Le due facce delle donne di Rosarno: chi comanda il clan e chi lo denuncia

spanoaurora500di Angela Panzera - "A proposito di Rita Stefania Secolo il Tribunale non può che tributare onore al coraggio di questa giovane donna che, a differenza di altri, anche nel contraddittorio delle parti ha continuato a sostenere le accuse rivolte ad Aurora Spanò (nella foto) e ai suoi familiari, pur dichiarando di temere per l'incolumità propria e per quella dei propri familiari, "perché bene o male si sa chi è la signora...non è una persona molto, come dire, gentile". È raro leggere attestazioni di stima da parte dei giudici nei confronti di testimoni di un processo, considerato che molto spesso in aula sfilano persone le quali "non sanno niente, non hanno visto e non hanno sentito nulla". Ma se la Dda è riuscita ad assicurare alla giustizia il boss Giulio Bellocco, la moglie Aurora Spanò e i loro figli, ricostruendo per la prima volta l'operatività della cosca a San Ferdinando, lo devono soltanto ad una persona: Stefania Rita Secolo. Una donna che non si è piegata al volere della 'ndrangheta e ai magistrati non solo ha raccontato la verità, ossia che i suoi fratelli erano sotto usura dai Bellocco, ma è anche andata "contro" alla stessa volontà dei suoi familiari che pur essendo vittime dello strapotere del clan, hanno sempre negato tutto fino a beccarsi una condanna per favoreggiamento. Su Rita Stefania Secolo il Tribunale di Palmi, nelle motivazioni della sentenza del processo "Tramonto", lo ha ribadito più volte: "Rita Stefania secolo è una testimone assolutamente credibile e attendibile". È stata l'unica che si è ribellata ai Bellocco, proprio come Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia uccisa nell'agosto del 2011 dopo aver deciso di collaborare con la magistratura. Ed è stato anche per Maria Concetta Cacciola che la Secolo non ha indietreggiato di un millimetro. Lo ha fatto, oltre che per sete di giustizia, anche per la sua memoria ed è stata l'unica a non infangarla. Persino i genitori della Cacciola hanno voltato le spalle alla propria figlia, ma Rita Stefania Secolo no. Con la Cacciola si era confidata e aveva chiesto aiuto, un aiuto che si è concretizzato in confidenze e amicizia. La Cacciola infatti, sarà uno dei testimoni chiave di questo processo e se non l'avessero uccisa, sicuramente avrebbe anche lei detto la verità in Tribunale, proprio come l'amica Stefania. Due donne, Maria Concetta e Stefania, che sono andate contro la 'ndrangheta, contro le proprie famiglie, per liberarsi dalla loro morsa asfissiante.

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"Le risultanze istruttorie- scrive il Tribunale di Palmi presieduto da Concettina Epifanio- confermano senza possibilità di smentita l'assoluta veridicità di quanto si è appreso, attraverso le dichiarazioni di Maria Concetta Cacciola e Rita Stefana Secolo, circa le attività delittuose poste in essere da Giulio Bellocco e Aurora Spanò e dai loro figli. Va qui detto che i soggetti comunque coinvolti, da carnefici o vittime, nella vicenda usuraria ed estorsiva in esame hanno sempre negato la verità dei fatti raccontati, di prima mano, dalla Secolo, e de relato dalla Cacciola. Sia l'imputata Spanò, sia i fratelli Antonio e Gaetano Antonio Secolo, hanno infatti dichiarato di neppure conoscersi fra loro e di non avere mai avuto rapporti di alcun genere. Circostanza categoricamente smentita, coltre che dal narrato di Rita Stefania, dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche". Il 20 novembre dello scorso anno il Collegio ha infatti condannato a 25 anni di carcere Aurora Spanò e a 18 anni il boss Giulio Bellocco. Se per quest'ultimo, il Tribunale ha disposto che sia riconosciuto come "semplice" affiliato alla 'ndrina, di contro i giudici hanno sancito che a reggere le redini della cosca è la sua consorte. La Spanò, stando alla sentenza di primo grado, è persino più potente del marito. È lei che a San Ferdinando avrebbe architettato in ogni minimo dettaglio le strategie criminali da perpetrare ai danni di imprenditori e cittadini, stretti, presumibilmente, dalle sue grinfie laccate e proprie di una donna alla moda, che non avrebbero esitato a soffocarli in nome della divinità mafiosa dell'usura. E la donna, storica compagna del boss, "ripudiata" dai più blasonati parenti poiché in passato giù coniugata e parente di un Carabiniere- una vera "onta" a Rosarno- non avrebbe esitato a riprodurre i modelli criminali propri della famiglia del marito. Ed è per questo che, stando all'ipotesi accusatoria sostenuta durante le indagini dal pm antimafia Matteo Centini, Luca Miceli e Giovanni Musarò- adesso in servizio presso la Dda di Roma- avrebbe piegato gli imprenditori Secolo di Rosarno.

