“Aemilia”, il legale di Minelli: “Gup ha escluso legami con esponenti della ‘ndrangheta”

Il pizzaiolo Kostantinos Minelli, che giovedì scorso ha testimoniato al processo sull'inchiesta Aemilia, non è mai stato il pusher "della 'ndrangheta", nè con la sua attività di spaccio ha favorito i guadagni della cosca radicata in Emilia-Romagna e in particolare a Reggio Emilia.

Ha avuto solo contatti con una persona, a lui sconosciuta, che si è presentato a lui con il nome di Giuseppe Richichi. E' quanto fa sapere Luciana Ippolito, avvocato difensore del giovane, che ha inviato una serie di precisazioni in merito alle notizie emerse dopo l'udienza dei giorni scorsi.

Minelli e' stato condannato (sentenza irrevocabile) per spaccio nell'ipotesi lieve (per via della modica quantita' di stupefacente, poche decine di grammi di hashish cedute in tre episodi nell'arco di poco piu' di 15 giorni) ed e' stata invece esclusa l'aggravate di aver agito al fine di agevolare l'attivita' della associazione di stampo mafioso denominata 'ndrangheta.

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Il giovane è stato sentito come testimone nell'udienza di martedi' 5 gennaio, quando ha spiegato di essere stato contattato da Pasquale Riilo in pizzeria e, successivamente, chiamato al cellulare da persona a lui sconosciuta che al primo incontro si presento' come Giuseppe Richichi. E' stata solo questa la persona con cui Minelli ebbe contatti: nelle indagini sono sono stati provati altri rapporti del giovane con esponenti dell'associazione. E, alla luce di tempi e modi dei contatti intercorsi tra Minelli e Richichi, il gup di Bologna ha escluso collegamenti del giovane con l'associazione mafiosa. In sostanza, dunque, Minelli non ebbe nessun ruolo per la cosca.