Nava al Dispaccio: "Reggina, nel 1986 la politica fece mantenere la matricola"

navadiegodi Paolo Ficara - Reggina d'altri tempi, uomini d'altri tempi. Diego Nava descrive ogni situazione come se fossero passati pochi mesi, rispetto alla propria presidenza intercorsa fra l'estate del 1983 ed il dicembre del 1984 ("ma il Santa Caterina mi ha dato maggiori emozioni"). Il suo nome, da massimo dirigente, ha camminato praticamente di pari passo con quello del mister Claudio Tobia, giunto primo in C2 nel 1984. Il rimpianto è legato alle scarse presenze sugli spalti, durante un campionato vinto a mani basse: "Al termine della stagione festeggiammo la promozione in C1 ospitando l'Inter, pagando un indennizzo di 40 milioni."

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La chiacchierata tra il dottore Nava ed il Dispaccio inizia dalle battute finali del campionato che vide la Reggina retrocedere dalla C1, nel 1983: "Ascioti si dimise alla vigilia della partita di Casarano. Io ero entrato in società nel 1981. In Puglia perdemmo 1-0, il portiere Vettore fece una gran partita, ma l'arbitro non credette all'episodio della monetina finita sulla sua testa. Dopo la retrocessione, sono stato eletto presidente da persone serie: Umberto Remo purtroppo deceduto, Franco Labate e Nicola Laganà. Quando siamo entrati, c'era una sola condizione pretesa dall'azionista Matacena: una fideiussione da 40 milioni. Ascioti dice di averne pagato una da 700 milioni, forse lo ha fatto prima di uscire: la società non ne aveva notizia. Pagammo il debito nei confronti di Matacena, tramite la cessione di Giacomo Ferri".

Qualche giorno fa, il commendatore Ascioti ha fatto riferimenti a ciò che è successo dopo le proprie dimissioni nel 1983. Il dottore Nava ci chiede di precisare: "Sciannimanico lo ha comprato la Reggina, su segnalazione di Tobia. Non mi pare lo abbia preso chi già stava fuori dalla società. Allo stesso modo, non mi risulta che né io, né il mio successore Morace, rappresentassimo delle ramificazioni dell'albero Ascioti. Ebbi qualche battibecco con Morace, lui grazie a qualche giudice ottenne il fallimento della Reggina mettendola nelle mani del giornalista Sgroj. Io ci ho rimesso un sacco di soldi, Morace si è giocato un'azienda. In C1 provò a risollevare la situazione nel dicembre '84 acquistando Tavola, dando assegni della propria azienda".

Al presidente Nava chiediamo adesso cos'è la Reggina: "Niente. Ormai è finita la Reggina, non ne nascerà più un'altra. Ci vogliono i soldi, se si vuole una squadra all'altezza del campionato. Sono amico di Praticò. Ha speso oltre un milione? Li ha spesi male – insiste Diego Nava - Tanti errori non li avrei fatti, come la scelta sul direttore sportivo. Martino è arrivato alla Reggina quando c'erano Benedetto e Foti, facevano tutto loro. Poi ha acquisito esperienza. Ma quando è andato in altre piazze, cosa ha fatto? È tornato a Reggio per fare che? Serve gente che conosca la categoria. Si può anche fare a meno del ds, se arrivano le giuste segnalazioni sui calciatori. Come allenatore, Cozza ha dimostrato voglia di lavorare. Conosce la piazza, è un bravo ragazzo".

Poi ci si rituffa nel passato, parlando di un calciatore croce e delizia per l'ex presidente della Reggina: "Nell'intervista rilasciata al vostro giornale, mi dispiace che Tobia non abbia citato il calciatore di cui io ero tifoso folle: Moccia, rimasto e sposatosi a Reggio. Era mal visto dai compagni. Ha dato il cuore, ma litigava con tutti. Quando andavamo nella sua terra, in Campania, era irrefrenabile. Ma come mezzala, che fuoriclasse. Ricordo come se fosse ieri: stavamo tornando con l'aliscafo da Ischia, lì volarono parole grosse con un calciatore isolano ed anche una testata".

Torniamo a porre il problema dell'identità, dato che la Reggina Calcio è ancora affiliata nonostante il fallimento: "Fin quando rimane l'affiliazione, la Reggina è quella e non si discute, anche se lo è soltanto sulla carta. Però adesso c'è un'altra squadra che si chiama Urbs Sportiva Reggina. La nostra Reggina è finita, nulla faceva intuire un tale epilogo dopo i 9 anni di Serie A. Sono andato allo stadio fino all'ultima partita della Reggina in Serie B. Non sono mai andato per una gara della massima serie. C'era l'usanza di inviare un abbonamento agli ex presidenti: nel mio caso solo Matacena rispose alla cortesia, gradendo moltissimo. Quando è arrivata la Serie A, non hanno fatto più niente – ricorda con amarezza il dottore Nava – Nè io né Morace ricevemmo la tessera. L'ho presa come una mancanza di fiducia, in passato ho dato il mio contributo rimettendoci 800 milioni. Se hai 20 milioni di debiti, fanne 21 e salva la Reggina. Dispiace che in questo momento non ci sia più il calcio a Reggio".

Presidente, come è stata salvata la matricola nel 1986? "Non ero più in società, ma conosco i fatti. Fu solo un gioco politico. È stato consegnato tutto il patrimonio, venne fatto fuori il consiglio d'amministrazione e basta. C'era la volontà di salvare la Reggina, si interessarono politici e magistrati. Subentrarono Foti, Benedetto, Praticò, Remo e qualcun altro, che si presero la squadra come se fosse un pacchetto natalizio".

L'incontro con il presidente Nava si conclude con le narrazioni della sua squadra rionale, guidata prima di entrare nella Reggina e portata con orgoglio a livelli considerevoli: "Con il Santa Caterina ho passato 20 anni, venendo premiato da Artemio Franchi con la stella al merito sportivo. Ho sempre amato il calcio, fin da ragazzino. Avevo un attaccante selezionato per la nazionale dilettanti: Calabrò, roba da Serie A. Ma anche Gianni Citra e Turi Canale. Per non parlare del difensore Luciano Gallusi".