Ospedale di Trebisacce, Graziano: "Basta slogan. Servono gli atti"

Basta slogan e passerelle politiche, la riapertura dell'ospedale di Trebisacce passa attraverso l'attuazione di specifici atti amministrativi imprescindibili e propedeutici. Di cui si fa un gran parlare ma che nessuno, dalla Regione alla direzione sanitaria dell'Asp, passando per l'Ufficio del Commissario straordinario, finora, ha avuto capacità di applicare. Si dia seguito, allora, ad una vera riorganizzazione operativa del nosocomio: si attribuisca, innanzitutto, il codice di emergenza (fondamentale per procedere a qualsivoglia attività ospedaliera di primo intervento e alla riapertura del Pronto soccorso); si suddividano i 20 posti letto, ad oggi assegnati solo per la struttura complessa di medicina generale, anche alla lungodegenza. Prima si espletano questi passaggi, prima si potrà garantire un futuro concreto all'ospedale di Trebisacce, la cui chiusura non solo ha scippato i cittadini di un diritto fondamentale quanto ha prodotto un ticket di oltre 9 milioni di euro per la Regione Basilicata che, ahinoi, sopperisce alla totale assenza della rete ospedaliera nel vasto territorio dell'Alto Jonio cosentino.

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È quanto dichiara il presidente nazionale del movimento Il Coraggio di Cambiare l'Italia, Giuseppe Graziano, rilanciando la vertenza dei territori dell'Alto Jonio per la rivendicazione del diritto all'assistenza ospedaliera e sostenendo l'appello del Sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, che chiede a gran voce alle autorità regionali la riapertura del "Chidichimo", così come disposto da ultimo dalla sentenza della giustizia amministrativa.

Tutti ne parlano ma nessuno in realtà – denuncia Graziano – sembra volersi prendere la responsabilità di riaprire l'ospedale di Trebisacce. Questo, almeno, stando a quanto riportato nella delibera di bilancio preventivo 2018 varata dalla direzione generale dell'Asp di Cosenza. Che pur dovendo prendere atto dell'ormai inevitabile riattivazione del "Chidichimo", parla genericamente, all'interno del documento deliberativo, di una graduale riconversione. Nessun indirizzo concreto, invece, sugli step da attuare per riportare la struttura allo status ante quo, a quella del 2012 ad ospedale ancora aperto. Eppure, paradossalmente, ad oggi mancherebbero solo pochissimi accorgimenti perché il nosocomio ritorni ad essere operativo nel pieno delle sue funzioni. Perché, allora, - si chiede Graziano - non si dà applicazione al decreto 64/2016 che prevede la riapertura delle strutture complesse di Trebisacce attraverso la riattivazione dell'Ospedale? Non è che, per caso, dietro alla rivendicazione delle competenze tra il governo regionale e l'ufficio commissariale, di cui in queste settimane si fa un gran parlare, nata nell'alveo della polemica sulla riapertura degli ospedali soppressi di Praia a mare e Trebisacce, si celano faide politiche territoriali e provinciali a solo discapito dei cittadini dell'Alto Jonio? A pensar male si fa peccato, è vero, ma spesso si indovina! E non vorremmo fosse questo il caso.

Allora – aggiunge il leader del CCI - se si vuole dare una risposta ad un'esigenza reale del territorio ionico, facendo seguito anche alla sentenza del procedimento giudiziario, occorre attuare alcuni semplici passaggi, atti propedeutici e necessari. Su tutti l'attribuzione alla struttura del codice emergenziale che consentirebbe l'operatività del Pronto soccorso e l'attribuzione degli undici posti letto, previsti dall'Atto aziendale per la lungodegenza, ma non assegnati, magari sganciandoli da quelli di Medicina generale. Del resto – conclude Graziano - ci sarebbero anche le risorse per dar seguito a questi atti, se si considera che buona parte dell'emigrazione sanitaria verso la Basilicata, che incide per circa 9milioni sulla spesa sanitaria regionale, è generata proprio a causa della chiusura dell'ospedale di Trebisacce.