Reggina: ok l'azionariato, a patto che cessi l'agonia...

fotiinsultadi Paolo Ficara - Un buco nell'acqua. Se l'obiettivo di Lillo Foti era quello di spostare l'attenzione su presunte colpe altrui, piuttosto che rispondere circa il recentissimo passato (le grane finanziarie) o l'immediato futuro (è lecito attendersi un direttore sportivo ed un allenatore?), la conferenza stampa tenuta ieri al Sant'Agata costituisce il suo ennesimo autogol.

Fini a sé stessi i toni minacciosi, conditi da frasi del tipo "Chi pensa di ascoltare aria fritta, può alzarsi ed andarsene", o, ancor peggio, "Non voglio interviste coi singoli, nè telefonate a cavolo". Chi esercita il nostro bel mestiere ha dei diritti e dei doveri, ma come al solito Foti confonde i ruoli e pensa di dover essere il papà che deve distribuire sculacciate per educare i bimbi. Mi critichi? Allenamenti a porte chiuse, così impari. Evidentemente, questi sono i suoi pochi mezzi con cui pensa di rispondere a chi svolge lavoro giornalistico o d'opinione.

Ma non è questo il punto. Anzi, l'attenzione non va assolutamente spostata da quelli che sono i problemi seri e concreti della Reggina. Che di sicuro non si possono cancellare con un colpo di spugna, solo per aver presentato la doverosa domanda d'iscrizione al campionato di Lega Pro. Piuttosto preoccupa che Foti abbia come principale pensiero, all'indomani di questo piccolo grande passo, quello di convocare in fretta e furia una conferenza allo scopo di sfogarsi verso chissà chi.

Foti ha perso una grossa occasione, nel giorno in cui sarebbe stato difficile attaccarlo con feroci critiche, essendo fresco reduce da una stiracchiatissima iscrizione, per cavalcare un accenno di onda e magari annunciare il prossimo allenatore, o la data d'inizio del ritiro. Questi sono gli argomenti che interessano alla tifoseria. Solo così può sperare di ottenere attenzione. Non sono di certo le sue paturnie personali ad infiammare la gente.

A tal proposito, è difficile non sottolineare quanto sia svuotata di significato la frase "Vorrei che la Reggina ritornasse alla città ed ai suoi tifosi". Più la ripete e peggio è. Che Foti non sia riuscito minimamente ad interpretare le volontà della piazza, è sotto gli occhi di tutti. Nel momento in cui la Reggina è stata vicina alla mancata iscrizione, ne ha parlato con la propria famiglia all'interno delle mura domestiche. Non ha mica tenuto un comizio a Piazza Duomo. I tifosi non vedono l'ora di sentire propria la Reggina, ma la maniera per farlo qual è? Andare a citofonargli a casa?

Valida invece l'idea della sottoscrizione popolare. Lo abbiamo scritto nelle settimane precedenti: se la Reggina, con gli introiti della Serie B, non è stata in grado di ottemperare a precisi impegni come ad esempio quello degli incentivi all'esodo, è utopistico credere di far fronte al debito milionario, seppur rateizzato, con le inferiori entrate della Lega Pro. Chiedere aiuto alla gente è una delle poche mosse, forse la più intelligente, per consentire alla Reggina di rimettersi in piedi magari in un lustro, anziché andare avanti a stenti e prolungare un'agonia finanziaria.

Deve però essere superata l'agonia tecnica. I tifosi amano sempre la Reggina, sarebbero in tanti ad investire solo in nome della maglia e dei colori sociali. Il problema è capire se chi è a capo della Reggina, cioè Foti, sia in grado di gestire qualsivoglia capitale come ai bei tempi, oppure se è lo stesso Foti delle ultime stagioni: esoneri più frequenti delle pagelle a scuola, calciatori ingaggiati a dieci alla volta seguendo il criterio dei venditori ambulanti di angurie, eccessiva premura nel supportare e spesso surrogare gli allenatori con un direttore sportivo degno del dilettantismo.

In buona sostanza: dopo le mille tribolazioni per l'iscrizione, dovute non certo a qualche articolo giornalistico, la Reggina deve svegliarsi immediatamente ed accorgersi che attorno a sé ci sono tanti avversari già pronti per i nastri di partenza del campionato. Per recuperare il tempo perduto bisogna partire subito, andare veloce ed inciampare il meno possibile.

Si è data la colpa della retrocessione ai giovani, accusati di essere svogliati e demotivati, ma ci si appresta ad allestire un organico dall'età media ancora più bassa. Si partirà con un handicap in classifica, ancora da quantificare. Però, intanto, si chiede la fiducia della gente. E guai a chi critica. Siamo a metà luglio e le chiacchiere, fritte o bollite che siano, stanno a zero.