Così la minorenne di Melito Porto Salvo uccise la madre per rimproveri e divieti

melitoportosalvovista 500di Angela Panzera - "La minore, che aveva già palesato acredine verso la figura materna, rea a suo dire di no riuscire a contenere l'ira del marito, perché troppo debole e incapace di tutelarla, aveva subito proprio da tale genitore una punizione evidentemente percepita cosi odiosa ed ingiusta da indurla ad una successiva reazione tanto sconsiderata nei suoi confronti. In altri termini, l'univoco quadro indiziario induce ad individuare al movente dell'omicidio, nel mancato riscontro di situazioni di maltrattamento intrafamiliare, nei dissidi con la madre provocati dall'annuncio della prevedibile bocciatura (da datarsi nel mese di aprile 2015), nella privazione anche temporanea del mondo virtuale cui la ragazza destinava la maggior parte del suo tempo e nella annunciata proibizione delle vacanze a Cesenatico: compresso di situazioni che, in uno con la percepita mancanza di tutela rispetto all'iracondia del padre, verosimilmente alterava il già facile equilibrio emotivo della giovane, scatenando l'idea di una violenta e istintiva risposta nei confronti della genitrice, in un crescente risentimento". È racchiuso in queste poche righe il movente dell'omicidio di C.P, 44 anni, di Melito Porto Salvo, per cui il sei luglio scorso sono stati inflitti 14 anni di carcere, all'esito del processo svoltosi con rito abbreviato, alla minorenne accusata di aver ucciso la madre con un colpo di pistola. A metterlo per iscritto sono i giudici del Tribunale per i minorenni, Roberto Di Bella presidente ed estensore, con a latere i giudici onorari Vittorio Blasa e Francesca Praticò.

Il delitto risale al 25 maggio dello scorso anno ed è stato perpetrato con un colpo d'arma da fuoco sparato da distanza ravvicinata alla tempia della donna che è morta all'istante. All'inizio, il caso era stato derubricato a suicidio, ma le indagini compiute dai Carabinieri di Melito Porto Salvo, dirette dal capitano Gianluca Piccione, e dal pm reggino Antonella Crisafulli e successivamente dal procuratore minorile Giuseppina Latella, sono proseguite a ritmo serrato. Al momento di quello che sembrava inizialmente essere un suicidio, infatti, all'interno dell'abitazione, oltre alla vittima, vi era soltanto la figlia. Era stata quest'ultima ad allertare lo zio materno, riferendo che qualcuno aveva sparato alla madre. Nel corso di tutta la notte poi e nei giorni successivi, la giovane veniva più volte sentita dagli investigatori e numerose sono state le incongruenze dagli stessi riscontrate nel fantasioso narrato della studentessa, a partire dalla descrizione del fantomatico killer che avrebbe avuto un'altezza di oltre due metri. La donna venne trovata riversa su un fianco, sul letto della propria camera e, con vicino al corpo, una pistola che risulterà, successivamente essere appartenuta al marito. L'immediata ispezione cadaverica ed il successivo esame autoptico avevano nel frattempo escluso che la donna si fosse tolta la vita da sola. I successivi accertamenti tecnici, svolti con l'ausilio del R.I.S. di Messina, hanno poi permesso di far luce sulla vicenda e di sconfessare la ragazza che, da subito, e anche nelle altre occasioni, aveva sempre negato, in modo categorico, di aver mai maneggiato quell'arma.

Difatti, già i risultati dell'esame dello Stub, fatto nell'immediatezza sulla ragazza, avevano fatto emergere evidenti tracce univocamente indicative dell'avvenuto sparo ad opera della stessa.

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Ciò che poi ha consentito di chiudere il cerchio attorno alla giovane studentessa è stato infine il risultato degli accertamenti dattiloscopici che hanno certificato la presenza di ben tre impronte parziali sull'arma, una delle quali risultata appartenere, senza ombra di dubbio alcuno, al dito indice della mano della ragazza. La giovane, sulla base degli elementi raccolti, avrebbe agito con lucida freddezza e con premeditazione. Il movente pare sia riconducibile ai frequenti rimproveri da parte della madre per il cattivo andamento scolastico della figlia culminati con il divieto categorico dell'utilizzo del telefono cellulare e soprattutto del computer, con il quale la ragazza, pare, passasse parecchio tempo collegata a noti social network. Da qui sarebbe maturata la decisione di uccidere la madre.

