Irene Sisi e Claudia Francardi a Lamezia: "Pensare a misure alternative al carcere per il recupero di chi ha sbagliato"

"Siamo qui per testimoniare che non siamo due persone "più brave" delle altre, non abbiamo fatto nulla di straordinario. Vogliamo raccontare che perdonare è "normale", in particolare per chi crede. Vogliamo condividere la nostra storia per dire che il perdono è possibile, che l'amore può dare a tutti la forza di ricominciare". E' il messaggio lanciato da Irene Sisi e Claudia Francardi che ieri sera hanno partecipato all'incontro promosso dall'Azione Cattolica Parrocchiale di San Raffale Arcangelo di Lamezia Terme in collaborazione con il Lions Club di Lamezia Terme e Habitat Park.

Due donne, due storie, due vite che si incrociano di fronte a un fatto drammatico, che nell'aprile del 2011 sconvolge la vita di entrambe: Matteo Gorelli, poco più che 18enne, figlio di Irene, fermato a un posto di blocco di ritorno da un rave party, colpisce violentemente l'appuntato scelto Antonio Santarelli, marito di Claudia, riducendolo in fin di vita. Dopo una lunga agonia e il coma irreversibile, Antonio muore in ospedale, lasciando sua moglie Claudia e un figlio.

Dal buio del dolore, del senso di colpa, del rancore alla luce del perdono, della riconciliazione, della speranza. E' questa la "Pasqua" vissuta da due donne che – hanno raccontato al pubblico lametino – "immerse nel più grande dei dolori, ci siamo abbracciate, raccontandoci le nostre storie con grande umiltà e apertura di ciascuna all'altra".

Irene Sisi ha raccontato i lunghi giorni accanto al marito ormai in stato vegetativo, la disperazione, la preghiera per il miracolo della guarigione che poi si è trasformata in preghiera per accettare la volontà di Dio e ricominciare partendo da un gesto di riconciliazione e di amore.

"Nei giorni successivi a quel 25 aprile 2011 mi sono domandata cosa avesse portato mio figlio a compiere quel gesto terribile. Mi sono assunta le mie responsabilità come madre, dei tanti errori inconsapevoli, e ho scritto una lettera a Irene per chiederle perdono per quello che mio figlio aveva fatto", ha raccontato la mamma di Matteo Irene Sisi che, dopo quella lettera, ha incontrato Claudia e insieme, aiutate dal cappellano del carcere di Grossetto, hanno iniziato un percorso di riconciliazione e di ricostruzione interiore.

E sempre insieme, Claudia e Irene hanno dato vita all'associazione "AmiCainoAbele". "Andiamo nelle scuole, nelle carceri, in tante realtà per raccontare la nostra esperienza e far capire a tutti che il perdono è possibile – hanno raccontato le due donne che propongono "una rivisitazione della pena detentiva, così come oggi è concepita e attuata in Italia. Stare tanti anni chiuso in una cella, obbedendo semplicemente a delle regole imposte, non permette a chi ha sbagliato di recuperare, di rieducarsi. Per questo, pur nella necessità di valutare caso per caso, come associazione proponiamo dei percorsi di recupero all'interno delle comunità, dove è la persona a scegliere cosa fare della propria vita, se restare o no dietro quel cancello. Un luogo dove chi ha sbagliato ha la possibilità di lavorare per la comunità a cui ha tolto qualcosa".

"Con questa iniziativa – hanno dichiarato il parroco di San Raffale Don Giuseppe Montano e la presidente dell'Azione Cattolica Parrocchiale Maria Assunta Concilio – abbiamo voluto condividere con la diocesi e la città il percorso realizzato durante l'ultimo anno nella nostra parrocchia sul tema del perdono e della riconciliazione, mettendo in evidenza l'aspetto "sociale" del Vangelo che chiede di essere annunciato a tutti e di incidere nelle dinamiche della vita comunitaria e sociale".

Nell'intervento conclusivo, il Vescovo Mons. Luigi Cantafora ha sottolineato che "il perdono è un dono alto che sperimentiamo quando troviamo un appoggio, una roccia sulla quale far riposare la nostra vita, rappresentata dal Signore : noi arriviamo a un certo punto, Lui fa il resto".