Reggina, la Figc motiva la restituzione di 10 punti: "Il TFN ha omesso le verifiche"

regginamessina3di Paolo Ficara - A cinque mesi dalla decisione, la Corte Federale d'Appello della Figc pubblica le motivazioni che portarono alla restituzione di 10 punti in classifica alla Reggina, nella stagione 2014/15. La diatriba sugli incentivi all'esodo produsse una stangata di 12 punti di handicap in primo grado di giudizio, ma la Corte ritiene che il Tribunale Federale "abbia sostanzialmente omesso di compiere consapevolmente la necessaria verifica caso per caso non solo degli elementi di prova dai quali dedurre la rilevanza disciplinare del mancato pagamento di somme di denaro dovute ai tesserati in ragione delle determinazioni stabilite nei contratti di risoluzione anticipata del rapporto, ma anche e soprattutto circa l'effettiva natura e gli effetti di queste transazioni".

La restituzione di quei 10 punti, consentì alla Reggina di riprendere fiato a due gare dal termine del campionato di Lega Pro, riuscendo poi a disputare il playout contro il Messina grazie al parziale accoglimento di un ulteriore ricorso presso il Coni. Di seguito le motivazioni di quella sentenza datata 28 aprile 2015, pubblicate in giornata dalla Figc:

RICORSO REGGINA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI:
- PENALIZZAZIONE DI PUNTI 12 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA
STAGIONE SPORTIVA 2014/2015;
- AMMENDA DI € 20.000,00 ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, A TITOLO DI
RESPONSABILITÀ DIRETTA EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S.;
- INIBIZIONE DI MESI 13 AL SIG. FOTI PASQUALE,
INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER
VIOLAZIONE DELL'ART. 85 LETT. C), PARAGRAFO VI E VII DELLE N.O.I.F., IN
RELAZIONE ALL'ART. 10 COMMA 3 C.G.S. (NOTA N. 8053/243 PF14-15 SP/GB DEL
26.3.2015) - (NOTA N. 8054/481 PF14-15 SP/GB DEL 26.3.2015) - (NOTA N. 8063/564 PF14-
15 SP/GB DEL 26.3.2015) - (NOTA N. 8064/565 PF14-15 SP/GB DEL 26.3.2015) - (Delibera del
Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 49/TFN del 15.4.2015).
Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, con decisione pubblicata sul C.U.
049/TFN del 15.4.2015, ha irrogato nei confronti della Società Reggina Calcio S.p.A. la sanzione
della penalizzazione di 12 punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva in corso e
l'ammenda di € 20.000,00, nonché a carico del Sig. Pasquale Foti, presidente del C.d.A. della
medesima società, la sanzione dell'inibizione di mesi 13.
Le sanzioni sono state disposte in accoglimento dei seguenti deferimenti:
1) provvedimento del 26.3.2015 con il quale la Procura federale ha deferito (prot. 8053/243
pf 14 – 15) dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: a) il Sig. Pasquale Foti,
presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa per rispondere 1)
della violazione di cui all'art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VI), in relazione all'art. 10,
comma 3, del CGS, per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 ottobre
2014, la dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati,
lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio e agosto
2014; 2) della violazione di cui all'art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VII), in relazione all'art.
