Reggina, forse la colpa è del pallone...

dallogliorizzodi Paolo Ficara - La malattia non era Cozza. Si procede a tentativi per capire quale negatività affligga la Reggina, ma la risposta ormai è nota a tutti da anni. Cambia la categoria, ma non il modus operandi e soprattutto le figure preposte ad organizzare l'attività lavorativa. Pensare di gestire una squadra di calcio come se fosse un esercito è forse la base degli errori, e viene ancor prima delle problematiche economiche.

Sabato, contro il Benevento, mancheranno sia Rizzo che Dall'Oglio, entrambi nel mirino delle critiche per le ultime scadenti prestazioni nonché per le rispettive espulsioni. In caso di sconfitta, dovremo prendercela con qualcun altro. E poi con qualcun altro ancora, fin quando non saranno finiti tutti nel tritacarne a fare da parafulmine.

Adesso, dall'esterno, proprio Cozza è uno dei pochi che può fornire un contributo per salvare la Reggina dal rischio di finire per direttissima tra i dilettanti. A dimissioni avvenute, non esiste più alcun bavaglio. Starà all'ex tecnico valutare l'opportunità di far sapere, tramite dichiarazioni a mezzo stampa, cosa è realmente accaduto e cosa sta continuando ad accadere all'interno del Sant'Agata. Non per fare dispetto, o per giustificare gli ultimi risultati deludenti della sua gestione. Ma solo per dare voce e proteggere tutti quei tesserati che in questo momento, per ovvi motivi, non possono parlare. Forse sarebbe l'unica maniera per cambiare andazzo.

In estate abbiamo scritto (non tifato per, o proposto, o auspicato) che sarebbe stato meglio il fallimento per la Reggina, piuttosto che affrontare la Serie C con una forte penalizzazione e con introiti di gran lunga inferiori, rispetto alla stagione precedente in cui le irregolarità finanziarie sono palesi e certificate. Per non parlare del debito milionario col fisco. Di sicuro non abbiamo cambiato idea dopo averne prese quattro a Lamezia. Ora, più che di fallimento, ci sarebbe da parlare di esilio forzato ad personam.

La colpa non può essere un anno di Cosenza e Viola, un anno di Ceravolo e Dionigi, un anno di Gerardi e Lucioni, e adesso di Maita. Sono anni che la Reggina colleziona figuracce, delusioni, ritiri punitivi e soprattutto retrocessioni, senza aver risolto mai nulla. Sono soltanto due gli elementi che accomunano gli ultimi campionati, non avendo mai fatto mancare la propria presenza: il presidente ed il pallone.

Anzi no. A pensarci bene, ad ogni stagione le varie Leghe (ce le stiamo girando tutte) utilizzano un attrezzo del mestiere sempre diverso. Peccato, perché se la colpa fosse stata del pallone, si sarebbe potuto sgonfiare molto più facilmente.

Mettersi da parte si può. Si deve. È sufficiente prendere un direttore sportivo vero, col compito di raddrizzare la baracca sia in chiave sportiva che economica. Pensare che si debba intervenire sul mercato a gennaio per rivoluzionare l'organico è una presa di coscienza importante, ma per metterla in atto servirebbe almeno una di queste due fattispecie: la prima, è che l'uomo mercato della Reggina sia diverso da colui che già in B prendeva calciatori da C; la seconda, sarebbe una vincita al Superenalotto. Si faccia quel che si può.