momento nessuna. Ma gli atti a carico di Don Pino Strangio, il parroco di San Luca, e dell’avvocato Antonio Marra portano gli inquirenti a muovere delle accuse che delineano i contorni di una presunta “trattativa” tra Stato e ‘ndrangheta nei mesi successivi alla strage di Duisburg avvenuta il 15 agosto 2007. Strangio e Marra sono entrambi indagati nel procedimento “Gotha”, sulla masso-‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria, e considerati elementi di collante tra alcuni membri delle forze dell’ordine, dei Servizi Segreti e della criminalità organizzata. Già la scorsa settimana, Il Dispaccio ha dato conto delle conversazioni tra Marra e Strangio e il maresciallo Anastasio Fichera e l’uomo dei Servizi, Francesco Dell’Aglio. L’Antimafia reggina archivierà il procedimento a carico degli uomini delle Istituzioni coinvolti, ma nel contempo sono stati “riutilizzati”, dal pm antimafia Giuseppe Lombardo, titolare del filone di inchiesta denominato “Mammasantissima”, per contestare al sacerdote l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Ora, nuovi dettagli emergono sulle manovre portate avanti nei mesi successivi alla mattanza di Duisburg.

Nel maggio 2008, Marra parla al telefono con Dell’Aglio e si lamenta di Fichera, che, a suo dire, dopo una serie di interlocuzioni, in cui sarebbero stati coinvolti anche alcuni magistrati, lo avrebbe di fatto piantato in asso. A detta di Marra, infatti, erano già stati fatti incontri a San Luca ed erano stati presi accordi con alcuni ‘ndranghetisti proponendo a essi vantaggi e favori in cambio di un aiuto per la cattura di alcuni latitanti, tra cui quella di Giovanni Strangio, elemento principale del commando entrato in azione a Duisburg: “Ora sono in un mare di guai perché… per due cose, primo perché là ora, ora non so che cazzo dirgli di tutte le cose che siamo andati a dirgli, e a fare… eee… sembra che poi li abbiamo presi per il culo…”. Marra è preoccupato e all’interlocutore racconta di essere stato sempre un soggetto “a disposizione” del Ros dei Carabinieri, dove Fichera aveva prestato servizio.

Questo nel maggio 2008.

All’inizio dell’anno, quando ancora il nuovo procuratore, Giuseppe Pignatone, non si era insediato, moltissime le telefonate censite dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria tra l’avvocato Marra e Fichera. Il carabiniere chiede informazioni a Marra circa la “trattativa” e, a sua volta, il legale chiede aggiornamenti a don Pino Strangio, circo le interlocuzioni con i “sanlucoti”. Temporalmente, è proprio nel periodo in cui arriva a capo della Procura di Reggio Calabria che il meccanismo, sembra spezzarsi. Un meccanismo che, stando a quanto riferito da Marra in una telefonata-sfogo allo 007 Dell’Aglio, sarebbe stato in piedi per anni: “Ti ricordi quando gli abbiamo aggiustato la cosa di Totuccio Serio?” riferendosi a una non meglio precisata vicenda che avrebbe avuto per protagonista Serio, ritenuto membro di spicco del clan Tegano di Archi a Reggio Calabria.

È lo stesso maresciallo Fichera, interrogato dalla Dda di Reggio Calabria, a raccontare la natura del proprio rapporto ultraventennale con l’avvocato Marra: “Aveva diciamo delle conoscenze, e quindi era una persona che io da allora iniziai a frequentare nelle occasioni… quando c’erano emergenze, cioè quando io ho necessità, avevo necessità e ho avuto necessità di acquisire notizie, di identificare una persona, di avere una spiegazione sulle dinamiche criminali della città o su fatti specifici e… diciamo, mi rivolgevo a lui che, anche se non sapeva materialmente quello che… sapeva con cui mettermi in contatto, con chi… diciamo, come arrivare al risultato investigativo che mi ero prefisso”. Un uomo “di fiducia” viene definito Marra, che avrebbe dato e chiesto informazioni all’Arma, pescando talvolta in ambienti torbidi del panorama reggino.

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Una versione confermata da Francesco Pati, anch’egli carabiniere nella zona di Gallico e Catona, dove Marra era di casa: “Ritengo che io l’abbia sostanzialmente giornalmente utilizzato per qualsiasi situazione che mi serviva ai fini investigativi, e quindi per arrivare a risultanze e dare risposte, quasi giornaliere”. Grazie a Marra, Pati racconta di aver catturato latitanti: “Chirico Domenico. Nel 2002 catturai Fontana Vincenzo, sembra grazie, insomma, alla sua informazione. E poi casi spiccioli, insomma, di situazioni che si verificano in un territorio in cui naturalmente, voglio dire… ricevo da lui, no? Insomma, delle informazioni importanti che molte volte servono poi per incardinare, avendo altre situazioni concrete insomma, da poter poi sviluppare, eccetera… in qualche occasione sono state molto utili”.

Nel territorio di Gallico sarebbe stato fondamentale: “Guardi, io conoscendo l’individuo e la persona… che comunque ha contatti… penso a qualsiasi livello istituzionale, quindi… comunque… posso fare un esempio, non so… la mattina prende il caffè col Prefetto… con altri… voglio dire persone del suo stesso… imprenditori… e quindi indagati con cui lui ha a che fare” afferma Pati ai pm.