10, comma 3, del CGS per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16
ottobre 2014, la dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento delle ritenute Irpef relative agli
emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo
per le mensilità di luglio e agosto 2014; b) la Reggina Calcio Spa per rispondere a titolo di
responsabilità diretta, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del CGS, per il comportamento posto in essere
dal Sig. Pasquale Foti, legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa;
2) provvedimento del 26.3.2015 con il quale la Procura federale ha deferito (prot. 8054/481
pf 14 – 15) dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: a) il Sig. Pasquale Foti,
presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa per rispondere 1)
della violazione di cui all'art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VI), in relazione all'art. 10,
comma 3, del CGS, per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 dicembre
2014, la dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati,
lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio, agosto,
settembre e ottobre 2014; 2) della violazione di cui all'art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VII),
in relazione all'art. 10, comma 3, del CGS per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il
termine del 16 dicembre 2014, la dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento delle ritenute Irpef
relative agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al
settore sportivo per le mensilità di luglio, agosto, settembre e ottobre 2014; b) la Reggina Calcio Spa
per rispondere a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del CGS, per il
comportamento posto in essere dal Sig. Pasquale Foti, legale rappresentante pro tempore della
Reggina Calcio Spa;
3) provvedimento del 26.3.2015 con il quale la Procura federale ha deferito (prot. 8063/564
pf 14 – 15) dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: a) il Sig. Pasquale Foti,
presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa per rispondere
1) della violazione di cui all'art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VI), in relazione all'art. 10,
comma 3, del CGS, per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 febbraio
2015, la dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati,
lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio, agosto,
settembre, ottobre, novembre e dicembre 2014; 2) della violazione di cui all'art. 85 delle NOIF,
lettera C), paragrafo VII), in relazione all'art. 10, comma 3, del CGS per non avere depositato presso
la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 febbraio 2015, la dichiarazione attestante l'avvenuto
pagamento delle ritenute Irpef relative agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori
dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio, agosto, settembre,
ottobre, novembre e dicembre 2014; b) la Reggina Calcio Spa per rispondere a titolo di
responsabilità diretta, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del CGS, per il comportamento posto in essere
dal Sig. Pasquale Foti, legale rappresentante pro tempore della Reggina;
4) provvedimento del 26.3.2015 con il quale la Procura federale ha deferito (prot. 8064/565
pf14/15) dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: a) il Sig. Pasquale Foti,
presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa, per rispondere
della violazione di cui all'art. 85, lettera C), paragrafo VII, delle NOIF, in relazione all'art. 10,
comma 3, del CGS, per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 febbraio
2015, la dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps
relativi agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al
settore sportivo, per le mensilità di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2014; b) la Reggina
Calcio Spa per rispondere a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del CGS,
per il comportamento posto in essere dal Sig. Pasquale Foti, presidente del C.d.A. e legale
rappresentante pro tempore della Società medesima.
A giudizio del TFN, infatti, conformemente "alle statuizioni e ai principi enucleati dalla
Corte (Corte Federale d'Appello a Sezioni Unite, C.U. 37/15), il Tribunale federale ha esaminato
analiticamente gli accordi di risoluzione dei rapporti di lavoro oggetto dei deferimenti intercorsi tra
la Società Reggina Calcio Spa e i tesserati Signori Fabrizio Melara, Angelo Antonazzo, Davide
Dionigi, Antonio La Pera, Giampaolo Spagnulo, Lorenzo Sibilano, Paolo Redavid, Giuseppe
Colucci, Gianluca Atzori, Alessandro Ruggeri, Manuel Angelilli, Andrea Bergamo, Carlo Simionato,
Luigi Mondilla. A giudizio del Tribunale, dagli elementi di prova acquisiti, risulta
incontrovertibilmente che gli importi indicati nei contratti esaminati siano da imputare, in via
esclusiva, a "incentivo all'esodo", così come espressamente previsto in tali accordi, e pertanto
riconducibili alla categoria degli emolumenti. Ne consegue che, il mancato versamento dei ratei
previsti, come puntualmente accertato dalla Co.Vi.So.C, integri gli estremi delle violazioni ascritte
ai deferiti. Ciò anche con riferimento agli accordi di incentivo all'esodo, e rinuncia di mensilità
maturate e non corrisposte, sottoscritti tra la Reggina Calcio Spa e i tesserati Signori Davor Jozic,
Rodney Strasser, Antonino Barillà, Kristian Ipsa, Sainz Maza Lopez Miguel Angel, Sergio Contessa,
Valerio Foglio, Federico Gerardi, Andrea Luca Picone, Giovanni Zandrini, Daniel Adejo, Filippo
Falco, Francesco Gagliardi, Simone Giacchetta, Carlo Pescosolido, Emilio Belmonte, Stefano
Grilli, Gabriele Geretto, Salvatore Violante. Tali accordi, infatti, contemplano, solo nelle premesse,
la rinuncia a emolumenti maturati dai tesserati in pendenza del rapporto di lavoro, mentre
nell'oggetto è determinato unicamente il versamento in favore del tesserato di un importo a titolo di
incentivo all'esodo. Di talché, la controprestazione economica deve ritenersi imputabile, in via
esclusiva, alla anticipata interruzione del rapporto di lavoro. Anche relativamente alle posizioni di
Emiliano Bonazzoli e Francesco Zizzari, rileva il Tribunale che gli accordi sottoscritti dai predetti
con la Reggina Calcio, ed aventi ad oggetto "lo stralcio e la rateizzazione" di incentivi all'esodo
già concordati, siano riconducibili alla medesima fattispecie disciplinarmente rilevante. Deve
pertanto ritenersi accertata la responsabilità del deferito Pasquale Foti per le violazioni ascrittegli,
alla quale consegue, ex art. 4 comma 1 CGS, quella diretta della Società. Quanto all'omesso
deposito della dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento delle ritenute Irpef e contributi Inps ...