" Nelle prime ore del 25 maggio 2015 la minore- dopo una notte verosimilmente agitata e in un contesto familiare non sereno, è scritto in sentenza, che nelle ultime settimane si era inasprito nei suoi confronti per l'ennesima bocciatura- matura istintivamente l'idea di punire la madre, approfittando dell'assenza del padre per motivi di lavoro, nell'ovvia consapevolezza della presenza in casa dell'arma e delle munizioni del genitore, che era solito non portarle a lavoro. L'idea si accendeva nella mente della ragazza già dal pomeriggio, quando aveva modo di rivedere il marsupio del padre in occasione dell'attività di sistemazione della scarpiera svolta insieme alla madre, e prendeva corpo in modo consistente nelle ore notturne, verosimilmente dopo un ennesimo litigio con la genitrice, che in più occasioni e con diverse persone si era lamentata della condotta della figlia. Approfittando dell'assenza del padre e della circostanza che la madre dormisse, la minorenne nel pieno della notte e senza la necessità di accendere la luce, tenuto conto della perfetta conoscenza dei luoghi, prelevava dal marsupio nella scarpiera la pistola caricandola con i due proiettili lasciati dal genitore in altre parti della casa, verosimilmente dopo aver svuotato dai proiettili d'ordinanza il caricatore. Entrata in silenzio nella stanza della madre, senza accendere la luce e approfittando del chiaroscuro, sparava- in un moto di risentimento verosimilmente acuito dal travaglio notturno- un solo colpo in direzione della testa e da una distanza di circa 40-50 cm. Il rumore dell'esplosione dell'arma da sparo e il (verosimile) rantolo della vittima avevano l'effetto di risvegliare dal lucido torpore emotivo la giovane, che acquisita la piena coscienza di quanto fatto abbandonava immediatamente la pistola ai piedi del letto e si allontanava dalla stanza. Le fasi successive sono sicuramente scandita dalla richiesta di aiuto allo zio, verosimilmente operata in uno stato di confusa emozione e (forse) nel disperato tentativo di salvare la madre, oltre che di allontanare da se ogni possibile sospetto. Resta il dubbio, non dissipato dall'accertamento autoptico, che la ragazza abbia potuto ritardare i soccorsi, al fine di lavarsi e ripulire l'arma da possibili impront4. Orbene tale ricostruzione è l'unica plausibile sulla scorta degli elementi di contorno acquisiti e depone per un dolo diretto della ragazza".

Ampia parte delle motivazione del Tribunale per i minorenni sono dedicate alla circostanza se la giovane fosse o meno imputabile e quindi punibile per l'efferato omicidio. E questo per via della "banalità" del movente e il vissuto della giovane. "Dalle conclusioni rassegnati dagli esperti interpellati, dal complesso delle informazioni fornite dagli operatori dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia e dal comportamento processuale può inferirsi che la capacità di intendere e di volere della giovane non era, al momento del fatto compromessa, in quanto la medesima non presentava disturbi psichiatrici o un grado di immaturità di rilevanza tale da incidere sulla sua determinazione a delinquere(...) L'assenza di segni psicopatologici di grossolane alterazioni del pensiero e dell'ideazione, in uno con la segnalata capacità di contenere le emozioni, non appaiono di rilevanza tale da ritenere esclusa la capacità di intendere e di volere della giovane, e quindi, la sua imputabilità(...) aggiungasi che l'imputata ha manifesto un comportamento processuale compatibile con un normale sviluppo psico-fisico, modulando la strategia difensiva in relazione al progressivo emergere delle informazioni a suo carico, in un alternarsi di menzogne e verità, che lungi dall'essere di una patologia conclamata e comunque di immaturità rilevante, appare sintomatico di un'apprezzabile capacità di discernimento e determinazione consequenziale. In altri termini, la circostanza che la giovane ha avvertito lo zio simulando nell'immediatezza la presenza di un terza persone in casa e l'ulteriore rilevo che la stessa ha saputo mantenere nel tempo- con gli aggiustamenti modulati in relazione alle progressive emergenze probatorie- la medesima versione difensiva, resistendo alle pressioni dagli stessi familiari e a quelle del processo, non lasciano spazio ad interpretazioni alternative".

La minorenne era capace di intendere e di volere al momento dell'omicidio, ma ciò non toglie che avesse comunque una "personalità complessa". Il perito psichiatrico, il professore Ugo Sabatello, nelle sue conclusioni evidenziava che "la giovane è una ragazza di 18 anni che non presenta attualmente disturbi definiti di natura psichiatrica né vi sono informazioni che possano far supporre che, al momento del reato ella si trovasse in uno stato patologico o alterato"(...) Segnalava poi che "al di là di un tono dell'umore depresso e di un'immagine di sé deficitarie e narcisicamente poco investita, aspetti questi già percepibili clinicamente, dalla valutazione testologica emerge un significativo deficit dell'esame di realtà, una povertà linguistica e culturale, un intenso negativismo con la presenza di affetti rabbiosi e risentiti, la confusione sui propri sentimenti e un atteggiamento ipervigile (ovvero persecutorio) nei confronti della realtà, questi aspetti, se da un lato potrebbero attagliarsi ad un generico individuo in fase adolescenziale e, quindi, di ridefinizione identitaria, assumono per la minore- non tanto per la loro presenza, ma per la loro dimensionalità- una rilevanza problematica che non giunge però ( vista la negatività dell'esame psichiatrico) una condizione di interesse clinico".

Il prof. Sabatello però nella sua perizia, dopo la consultazione della documentazione sanitaria dell'istituto di detenzione, analizza un aspetto non di poco conto: la minore deve essere guardata a vista per scongiurare qualsiasi gesto suicida: "l'impressione clinica, scrive l'esperto, è di un soggetto coartato, con umore depresso che percepisce l'ambiente come pericoloso" e aggiungeva che "le risultanze testologiche rendono maggiormente evidente la presenza di un'ideazione suicidaria, a cui si accosta il tono dell'umore depresso ed un esame di realtà fortemente compromesso, che rendono necessaria un'attenta sorveglianza della ragazza, così come necessari risultano gli interventi sanitari già intrapresi". In particolare, il professore ribadiva la necessità di mantenere un regime di attenta sorveglianza, così come già in atto, in quanto "la minore si presenta come evitante e poco disponibile all'accesso dell'altro, atteggiamento che può rendere complesso comprendere la gravità del suo malessere, anche considerando che, in parte, essa tende a mascherarlo".

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La condanna a 14 anni: http://ildispaccio.it/reggio-calabria/114620-uccise-madre-per-rimproveri-e-divieti-14-anni-a-minorenne-di-melito-porto-salvo