Giusti e il "mercimonio della funzione”. Le carte milanesi svelano il ruolo occulto del magistrato

 

togadi Claudio Cordova - Con la Indres Immobiliare, di cui sarebbe stato socio occulto, il magistrato Giancarlo Giusti, si sarebbe aggiudicato cinque lotti oggetto di una procedura di cui era stato giudice esecutore. A distanza di settimane dall'arresto del magistrato, accusato dalla Dda di Milano di collusione con la famiglia Lampada, satellite del più potente clan Condello, emergono nuovi particolari sulle circostanze che i pm coordinati da Ilda Boccassini contestano a Giusti.

Costituita nel novembre 2008, la Indres Immobiliare amministrata e posseduta in via totalitaria dall'avvocato Vincenzo Minasi, sarebbe stata, invece, nella concreta disponibilità di Giancarlo Giusti, Giulio Lampada, Vincenzo Giglio e Fabio Pullano, nominato perito nella procedura, poi non conclusasi a causa del mancato versamento del denaro complessivo per l'acquisto.

Giudice delle esecuzioni civili, giudice delegato ai fallimenti, giudice civile e penale, poi applicato alle Misure di Prevenzione, giudice monocratico e gip. Tante le funzioni ricoperte, nell'ambito di una decina d'anni, da Giancarlo Giusti. Funzioni in cui il magistrato avrebbe preso più di una decisione quantomeno sospetta: come quando avrebbe nominato, come amministratrice dei beni del boss Antonio Pelle, Anna Polimeni, cugina di Giulio Lampada e proprio da lui caldeggiata per il nuovo incarico. "Un mercimonio della funzione", come scrive il Gip di Milano, Giuseppe Gennari, che Giusti avrebbe messo in atto prima o dopo aver beneficiato di viaggi e soggiorni gratis a Milano, ma anche prestazioni sessuale con prostitute dell'Est.

Tutto pagato dai Lampada tra il 2008 e il 2009.

La figura di Giusti emerse già nelle carte che, sul finire del 2011, portarono in carcere personaggi come il consigliere regionale Franco Morelli, o il giudice Enzo Giglio, magistrato piuttosto noto a Reggio Calabria. In quell'occasione Giusti, oltre a balzare all'attenzione per frasi come "dovevo fare il mafioso non il giudice", fu iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di corruzione aggravata dalle modalità mafiose. Ma la posizione di Giusti si è aggravata nel corso dei mesi a causa delle dichiarazioni rese dagli indagati: l'avvocato Vincenzo Minasi, e il presunto boss Giulio Lampada. Rapporti, quelli confermati anche dalle dichiarazioni, che il Gip Gennari stigmatizza senza mezzi termini: "Giusti intrattiene una comunanza di interessi con i Lampada che ruota attorno ad iniziative immobiliari e che si accompagna alla messa a disposizione del giudice per ogni esigenza".

La vera protagonista delle contestazioni mosse a Giusti è dunque la Indres Immobiliare, la società di cui sarebbe stato socio occulto insieme ai Lampada. La Indres, infatti, partecipa alle aste del Tribunale di Reggio Calabria, proprio mentre Giusti opera, da magistrato, in quel settore: "Vennero le quattro persone: Giglio, Pullano, Giusti, e nessun altro – dice l'avvocato Minasi al pm Alessandra Storaci – A questo punto mi hanno meglio specificato l'intervento che volevano fare e questo intervento ho capito che non riguardava soltanto dei terreni, ma riguardava più in generale degli interventi da fare presso il Tribunale di Reggio Calabria. In quanto in quella sede mi si presentò questo Pullano come una persona che faceva le perizie al Tribunale, e quindi era incaricato dal Tribunale di fare le perizie degli immobili, quindi evidentemente se ci fosse stato qualche immobile appetibile, diciamo qualche immobile degno di rilievo, lui praticamente aveva le mani in pasta; questo per quanto riguarda Pullano. Per quanto invece riguarda Giusti, addirittura era lui che dava le perizie a questo Pullano, quindi chiaramente c'era questa...". Lo stesso Giusti, a detta di Minasi, avrebbe, insieme al medico Giglio, insieme all'architetto Pullano, e a Giulio Lampada, alla costituzione della società: "la famosa Indres S.r.l. nasce dal nome della all'epoca amante del Giulio Lampada, ed eravamo presenti tutti" dice l'avvocato Minasi ai pm.