risulta provato dalla segnalazione Co.Vi.So.C. acquisita che, contrariamente alle prescrizioni di cui
all'art. 85, lett. C), par. VII, NOIF, la Reggina Calcio Spa non ha provveduto al deposito, entro il
termine del 16 febbraio 2015, presso la Co.Vi.So.C. della dichiarazione attestante l'avvenuto
pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai propri
tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di
settembre, ottobre, novembre e dicembre 2014. La Società sportiva non ha dimostrato di aver
ottenuto dal competente organo, in epoca antecedente alla scadenza del termine di cui all'art. 85,
lett. C, par. VII delle NOIF, la rateizzazione dei versamenti. Il mancato perfezionamento
dell'accordo prima del termine di scadenza comporta la applicazione della sanzioni previste dalla
normativa federale. Non può trovare, altresì, accoglimento il richiamo della difesa dei deferiti alla
crisi economica della Società sportiva e al menzionato accordo di ristrutturazione, il quale non
prevede una dilazione - ovvero una differente (e accettata) modalità di pagamento – relativa al
mancato versamento delle ritenute e dei contributi oggi contestati".
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Avverso tale decisione hanno ritualmente proposto appello, con unico atto, la Reggina
Calcio ed il Sig. Pasquale Foti chiedendo, in via principale, l'annullamento e la integrale riforma
della pronuncia del TFN e, in via subordinata, la congrua riduzione delle sanzioni. A sostegno
dell'impugnazione gli appellanti sostengono che, per i deferimenti di cui ai numeri 1), 2) e 3) sopra
indicati, tutti relativi alla tematica dei c.d. "incentivi all'esodo", la decisione avrebbe omesso di
correttamente applicare i principi espressi dalle Sezioni Unite della Corte federale d'appello la quale,
con decisione pubblicata in C.U. 37/2015, avrebbe stabilito che, nella verifica da compiere circa la
sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi della disposizione dell'art. 85 NOIF, la qualità di
tesserato destinatario di emolumenti e corrispettivi andrebbe individuata con riferimento al momento
in cui viene a scadenza il termine per l'adempimento del pagamento da parte della società; ciò
significherebbe che, per i pagamenti da effettuarsi in esecuzione di accordi che abbiano stabilito la
risoluzione del rapporto di lavoro con la società, e quindi in un momento differito rispetto alla
sottoscrizione dell'accordo stesso, essendo venuta meno la qualità di tesserato per effetto
dell'accordo risolutivo con la società, difetterebbe il requisito soggettivo di tesserato che
giustificherebbe l'applicazione della disposizione; né rileverebbe l'eventuale nuovo tesseramento
concluso dal soggetto con altre società affiliate alla Federazione. La decisione impugnata avrebbe
poi erroneamente equiparato, nell'applicare le previsioni dell'art. 85 NOIF, l'incentivo all'esodo ad
un emolumento; tale equiparazione, nel senso presupposto dal Tribunale, sarebbe in verità esclusa
dalla stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia tributaria che sarebbe stata
erroneamente invocata dai primi giudici a sostegno della motivazione. L'incentivo all'esodo, non
essendo erogato quale corrispettivo di una prestazione bensì quale controprestazione del consenso
alla risoluzione anticipata del rapporto, seppure assoggettabile ad imposta sotto il profilo fiscale, non
