Reggina, le promesse "elettorali" del 2015: tre anni dopo, il nulla

falcopratidi Paolo Ficara - Promesse da marinaio. Era un caldo 31 luglio, quello del 2015, quando nel Salone dei Lampadari veniva enunciato il nuovo progetto del calcio a Reggio. Un nome poi non approvato dalla Figc (bocciato AS Reggina, si ripiegò su Asd Reggio Calabria), una ripartenza dalla Serie D ("La società oggi è iscritta per partire dal campionato di terza categoria, solo con la lettera del sindaco possiamo passare dal Consiglio Federale", ipse dixit), e tante belle idee. A distanza di quasi tre anni queste idee, oltre a non essersi concretizzate, sembrano avviate più verso lo stato gassoso che solido.

Vari gli impegni presi col primo cittadino, al fine di onorare quella sua firma fondamentale per iscriversi in D. Il socio socratico (colui che sa di non sapere) della P&P Sport, parlando di "progetto serio, credibile e trasparente", rendeva noti vari punti del proprio programma: "L'obiettivo è di formare nel breve periodo una polisportiva che possa abbracciare anche le discipline paralimpiche, in modo che nessuno si senta escluso". Lo sport, in effetti, è un motore di aggregazione. Creare strutture e metterle a disposizione di chi vuole svolgere attività paralimpica, sarebbe un gesto concreto. Non che un uovo di Pasqua davanti ai fotografi valga di meno, per carità. Attendiamo fiduciosi.

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"Dopo il primo periodo di assestamento, ci si prefigge di passare da società dilettantistica a società di capitali, sia per dare spazio all'ingresso di altri imprenditori, sia per aprirsi alla gente con l'azionariato popolare usando come modello ciò che viene fatto in Spagna o in Germania". Va da sé che l'avvicinarsi di forze imprenditoriali, dipende innanzitutto dalla volontà dei singoli soggetti di investire nel calcio. Poi il modo di porsi, nonché la valutazione economica di ciò che si ha in mano, incidono. La trasformazione in srl c'è stata, solo il dottore De Caridi si è unito alla società quando ancora non aveva assunto la denominazione di Urbs Reggina 1914. Di azionariato popolare, di crowdfunding o quant'altro, non c'è mai stata traccia.

"Sarà data massima attenzione ai campionati giovanili, purché ci siano le strutture a disposizione". Le strutture non sono mancate, specie da quando la Reggio Calabria, mutatis mutandis, è diventata Reggina. Il Sant'Agata rappresenta, ormai da circa 30 anni, il fiore all'occhiello dell'impiantistica in Calabria. Ovviamente ha un costo, ma questo è un discorso a parte. Nei settori giovanili serve pazienza certosina. Ne sanno qualcosa i dirigenti Campolo, Sorgonà, Armenise, Giordano e Russo, che si sono fatti il mazzo chi l'anno scorso e chi quest'anno. Le partite perse a tavolino, o il solo Amato portato in prima squadra (come turista) in tre anni, non possono essere colpa di chi ha dovuto gestire un settore giovanile senza l'attenzione e la meticolosità dell'era Foti. Quando Laiacona e la Fazzari sapevano che il loro presidente era presente tutto l'anno, h24.

Lasciar andare il Sant'Agata, al di là dei conti ancora non sistemati con il Tribunale, rappresenterebbe la mazzata finale ad ogni speranza di veder risorgere il florido settore giovanile della Reggina.

La politica non può più rimanere inerme. O, ancor peggio, diventare complice.

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