Reggina: necessario uno stadio di proprietà per attrarre capitali esteri

regginapaganesedi Paolo Ficara - La Reggina e la crisi del calcio nelle categorie minori. Al di là dell'importanza delle singole piazze, sono sempre di più i proprietari munifici a fare la differenza in Lega Pro. La programmazione paga solo se supportata da grosse risorse economiche: da battistrada ha fatto il Sassuolo ormai una decina d'anni fa (era il 2008 quando vinceva la Serie C con Max Allegri in panchina), poi è arrivato il Carpi, mentre l'anno scorso il Benevento ha messo a frutto investimenti milionari dopo svariati tentativi.

Ci hanno pensato Cremonese, Foggia e Venezia a restituire al proprio pubblico una categoria come la Serie B, che oltre al maggiore appeal consente di attutire gli sforzi economici grazie ai diritti televisivi. In cadetteria ci sono tornate spendendo tanto, basti pensare che i lagunari l'estate scorsa hanno strappato l'allenatore Filippo Inzaghi alla corte del Frosinone. Tolte le poche altre piazze in cui esistono le risorse per competere ad alti livelli, specie nel girone meridionale sono in tanti ad annaspare sul piano economico. Il blasone conta poco, se le casse languono e non si intravedono idee che possano giustificare l'iniezione di capitali.

Reggio Calabria in teoria non ha nulla in meno rispetto a Foggia o Lecce, in termini di storia o di attaccamento popolare alla squadra (da tradurre in massiccio afflusso allo stadio). La ricca Puglia però offre molte più soluzioni sul piano imprenditoriale, mentre in riva allo Stretto, nel momento del bisogno, si sono fatti avanti gli stessi che avevano ereditato la Reggina dal fallimento nel 1986. Se sul territorio va cercato col lanternino un singolo individuo in grado di mantenere da solo il giocattolo, si fa prima ad aprirsi a capitali esteri. E la maniera per attrarli può essere rappresentata solo dalle strutture.

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Se in altri Paesi possono esistere gruppi imprenditoriali intenzionati a tuffarsi nel calcio, partendo però dal basso (ne è un esempio l'interesse portato dall'avvocato Sfara in tribunale, lo scorso giugno), qual è il motivo che può spingerli a Reggio piuttosto che altrove? Perché dovrebbero rilevare la Reggina, pagando oltre il milione, anziché prendere gratis il Livorno o ancor meglio un Catanzaro senza debiti?

La presenza del Sant'Agata, vicino ad essere riassegnato alla Urbs Reggina 1914, è già un fattore importante. Cinque campi ed una foresteria, sfruttabili anche per qualche sub-affitto, fanno gola a tanti. Le potenzialità del centro sportivo forse non sono mai state comprese in pieno. Con la Reggina in Serie A ed in tempo di vacche grasse, era giusto che l'uso fosse esclusivamente destinato solo alle formazioni amaranto. Negli ultimi anni, per dirne una, si era cominciato a vedere un bar più qualche scaffale dedicato al merchandising. La crisi pre-fallimentare spinse a sfruttare gli spazi. In presenza di campi sintetici e con calciatori presenti prevalentemente di pomeriggio, l'idea di aprire il Sant'Agata all'affitto nelle ore mattutine non ha mai assunto una forma pratica.

Se il Sant'Agata, da solo, può portare quell'economia utile a coprire i costi di manutenzione più gli stipendi di qualche dipendente, è ormai opinione comune che uno stadio di proprietà sia il vero traino per una società calcistica. Eravamo inorriditi di fronte alla prospettiva di abbattere il 'Granillo', paventata durante la trattativa con Nick Scali. Quello è un impianto storico, lì la Reggina ha mandato al tappeto Juventus, Milan, Inter, Roma e Lazio. Anche nella più evoluta Inghilterra, le tifoserie costrette dal progresso a cambiare stadio, stanno ancora rimpiangendo quello vecchio. Riammodernare l'impianto di viale Galilei, acquistandolo dal Comune e rendendolo un vero e proprio centro commerciale con ristoranti e negozi, rappresenterebbe la soluzione ideale. Abbandonare il 'Granillo' (senza abbatterlo) per costruire un nuovo stadio altrove, sarebbe un boccone un po' indigesto ma dobbiamo pur sempre fare i conti con la realtà: la Reggina è in Lega Pro, per risollevarsi sarà necessario piegarsi a qualche logica economica. Oppure vivremo in eterno di ricordi.

La comprensione del momento storico, in cui non è più possibile trarre ingenti risorse dalle cessioni dei singoli calciatori, deve spingere a battere altre strade se si vuole tornare nel calcio che conta. Il sindaco Falcomatà ha mostrato la disponibilità (verbale) ad estendere la concessione del Sant'Agata alla Reggina, oltre l'attuale scadenza del 2020. Sarebbe solo il primo passo. Se si presenterà qualche grossa forza economica dall'estero, dovrà registrarsi anche l'adesione a progetti inerenti lo stadio di proprietà. Altrimenti, lì dove abbiamo ammirato la poesia di Baggio e Zidane, per parecchio tempo si reciterà solo in prosa.

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