avrebbe natura retributiva in quanto estraneo al perimetro della prestazione lavorativa dalla quale
discende appunto il diritto alla retribuzione. La decisione impugnata avrebbe quindi errato nel
presupporre tale assimilazione in merito alla quale anche la giurisprudenza federale, discorrendo di
"astratta equiparabilità", avrebbe omesso di prendere posizione confermando quel carattere incerto
che non sarebbe compatibile con la sanzionabilità del fatto. Il TFN, peraltro, avrebbe omesso di
indicare gli elementi di prova dai quali trarre "caso per caso" non solo il giudizio circa il mancato
pagamento alle scadenze degli importi stabiliti nei contratti di risoluzione anticipata del rapporto, ma
anche circa l'effettiva natura e gli effetti dell'incentivo e cioè se l'incentivo "abbia natura elusiva,
mascheri una retribuzione o rappresenti, effettivamente, un accordo a contenuto novativo e come
tale non collocabile nella previsione di cui all'art. 85 NOIF". Quale corollario di tali ragioni, non
risulterebbe sanzionabile neanche il mancato pagamento delle ritenute IRPEF relative a tali
pagamenti né potrebbe discorrersi di recidiva qualora difetti la punibilità dei comportamenti
presupposti.
Quanto al deferimento n. 4) di cui sopra, gli appellanti deducono di avere richiesto di potere
accedere al ravvedimento stabilito dalla normativa statale che ammette il contribuente al pagamento
differito di quanto dovuto; solo per tale motivo, quindi, non si configurerebbe l'omesso versamento e
difetterebbero i presupposti per l'applicazione invocata dalla Procura federale; in altri termini, la
norma federale non potrebbe sanzionare un omesso pagamento di somme dovute in adempimento di
obblighi imposti dall'ordinamento generale qualora la norma statale consenta ancora di assolvere e
regolarizzare il medesimo pagamento anche tramite rateizzazione del dovuto. La Reggina Calcio, nei
cui confronti il Tribunale civile di Reggio Calabria avrebbe approvato un piano di ristrutturazione ai
sensi dell'art. 182 bis L.F., avrebbe quindi stabilito un ordine di priorità nella predisposizione di un
piano di ristrutturazione privilegiando, in questo contesto, il pagamento degli emolumenti ai tesserati
piuttosto che l'IRPEF ed i contributi previdenziali; e ciò proprio confidando nella possibilità di
differirne l'esecuzione in ragione dell'accesso all'istituto del ravvedimento; tutto ciò sarebbe in
grado di escludere la rilevanza per l'ordinamento federale dell'omesso pagamento di IRPEF e
contributi previdenziali.
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Alla riunione del 28.4.2015 sono comparse davanti alle Sezioni Unite della Corte Federale
d'Appello il rappresentante della Procura Federale e gli appellanti assistiti dal proprio difensore; le
parti hanno quindi illustrato le ragioni dell'accoglimento delle rispettive conclusioni.
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La Corte ritiene che il ricorso possa trovare accoglimento nei limiti di seguito indicati.
Esaminati gli atti e le ragioni che il TFN ha posto a fondamento della propria decisione, la
Corte, nei limiti dei punti della decisione specificamente impugnati, ritiene di poterli condividere
solo parzialmente e, conseguentemente, procedere ad una parziale riforma delle decisione
impugnata.
