"La mafia? Ci ha rubato anche le parole". A Trame Festival l'iniziativa con Treccani

trame-festival-2017La mafia? Ci ha rubato anche le parole. E' il senso dell'iniziativa ''L'inganno delle parole'', uno dei punti di forza della settima edizione di Trame, il Festival di libri sulle mafie che domani si concluderà a Lamezia Terme dopo cinque giorni intensi di dibattiti, mostre, iniziative ma soprattutto un'enorme partecipazione. Una specie di miracolo di resistenza in un comune al centro di problematiche con la criminalità che però ogni anno riempie le piazze, i chiostri e le varie location in cui si discute di lotta alla mafia, si presentano libri dedicati al tema e ci si emoziona ascoltando le parole di vittime della ndrangheta. Tra le iniziative quest'anno c'è la mostra organizzata con l'Istituto dell'Encliclopedia Treccani: una mostra fatta di totem esposti nei vari siti di Trame che, con il semplice uso delle parole, mostra quanti danni anche inconsci abbia fatto la mafia.

Su ciascun totem campeggiano alcuni vocaboli della nostra lingua, perlopiù positivi, che la mafia, con il tempo, ha modificato costringendo noi stessi a dargli una sinistra accezione negativa. Un esempio? Onore. Che Treccani, letteralmente, identifica come un valore positivo che ha a che fare con la dignità personale e la considerazione altrui, La mafia ha travisato il valore di questa nobile parola e la definizione di onore, secondo l'Enciclopedia, è anche quella di uomo d'onore, 'affiliato alla camorra, alla mafia o ad altre associazioni a delinquere, cui esso è legato da un giuramento che lo impegna a difesa dell'onore comune e all'osservanza della stretta omertà'. E ancora: la famiglia, non più solo la 'comunità umana, diversamente caratterizzata nelle varie situazioni storiche e geografiche ma in genere formata da persone legate fra loro da un rapporto di parentela, di affinità, che costituisce l'elemento fondamentale di ogni società'; bensì, nell'accezione mafiosa, associazione 'costituita in genere da componenti, parenti e amici di una stessa famiglia, che rappresenta il raggruppamento immediatamente inferiore alle cosca'.

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Ma le parole che la mafia ha rubato alla nostra lingua sono tante e nobili: amico, avvertimento, clan, cosa, cupola, mazzetta, padrino, paranza, picciotto, piovra, rispetto, sgarro, uomo. Insomma un danno indiretto, sicuramente meno drammatico di omicidi e stragi ma che provoca, negli anni che passano, un cambiamento culturale in tutti quelli che usano la nostra lingua. Un uso che, come ha ricordato il professor Giuseppe Patota, professore di Storia della lingua italiana all'Università di Siena-Arezzo e accademico della Crusca, la mafia ha fatto selezionando ''parole funzionali all'immagine che voleva dare di sé. Ha scelto termini come 'amico' e 'famiglia'perché le facevano comodo non potendo certo parlar male di se stessa. Il danno culturale che ne viene all'Italia è enorme''. E domani ''L'inganno delle parole'' diventerà a Trame anche un reading in anteprima Domenica ci sarà anche Lina Sastri leggerà un testo, realizzato in collaborazione con l'Enciclopedia Treccani su testo di Gaetano Savatteri (giornalista e direttore artistica di Trame), che mostrerà proprio questo terribile cambiamento del nostro vocabolario comune.