Cgil: “Legge 194 ? Un diritto negato alle donne della Provincia di Cosenza”

"Nei giorni scorsi la stampa locale ha riportato con grande enfasi la notizia che l'Azienda Ospedaliera di Cosenza "garantirà le cure a tutti", mediante l'aumento dei posti letto, il completamento di alcuni padiglioni e di sale operatorie e di diagnostica, l'attivazione di nuovi reparti e servizi, l'assunzione di 57 medici, 84 infermieri e tecnici, 23 OSS e la nomina di 8 primari. Non possiamo che rallegrarci per questa prospettiva, che rilancia il ruolo del nostro ospedale, per troppo tempo mortificato.

E tuttavia, in contemporanea, la stessa Azienda ha deliberato di servirsi di una casa di cura privata "per il servizio di IVG chirurgica ... tenuto conto delle carenze di personale, dovuto al pensionamento di diversi dirigenti medici dell'UOC Ostetricia e Ginecologia". Come mai, ci chiediamo, non si è pensato di potenziare anche questa delicata funzione all'interno dell'ospedale pubblico, visto che non si riesce a "soddisfare tutte le numerose richieste di IVG chirurgiche"?

Non abbiamo pregiudizi rispetto al coinvolgimento della sanità privata accreditata, ma nutriamo il timore che l'Azienda Ospedaliera di Cosenza intenda delegare al privato le interruzioni volontarie della gravidanza, in modo da sostituire anziché integrare l'offerta pubblica, come richiederebbero le norme e l'etica del servizio sanitario nazionale. Potrebbe essere il modo di scaricarsi di quello che viene visto a tutt'oggi come un problema e non come un servizio, facendo passare un messaggio che finirebbe con l'emarginare ancora di più le donne che sono costrette a questa dolorosa scelta. Donne che, peraltro, già patiscono trattamenti disumani nelle strutture pubbliche, al limite della mancata assistenza e della interruzione di pubblico servizio - anche per la carenza di informazione e di formazione del personale addetto che non viene adeguatamente preparato all'accoglienza ed alla comprensione delle pazienti - e spesso costrette ad inseguire i certificati necessari, prima della scadenza dei fatidici 90 giorni, o a rivolgersi a strutture fuori regione.

Ancora oggi è questa, a quasi 40 anni dalla introduzione della legge, la condizione abituale di molte donne, perché in Italia 70 ginecologi su 100 sono obiettori e quindi vuol dire che in Italia si garantisce al 30% il diritto alla libera scelta delle donne. E ciò nonostante la 194, all'articolo 9, obbliga le regioni a garantirlo al 100% "anche attraverso la mobilità del personale".

Il TAR del Lazio, con una sentenza del 3 agosto 2016, ha ribadito tale principio, nel corso di un ricorso promosso contro la Regione Lazio, la quale aveva autorizzato l'Ospedale San Camillo di Roma ad assumere due ginecologi espressamente non obiettori per sanare, di fatto, una situazione analoga a quella venutasi a creare all'Annunziata; nella stessa sentenza è stato altresì sottolineato che nei consultori non possono esserci obiettori di coscienza: i medici assegnati a tali strutture devono predisporre i certificati necessari per l'interruzione di gravidanza e non opporsi alla prescrizione dei contraccettivi, anche di emergenza come la "pillola del giorno dopo".

--banner--

Invitiamo, pertanto, le aziende sanitarie e la Regione Calabria a verificare la reale esigibilità dei diritti garantiti alle donne dalla legge 194, dando seguito a provvedimenti conseguenti. Chiederemo al Commissario, inoltre, che anche la Regione Calabria bandisca dei concorsi per ginecologi non obiettori e utilizzi la mobilità del personale per potenziare la rete dei consultori, assolutamente insufficiente. Intanto vigileremo sulle concrete intenzioni dell'Azienda Ospedaliera di Cosenza di volere rispettare la volontà delle donne che sceglieranno di eseguire una IVG presso l'ospedale pubblico oppure, in alternativa, presso una struttura privata". Lo affermano Franca Sciolino, Segretaria Generale FP CGIL e Brunella Solbaro,, Segretaria CGIL Cosenza.