Con particolare riferimento ai deferimenti sub 1), 2) e 3), la Corte ritiene che il TFN sia
giunto a conclusioni che non possono essere condivise; esse infatti muovono da una lettura non
pienamente corretta della decisione delle Sezioni Unite della Corte Federale d'appello di cui al C.U.
n. 37/2015 a più riprese richiamata dagli stessi giudici del primo grado. In effetti, tutti e tre i
deferimenti in questione riguardano il tema del mancato tempestivo pagamento, per gli effetti
dell'art. 85 NOIF, delle somme dovute dalla società Regina nei confronti di propri tesserati
nell'ambito di accordi risolutivi del rapporto di lavoro. Si tratta di quelle somme che vengono
comunemente definite "incentivi all'esodo" in relazione alle quali diverse sono le opinioni circa la
loro natura e la loro assimilabilità, per le finalità disciplinari in questione, alla nozione di
"emolumento". Ebbene, nella necessaria opera di individuazione dei presupposti soggettivi ed
oggettivi dell'ipotesi sanzionatoria imputata ai deferiti, il TFN - pur dando prova di avere tenuto
conto di quanto espresso dalla giurisprudenza di questa Corte affinché si proceda caso per caso alla
indispensabile verifica della tipologia dei pagamenti ritenuti non tempestivamente disposti, del
mancato versamento delle relative ritenute Irpef, e della rilevanza del permanere di tali
inadempienze - ha tuttavia non correttamente utilizzato i risultati ottenuti all'esito della propria
attività di verifica. Errore che più ricadere sugli elementi materiali emergenti dagli atti di indagine
sembra riguardare piuttosto i presupposti logico-giuridici dell'ipotesi sanzionatoria per come sono
stati recentemente interpretati dalle Sezioni Unite della Corte Federale d'Appello (C.U. 37/2015)
mediante la decisione a più riprese hinc et inde richiamata. Infatti, il TFN ha condotto il proprio
esame muovendo dalla convinzione che – in ragione dell'orientamento delle Sezioni Unite di questa
Corte – "pare doversi ritenere l'irrilevanza, quantomeno sul piano disciplinare, della condotta della
Società che non provveda al versamento di incentivi all'esodo riferibili, in via esclusiva, a rinunce
espresse di emolumenti non percepiti da suoi tesserati"; con la conseguenza che, ragionando a
contrario, debba ritenersi sempre e comunque la rilevanza disciplinare della società che non
provveda al versamento di incentivi all'esodo non riferibili in via esclusiva a rinunce espresse di
emolumenti non percepiti da tesserati. Ed infatti, proprio conducendo a conseguenza tale
impostazione argomentativa, il TFN ha ritenuto di dovere costruire il proprio giudizio di punibilità
muovendo dalla suddivisione delle posizioni dei diversi tesserati (qui prese in considerazione) in
ipotesi differenti tra le quali avrebbero rilievo disciplinare sole le seguenti: a) gli accordi di
risoluzione del rapporto di lavoro dai quali risulti incontrovertibilmente che gli importi convenuti
siano da imputare in via esclusiva ad incentivo all'esodo e, in quanto riconducibili alla categoria
degli emolumenti, suscettibili di integrare, nel caso di mancato pagamento, l'ipotesi sanzionatoria
contestata; b) gli accordi di incentivo all'esodo che, pur contemplando nelle premesse anche la
rinuncia di mensilità maturate nel corso del rapporto di lavoro e non corrisposte, stabiliscano tuttavia
il versamento in favore del tesserato di un importo a titolo di incentivo all'esodo e quindi a titolo di
corrispettivo della risoluzione anticipata del rapporto di lavoro (senza alcun riferimento alla rinuncia
alla retribuzione).
Ebbene la Corte ritiene di non potere condividere tale modus operandi e, soprattutto, il
percorso argomentativo – in verità in parte anche perplesso ed inespresso – che lo sostiene. Ed,
infatti, la Corte, nel suo precedente arresto a Sezioni Unite, non ha affatto voluto stabilire il principio
secondo il quale non assume rilevanza disciplinare, sempre e comunque, "la condotta della Società
che non provveda al versamento di incentivi all'esodo riferibili, in via esclusiva, a rinunce espresse
di emolumenti non percepiti da suoi tesserati". Tale affermazione, oltre che illogica ed ultronea,
rappresenta un giudizio che potrebbe in linea prospettica vulnerare pesantemente l'efficienza
dell'ordinamento federale in tema di controlli sulla gestione economico e finanziaria delle società e
di rispetto dei principi di corretta gestione dei rapporti economici tra società, tesserati e dipendenti.
