“Politica di Caridi piegata a Paolo Romeo e Giorgio De Stefano”

caridiantonio senato 500di Claudio Cordova - Sarebbe uno degli strumenti attraverso cui la cupola segreta della 'ndrangheta avrebbe infiltrato le Istituzioni: prima il Comune di Reggio Calabria, poi la Regione, infine, addirittura, il Parlamento. Il Tribunale della libertà ha depositato le motivazioni con cui ha rigettato le argomentazioni difensive, lasciando dietro le sbarre il senatore Antonio Caridi, nel carcere di Rebibbia da alcune settimane dopo il voto favorevole di Palazzo Madama. Caridi è stato coinvolto nell'inchiesta "Mammasantissima", con cui il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, è convinto di aver scoperto la componente occulta della 'ndrangheta, capeggiata, tra gli altri, dagli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano.

La difesa di Caridi (che fin qui si è chiuso nel silenzio assoluto davanti all'Autorità Giudiziaria) aveva tentato di smontare le risultanze investigative: quei rapporti con la cosca De Stefano di Reggio Calabria, ma anche con i clan Pelle e Morabito e di altri clan della jonica: "Caridi è, fin dal 2000, un soggetto che riesce a coagulare su di sé l'appoggio delle cosche De Stefano-Tegano, Morabito e Iamonte" sono le parole trancianti del Collegio. Ma la difesa aveva tentato di confutare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Roberto Moio, Consolato Villani, Marco Marino, Nino Fiume Giovanni Battista Fracapane e Salvatore Aiello, tutti concordi nel ritenere il senatore del Gal un uomo delle cosche.

Dichiarazioni che il Collegio presieduto da Natina Pratticò scandaglia minuziosamente e considera attendibili e riscontrate. Caridi, in particolare, sarebbe riuscito a gestire le assunzioni all'interno delle società miste del Comune di Reggio Calabria, Multiservizi e Leonia: sul punto sono concordi le dichiarazioni dei collaboratori Moio, Villani e, soprattutto, Aiello, direttore operativo della Leonia, che si occupava della raccolta dei rifiuti negli anni del "Modello Reggio". Quel "Modello Reggio" che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato ispirato dalla mente sopraffina di Paolo Romeo e Giorgio De Stefano: "La capacità di Caridi di 'fare politica' e raccogliere consenso elettorale viene piegata alle esigenze della direzione strategica della 'ndrangheta, incarnata da Paolo Romeo e da Giorgio De Stefano e con la quale interagisce, oltre che l'odierno indagato, anche Alberto Sarra e altri esponenti politici che, a vario titolo, secondo il disegno di Paolo Romeo, si sono resi protagonisti della vita politica cittadina".

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Dalla grande forza della cupola segreta della 'ndrangheta, Caridi si sarebbe abbeverato per il proprio percorso politico, nato all'inizio degli anni 2000, con l'ascesa del centrodestra a Reggio Calabria: "L'unico tra i prescelti di quel momento, peraltro, ad assurgere al massimo scranno politico, quello di parlamentare. A riprova delle sue capacità di sapersi muovere con accortezza e di rimanere sempre a disposizione" scrive il Tribunale della libertà.

Nasce così il "Modello Reggio" del centrodestra di Giuseppe Scopelliti: "L'appoggio in favore di Scopelliti non avviene perché Romeo e sodali abbiano una reale passione politica per la destra, in quel frangente rappresentata proprio da Scopelliti. Paolo Romeo e Sodali avevano 'scelto' Scopelliti per quella funzione in quanto soggetto più agevolmente controllabile ed in grado di meglio prestarsi al conseguimento degli obiettivi prefigurati dalla direzione strategica della 'ndrangheta. Ciò doveva avvenire attraverso un gruppo di consiglieri all'uopo scelti da Romeo in grado attraverso il metodo della polemica interna sui grandi temi di indirizzare l'agire politico del Comune di Reggio Calabria" scrive il Collegio.

Caridi, inizialmente assessore all'Ambiente del Comune di Reggio Calabria, sarebbe stato funzionale proprio a questo progetto. Nel provvedimento firmato dai giudici del Tdl sono richiamate le numerose intercettazioni in cui Romeo prefigura a Caridi il ruolo politico che questi avrebbe dovuto avere all'interno dell'Amministrazione guidata da Scopelliti. Strategie politiche (e, secondo gli inquirenti, criminali) che Romeo concorda con i suoi più stretti amici, i politici Umberto Pirilli, Giuseppe Valentino e Alberto Sarra (quest'ultimo arrestato con la medesima accusa di Caridi): "Romeo, quindi, rivelando tutto il baricentrismo che ne connota l'agire nella fase politica, egli essendo stato non soltanto l'uomo che provvedeva ad individuare liste e candidati da presentare ma anche quello in grado di condizionare l'amministrazione e di imporre ogni passaggio necessario agli scopi per cui agiva".

Siamo agli albori di una nuova stagione politica, dopo gli anni di Italo Falcomatà. E quella stagione, secondo i giudici, sarebbe stata totalmente influenzata dal gruppo di Paolo Romeo: "Il dato che più impressiona è come quelle scelte siano state determinanti per la vita e la gestione della cosa pubblica in questa città, e provincia, per il decennio successivo" scrive il Collegio. Una città controllata da Paolo Romeo, capace di far interagire 'ndrangheta, politica e mondo dell'imprenditoria: "A dominare sarebbe stato il solito gruppo di esponenti politici e, fra costoro, una fulgida carriera avrebbe avuto Caridi, già allora, a questo punto non a caso, richiamato da Romeo e dagli uomini a lui vicini a 'onorare la cambiale' che aveva firmato nel momento in cui aveva accettato, evidentemente in forza dei pregressi e consolidati rapporti con la famiglia De Stefano, di porsi sotto l'ombrello protettivo di Romeo e di divenire, in tal modo, esecutore delle direttive di costui, volte all'etero controllo della cosa pubblica".

Il Collegio, tuttavia, ritiene opportuno precisare che Caridi mostra di saper interagire con tutte le espressioni della 'ndrangheta unitaria. Infatti, a conferma delle acquisizioni giudiziarie degli ultimi anni, egli, nel corso della sua carriera politica, avrebbe usufruito di un costante appoggio da parte delle diverse articolazioni della 'ndrangheta, pur sempre collegate a quella che è la principale espressione del crimine organizzato: la famiglia De Stefano. Per questi motivi, il Tribunale ritiene che il comportamento di Caridi "sia riconducibile nell'ambito dell'attività tipica del vero e proprio partecipe all'associazione mafiosa".

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