Attraverso la Indres, dunque, i quattro soci occulti (Minasi era l'unico a figurare ufficialmente) si sarebbero aggiudicati quattro lotti, uno ciascuno. Ancora dal racconto dell'avvocato Minasi: "Cioè in buona sostanza erano quattro lotti e, da quello che ho potuto capire e comprendere, ognuno si era preso un lotto. Giusti si era preso il lotto di un terreno edificabile vicino al Tribunale; Giglio, non so se Mario o Vincenzo, ma diciamo la parte di Giglio si era preso un terreno con una casetta a Bocale o... insomma vicino al mare; Pullano ha questo terreno fronte Scilla e Giulio Lampada un pezzettino di terra con annesso fabbricatino a Reggio Calabria". Un affare che, a detta di Minasi, non si concretizzerà perché i soggetti in questione si sarebbero accorti di essere stati raggirati da Pullano, definito da Minasi "un imbroglione".

Ma gli affari occulti non si esaurirebbero con la Indres Immobiliare. Tramite lo stesso avvocato Minasi, una vera e propria eminenza grigia, i "soliti noti", Lampada, Giglio, Pullano e, appunto, Giusti, avrebbero anche dato vita a società offshore con sede nel Belize e in Inghilterra, costituita davanti al notaio svizzero Daniele Borelli: "I quattro – racconta Minasi -  avrebbero dovuto consegnare al Borelli il mandato per tenere in loro vece il 25% cadauno di questa società del Belize, con una scrittura privata, quindi non pubblicabile, non riscontrabile, eccetera, eccetera, e schermata dalla professione di notaio del Borelli. A sua volta la società del Belize avrebbe comprato la società inglese, ecco perché la cifra dei 18 mila euro della società, avrebbe comprato la società inglese e a sua volta la società inglese avrebbe comprato le quote della società italiana". E i soldi necessari per la costituzione della società sarebbero stati elargiti da Giusti e Pullano direttamente a Lampada.

Ma uno dei particolari più agghiaccianti, circa il modo in cui Giusti avrebbe svolto la professione di magistrato, lo racconta Minasi con riferimento a una presunta proposta che avrebbe ricevuto nei primi sei mesi del 2009 dal medico Vincenzo Giglio, per la posizione di un uomo, che Minasi non riesce a identificare, cui sarebbero stati sequestrati beni per circa dieci milioni di euro: "Giglio mi spiegò la vicenda e mi disse: <<deve essere deciso la confisca o meno di questi beni dal Tribunale delle Misure di Prevenzione e ci potrebbe essere la possibilità di questo tipo di lavoro. Cioè, lei si fa nominare avvocato da questo signore, Giusti ci dice le cose che dobbiamo portare o dire ofare e lui si impegna a restituire questi beni in cambio di 200 mila euro, che poi sarebbero divisi tra lei, Giusti e me>>, ovviamente <<me>> si intende medico Giglio. A questo tipo di proposta io li ho mandati a quel paese in malo modo, gli ho detto <<Non ne voglio neanche sentire parlare di queste cose >>".

Un contesto piuttosto intricato, per cui, però, i magistrati di Milano sono convinti di essere venuti a capo. Ed è esemplificativa l'affermazione che il Gip Gennari riporta nell'ordinanza: "La situazione che si delinea è quella di un gruppo di persone - tra cui un magistrato e un perito del tribunale - che si mettono insieme per compiere operazioni immobiliari davanti allo stesso tribunale dove presta servizio il magistrato e dove il perito presta il suo ufficio. La vicenda pare tanto anomala che gli stessi protagonisti si sentono in dovere di trovare una società in Belize".