Infatti, la necessaria verifica della situazione di ciascun tesserato, in relazione al quale viene ritenuto
che non sia stato provveduto al versamento di somme di denaro da parte della società, è
indispensabile non già, come erroneamente ritenuto dal TFN, per escludere dall'ipotesi sanzionatoria
il caso del mancato versamento degli importi convenuti col tesserato contestualmente alla rinuncia
da parte del medesimo di somme dovute a titolo di corrispettivo (evidentemente di importo
maggiore). Ragionare in questi termini equivarrebbe a definire la rilevanza disciplinare del mancato
pagamento degli emolumenti in virtù dell'esclusivo fatto che il corrispondente importo debba essere
versato in costanza di rapporto di lavoro, o anche in un momento successivo alla cessazione del
rapporto (a prescindere dalle ragioni dell'interruzione del medesimo) quale corrispettivo integrale di
prestazioni rese; oppure, anche successivamente alla risoluzione del rapporto, quale somma
risultante da una rideterminazione convenzionale in ribasso delle somme dovute a titolo di
corrispettivo per le prestazioni rese in costanza di rapporto, ma solo parzialmente rinunciate. Non
avrebbe, al contrario, rilevanza disciplinare il mancato pagamento da parte della società di quanto
dovuto esclusivamente a titolo di corrispettivo per la rinuncia espressa ed integrale di emolumenti
non percepiti dai suoi tesserati. Il ragionamento non può essere condiviso.
Anche in questo ultimo caso, infatti, al di là delle espressioni terminologiche impiegate, è
proprio l'elemento della rinuncia al pagamento di somme dovute dalla società a titolo di
corrispettivo delle prestazioni rese ad escludere che le somme stabilite a fronte di tale rinuncia
possano avere una natura che rinneghi ogni rilevanza per l'ordinamento federale. L'interpretazione
della norma federale, infatti, non può giungere ad escludere astrattamente e sistematicamente ogni
rilevanza disciplinare a tutte quelle ipotesi in cui le somme non corrisposte dalla società ai propri
tesserati abbiano diretta derivazione dal rapporto di lavoro col tesserato stesso; che esso sia in vita,
sia cessato naturalmente o sia stato negozialmente risolto.
Questa considerazione, che ha condotto la giurisprudenza di questa Corte a discettare
incidentalmente di "astratta equiparabilità" ai fini disciplinari tra incentivi all'esodo ed emolumenti,
in primo luogo rende priva di fondamento l'argomentazione principale in punto di merito sostenuta
dagli appellanti – vale a dire la non punibilità ex art. 10, comma 3, C.G.S., del mancato pagamento
da parte della società di somme non rientranti nella nozione di emolumento quali si ritiene debbano
essere considerati proprio gli incentivi all'esodo. Tuttavia, la medesima considerazione mente in luce
anche l'erroneità del costrutto argomentativo della motivazione dei giudici di primo grado; quello
che non pare essere stato correttamente colto dal TFN, infatti, è che, nel caso in cui si rinvengano
negli accordi risolutivi atti di rinuncia che abbiano ad oggetto mensilità di retribuzione, si impone la
verifica della eventuale sovrapponibilità, ai fini sanzionatori, delle mensilità retributive di cui sia
stato omesso il versamento ed oggetto di attenzione da parte dell'inquirente con le mensilità
retributive eventualmente rinunciate in occasione della sottoscrizione dell'accordo risolutivo (per
periodi anche se solo parzialmente coincidenti con quelli oggetto di esame da parte della Co.Vi.Soc.
e della Procura federale). Non già, dunque, la non punibilità in astratto del mancato pagamento da
parte della società di somme di denaro convenute con i propri tesserati quale corrispettivo della
rinuncia di prestazioni già maturate. Anche in tal caso, infatti, ogni automatismo che conduca ad
escluderne la rilevanza ai fini disciplinari confliggerebbe con l'interesse qualificato della
Federazione all'equilibrio economico-finanziario delle società di calcio professionistiche ed al
rispetto dei principi di corretta gestione e, quindi, dei rapporti economici tra società, tesserati e
dipendenti.