Ecco, quindi i contatti relativi all’area jonica della provincia di Reggio Calabria, dopo la strage di Duisburg: “Eravamo in un territorio dove non sapevamo che pesci pigliare noi da qua… perché un territorio dove avevamo lavorato là, quindi dovevamo penetrare, dicevo avevamo necessità di penetrare nel territorio…”. Così Fichera, sapendo dei rapporti di Marra con don Pino Strangio, inizia il rapporto confidenziale: “Quindi gli chiesi – racconta ai pm – se, visto il bordello che era successo, visto quello che c’era… diciamo la situazione che è stata creata a San Luca, se era possibile che, diciamo agganciare, tramite don Pino arrivare ad altri, per penetrare nel tessuto criminale di San Luca”. E così vengono presi i contatti con don Pino Strangio, parroco di San Luca: “Per una questione pastorale, cioè perché lui diciamo… a lui gli interessava la pace diciamo a livello pastorale, quindi… che le cose si acquietassero, che venissero presi i latitanti, che… che… diciamo che si toglieva la… la feccia dalla strada e così ritornava la normalità”. Così, dunque, i Carabinieri provano a penetrare a San Luca: protagonisti, oltre a Fichera, anche il maresciallo Francesco Pati, un altro militare in contatto con Marra. A Polsi, Fichera e Pati avrebbero incontrato un tale ‘Ntoni: “Ci siamo allontanati, ci siamo appartati e mi rappresentarono… cioè che loro iniziavano il discorso, che quindi avevano… che anche loro volevano che chi era colpevole venisse… si togliesse dalla strada… io gli dissi che il mio obiettivo era Strangio Giovanni, perché era una cosa interessava a tutti, interessava al Governo… interessava… per una questione internazionale”.

Una circostanza confermata anche da Pati che ai pm antimafia ricorda, seppure in maniera confusa, di aver sentito parlare di detenuti da trasferire. Inizialmente, tuttavia, da San Luca si vuole volare basso. Viene quindi proposta al Ros la cattura di due latitanti di media caratura, senza arrivare al pesce grosso, Giovanni Strangio: “L’avvocato confidenzialmente mi ha detto che Anastasio (Fichera ndr) era stato estromesso dall’indagine e quindi gli aveva… gli era saltata ‘sta cosa, lui aveva, voglio dire avuto sti rapp… temeva sti discorsi di San Luca perché si era esposto per… per questo nostro collega” afferma Pati. Il carabiniere dice di essersi recato a San Luca in maniera autonoma e non sa riferire se Anastasio Fichera avesse qualche investitura dall’alto per trattare con don Pino Strangio e i “sanlucoti”.

Poi, don Pino cerca il contatto con la magistratura. Dal racconto di Fichera: “Mi disse che aveva due libri della Madonna di Polsi là, credo che sia per il suo venticinquesimo anniversario della… di sacerdozio, una cosa del genere, che voleva regalare al dott. Gratteri e al dott. Mollace. Dice ‘mi puoi accompagnare perché io non ci so arrivare’ io ho detto sì, non c’è problema. Mi sono allontanato con una scusa, ho chiamato il dott. Mollace al telefono, gliel’ho detto, ho detto ‘guardi dottore c’è don Pino’, ha detto ‘sì, fallo salire che non c’è problema’. Siamo saliti sopra, si sono incontrati col dott. Gratteri nel corridoio, si sono salutati, gli hanno dato un libro, tutto diciamo nella massima normalità, no? “. Nei viaggi all’interno della Procura di Reggio Calabria, si accoda anche Marra: “Siamo arrivati davanti all’ufficio del dott. Mollace, mi ha detto ‘un attimo che sto firmando, adesso vi apro’. Quindi siamo rimasti… mentre eravamo in attesa vidi che il dott. Gratteri… ho avuto l’impressione quasi che mi voleva dire qualcosa, non… niente sono entrato 30 secondi e gli dissi ‘dottore, guardi per quell’operazione… penso che lunedì avremo un bel risultato’, basta. Dice ‘sì ma… ma il colonnello?’, dissi ma il Colonnello era in ferie, disse ‘vabbè, allora venite lunedì col Colonnello, tranquillamente, senza…”.

Gratteri, comunque, non sarebbe stato a conoscenza dell’operazione portata avanti da Fichera. È lo stesso Carabiniere a riferire di non aver detto nulla al magistrato.

Ma la visita di don Pino continua: “Entrammo dal dott. Mollace, gli abbiamo dato consegna del libro, il dott. Mollace ha ringraziato, dopodiché siamo scesi tutti quanti di nuovo al bar… i tre, più il dott. Mollace, con la scorta chiaramente… e che gli ha offerto… diciamo, l’ha ringraziato del libro e gli ha offerto il caffè a don Pino. Dopodichè siamo rimasti con don Pino che lui mi avrebbe fatto sapere”.

Così, dunque, Fichera si reca a Polsi e il 30 aprile 2008 relaziona ai suoi superiori: “Il ruolo di Marra – spiega alla Dda – era di agevolare la… la mia, diciamo la mia penetrazione nel tessuto criminale di San Luca, per avere quante più informazioni possibili”.

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La prima parte dell'inchiesta del Dispaccio: http://ildispaccio.it/primo-piano/132737-dopo-la-strage-di-duisburg-una-trattativa-stato-ndrangheta