Albamonte (Anm): “In Calabria maggiore emergenza criminalità”

Albamonte Eugenio Anm"Penso che la situazione calabrese sia la più emergenziale che stiamo vivendo in Italia, sia per il livello di criminalità, per la necessità di impegno da parte dell'autorità giudiziaria, delle forze dell'ordine e delle istituzioni, e anche per il bisogno di una partecipazione attiva della società civile alla vita legale di questa regione". Lo ha detto il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Eugenio Albamonte, parlando con i giornalisti a Cosenza a margine del convegno sul tema "Magistratura e Avvocatura: democrazia e libertà", organizzato dalla locale Camera penale e dall'Unione delle Camere penali. "Soltanto con l'apporto dell'autorità giudiziaria e delle forze di polizia, come abbiamo visto già in altri territori, come la Sicilia e la Campania - ha aggiunto Albamonte - si arriva solo fino ad un certo punto del contrasto, ma non si riesce veramente ad avviare un capovolgimento dei rapporti di forza sul territorio. Sono contento di vedere che negli ultimi anni, prima a Reggio Calabria e adesso anche a Catanzaro, c'é un impegno forte e serio da parte delle altre istituzioni. E con la convergenza di nuove forze investigative si rafforza l'attività di contrasto da parte dei colleghi".

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"La riforma della giustizia non è stata una vera riforma perché è priva di organicità. Non ha un obiettivo. Ci sono comunque cose positive, alle quali abbiamo contribuito anche noi, soprattutto facendo in modo che non vanissero approvate alcune norme". Lo ha detto il presidente dell'Unione camere penali italiane, Beniamino Migliucci, parlando con i giornalisti a Cosenza a margine del convegno sul tema "Magistratura e Avvocatura: democrazia e libertà", organizzato dalla Camera penale di Cosenza e dalla stessa Unione delle Camere penali. "Ci sono delle cose - ha aggiunto Migliucci - francamente inaccettabili. Si allungano, per esempio, i termini di prescrizione, aumentando così i tempi dei processi, invece di renderli ragionevolmente brevi, e questo è un problema. Una persona non può stare sulla graticola per vent'anni, ma questo vale anche per le persone offese e per la società, perché sapere se qualcuno ti ha fatto davvero del male o se quel tale politico è sleale, dopo vent'anni ha un senso relativo. Il secondo errore clamoroso è rappresentato dalla partecipazione a distanza, perché non tanti si rendono conto di questa norma. Si immagina che i processi si possano fare attraverso una televisione e dalla cella di un carcere, norma prevista per i reati più gravi. E già questo non andava bene, perché chiunque ha il diritto di difendersi dinnanzi il proprio giudice ed avendo al fianco il proprio avvocato. Ma estendere questa riforma anche ad altri reati è gravissimo". "Tutto ciò - ha concluso il presidente dell'Unione Camere penali - dà il senso di come si perda l'idea dell'effettività della difesa, quasi come se fosse un orpello fastidioso. Io credo che la ricetta vera sia quella di difendere i principi costituzionali".