Pertanto, la Corte ritiene che il TFN, con riguardo agli atti di deferimento di cui ai nn. 1), 2)
e 3) della premessa, muovendo da un percorso argomentativo non corretto, abbia sostanzialmente
omesso di compiere consapevolmente la necessaria verifica "caso per caso" non solo degli elementi
di prova dai quali dedurre la rilevanza disciplinare del mancato pagamento di somme di denaro
dovute ai tesserati in ragione delle determinazioni stabilite nei contratti di risoluzione anticipata del
rapporto, ma anche e soprattutto circa l'effettiva natura e gli effetti di queste transazioni. Risultano
pertanto irrimediabilmente alterate le considerazioni, anche inespresse, svolte dal TFN circa la
sussistenza delle condizioni di punibilità e la correttezza della quantificazione delle sanzioni (nella
fattispecie, per quanto riguarda la società, ben dieci punti di penalizzazione in classifica attribuiti
evidentemente per inadempimenti distinti). In altri termini, la motivazione della decisione impugnata
non consente sul punto la condivisa intelligibilità della decisione e la comprensione delle ragioni
poste a suo fondamento. Tale mancanza impedisce la doverosa verifica circa la indispensabile
corrispondenza tra elementi di fatto, condotta imputata ed ipotesi sanzionatoria invocata dalla
Procura federale e presupposto della decisione impugnata.
Per questi motivi la Corte, nei sensi sopra esposti e per quanto di ragione, accoglie il ricorso
della Società Reggina Calcio e del suo dirigente Dr. Pasquale Foti.
Diverso discorso deve essere fatto circa la parte della decisione che accoglie il deferimento
di cui al n. 4) della premessa (deferimento prot. 8064/565 pf14/15 del 26.3.2015 relativo alla
violazione di cui all'art. 85, lettera C), paragrafo VII, delle NOIF, in relazione all'art. 10, comma 3,
del CGS, per omesso deposito della dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento delle ritenute
Irpef e dei contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e
collaboratori addetti al settore sportivo, per le mensilità di settembre, ottobre, novembre e dicembre
2014). La Corte, infatti, ritiene di dovere radicalmente disattendere le censure svolte nell'atto
d'appello dai ricorrenti avverso tale decisione, condividendo in pieno la motivazione del TFN. In
effetti, in mancanza di specifici elementi di prova volti a dimostrare l'accesso della società Reggina
ad un piano di differimento dei pagamenti di quanto dovuto in ragione delle proprie obbligazioni di
carattere previdenziale, assistenziale e contributivo, sussistono tutte le condizioni perché si consideri
applicabile la norma federale invocata dalla Procura federale. Né, come correttamente ha rilevato il
TFN, può ricevere considerazione in questa sede il richiamo della difesa dei deferiti alla crisi
economica della Società sportiva e al menzionato accordo di ristrutturazione che si dice essere stato
presentato davanti al Tribunale ordinario; circostanza questa che, in mancanza di riscontro, non solo
non ammette di per sé una dilazione o una differente (e accettata) modalità di pagamento, ma
addirittura conferma come la società abbia scientemente omesso di far fronte ai pagamenti di siffatta
natura privilegiando, a suo dire, altre posizioni d'obbligo.
La decisione del TFN, pertanto, su questo punto deve essere confermata.
Per questi motivi ,la C.F.A., Sezioni Unite, in parziale accoglimento del ricorso come
sopra proposto dalla società Reggina Calcio S.p.A. di Reggio Calabria ridetermina le sanzioni
inflitte nei termini che seguono: 2 punti di penalizzazione a carico della società; 2 mesi di
inibizione al sig. Pasquale Foti. Dispone restituirsi la tassa reclamo.

Pubblicato in Roma il 29 settembre 2015