Reggina, una vittoria per rimandare la deflagrazione. O è meglio un artificiere?

zucchettidi Paolo Ficara - Tranne Mezavilla (nato e cresciuto però in Brasile), e forse i due Jacopo (Fortunato e Sciamanna), nessuno dei calciatori della Reggina era già a questo mondo, quando sulle reti nazionali spopolava lo spot della Zucchetti. Un simpaticone vestito da idraulico, entrava (con fischiettio di sottofondo) in una stanza piastrellata dalla quale, all'improvviso e senza soluzione di continuità, partivano getti d'acqua da pareti, tetto e pavimento. Rapido e volenteroso, piazzava rubinetti tutti diversi per risolvere le falle. Fin quando l'acqua, uscendogli dalle orecchie, lo induce a turarsi letteralmente il naso.

Agenore Maurizi ha l'età (non ce ne voglia) per ricordarsela, quella pubblicità. Ma più che qualche perdita d'acqua, l'allenatore della Reggina si trova a disinnescare micce e detonatori che stanno spuntando ovunque, come funghi dopo un acquazzone (rappresentato dalla sfuriata di Siracusa). Ed ogni artificiere è cosciente del fatto che se sbaglia a toccare un filo, il primo a saltare in aria è lui. Assieme alla casa.

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La Reggina ha conquistato 16 punti nelle prime 11 gare della Serie C, giocando quasi sempre col 4-3-1-2. Poi ne ha raccolti soltanto due, nelle cinque uscite successive. Se la crisi di prestazioni e risultati (lo stesso tecnico ha dichiarato che con l'Akragas è stato toccato il fondo) fosse figlia della disposizione tattica, domenica contro la Sicula Leonzio basterebbe cambiare leggermente il modulo e rimescolare la formazione. Se ciò avverrà, sarà solo un palliativo il cui risultato finale ci auguriamo nasconda sotto il tappeto quelle micce che, però, vanno prima o poi disinnescate.

I calciatori vanno in campo, sono loro a dover ottenere un risultato positivo per sé stessi e per la Reggina. Con la squadra a metà classifica ma con quattro partite che mancano prima del mercato, sarebbe un peccato se, anziché ricompattarsi, ognuno si mettesse a remare ancora più forte nella propria direzione. Rischiando però di non arrivare alla propria individuale meta. Per giocare in categorie superiori, oltre ai piedi, sono necessari testa e pelo sullo stomaco.

Se ci si può risentire per i detonatori costruiti con premura dall'esterno, fin da giugno, non bisogna sottovalutare quelli provenienti dall'interno. Non parliamo di cavalli di Troia, bensì dello scarso spessore umano che induce a non saper minimamente gestire le situazioni di difficoltà. Nel calcio, con i soldi, si possono ottenere i ripescaggi ma non i risultati. E quando i soldi sono pochi (confronto ad altre realtà), o mal distribuiti, tutto diventa ancora più difficile.

Le difficoltà che ha attraversato la Reggina fino ad una settimana fa, sono comuni a mezza Serie C. Quelle che sta attraversando fin dal primo tempo con l'Akragas, sono figlie di atteggiamenti sbagliatissimi da parte di tutti, da cima a fondo. Ma soprattutto in cima.

In tutto ciò, l'allenatore non è esente da colpe e si sarebbe dovuto accorgere prima di ciò che stava accadendo. Ma adesso, sembra l'unico a poter evitare la deflagrazione. Non chiediamo a nessuno di dimostrare quanto ci tiene alla Reggina, non siamo così allocchi. Ma almeno, non costringeteci a turare il naso.