Sarà proprio Stefania Secolo a confermare alla Dda che la Spanò e Bellocco, valevano entrare in possesso di alcuni appartamenti della sua famiglia. Avrebbero concesso un prestito, con tassi usurari, di 600mila euro-lievitato poi ad un milione tondo tondo- ad uno dei suoi fratelli. I Secolo però, non riescono a pagare ed è per questo che i Bellocco vogliono i loro immobili. Stefania non si piega e denuncia tutto; l'Antimafia fa il punto sull'inchiesta facendo scattare le manette ai polsi dei presunti responsabili, puniti duramente dal Tribunale. Alla sbarra però, c'erano sono anche i fratelli di Stefania, Antonio, Gaetano e Maria Grazia. Antonio e Gaetano Secolo sono stati condannati a 3 anni di carcere, mentre Maria Grazia Secolo a 1 anno e 6 mesi, pena sospesa. Secondo la Dda, e anche secondo i giudici, i tre Secolo avrebbero preferito soccombere al diktat dei Bellocco piuttosto che aiutare gli investigatori a farli uscire da quella morsa mafiosa. Ed è per questo che sono stati riconosciuti colpevoli di favoreggiamento. Favoreggiamento al clan che li avrebbe messi in ginocchio. Stefania Secolo, difesa dal legale Giuseppina Bagalà, diceva la verità. Adesso è il Tribunale che lo certifica. All'esito del dibattimento fu inoltre, esclusa dal Tribunale l'aggravante mafiosa per i due vigili urbani del Comune di San Ferdinando, Giuseppe Stucci e Giuseppe Spanò, difeso dal legale Guido Contestabile, puniti con 3 anni e 3 mesi di carcere. Assolti in toto invece, Vincenza Bellocco, Antonio Napoli e Vincenzo Piromalli.

Ritornando alla motivazioni della sentenza "Tramonto" il Collegio scrive senza mezzi termini che " il dibattimento ha svelato, senza possibilità di dubbio, che era proprio Aurora Spanò a dare ordini e comandi al gruppo dei Bellocco di San Ferdinando, ben consapevole della loro appartenenza, per legami parentali e per condivisione del programma criminoso e della mentalità mafiosa, ai Bellocco di Rosarno; era lei che dirigeva e assumeva iniziative perché il gruppo si radicasse ancor di più nel territorio, assumendone un controllo capillare e costruendo con l'illegalità un impero, per usare le sue stesse parole". Sulla la posizione del boss Giulio Bellocco i giudici la definiscono una "presenza muta eppure mai così eloquente come quando nella cucina di casa sua tutte le volte in cui l'ineffabile Aurora convocava presso di sé Rita Stefania Secolo, minacciando sfracelli se i suoi fratelli non avessero onorato il debito usurario. Egli stava lì, quieto e zitto ma non per questo meno minaccioso e temibile della sua logorroica compagna, per rafforzare il peso delle minacce esplicitamente proferite da lei. Giulio Bellocco non ha bisogno di aprire bocca per intimidire: egli è ben consapevole di qual è il suo peso specifico in quel di Rosarno e San Ferdinando; ben sa che il suo nome, al pari del nome di colei che fieramente rivendicava di essere una Bellocco, anche se non sposata, evocava terrore e omertà. Anzi è proprio l'imputato, taciturno e silente, ma sempre presente accanto alla sua donna, a conferire a lei un "calore criminale aggiunto. La Spanò ne è pienamente consapevole: è l'apparentamento con i Bellocco, cui appartiene il compagno della sua vita, a fare di lei agli occhi della comunità non una "semplice" usuraia, ma la boss (...) E così nella vicenda Secolo l'imputato, pur senza nulla dire e pur senza nulla fare, calca la scena da comprimario e, con la sua sola presenza, sprigiona una capacità intimidatoria tale che la povera Rita Stefania percepisce, terrorizzata, che il non piegarsi alle esplicite pretese estorsive della Spanò significa mettersi contro i Bellocco". Ma Rita Stefania Secolo ha coraggio e anche se questo si è tradotto nel puntare il dito contro la 'ndrangheta e mettersi "contro" i suoi fratelli, che hanno preferito soccombere e mentire, ha scelto di dire la verità e di affidarsi alla giustizia. Rita Stefania Secolo è sinonimo di quella Calabria che si ribella allo strapotere della mafia, di quella Calabria sana e pulita che tutta la gente si merita.