Gratteri: "Distinguere tra lotta alla mafia e ordine pubblico"

gratterinicola ildispaccio«La lotta alla mafia non è la caccia alla volpe all'inglese: si fa ragionando, facendo indagini e investigazioni e intercettazioni. Il presidio militare davanti a un edificio serve più come simbolo che concretamente». Così il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, sull'annuncio del ministro della difesa Roberta Pinotti di inviare mille militari a Napoli per contrastare l'escalation di violenza. «Io penso che dobbiamo fare una distinzione tra lotta alla mafia e ordine pubblico», ha sottolineato Gratteri che ha partecipato all'evento 'Migranti e sistema alimentarè, organizzato nell'ambito dell'evento di Slow Food "Terra Madre Giovan" a Milano.

«In questo momento in parlamento ci sono molte leggi, c'è molta carne al fuoco. Per usare un'espressione colorita possiamo dire che il parlamento in questo momento sembra un lavandino otturato». Così il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, rispondendo a una domanda sul lavoro del governo in termini di giustizia. «Ci sono delle cose buone che si stanno portando avanti - ha spiegato Gratteri, che oggi ha partecipato a Milano all'evento 'Migranti e sistema alimentare', organizzato nell'ambito dell'evento di Slow Food 'Terra Madre Giovani' a Milano - ma si sta andando un po' a rilento». Secondo il procuratore «ci sono molte cose che non riescono a passare, però delle cose importanti ci sono e altre sono ferme». Sul lavoro fatto dalla commissione commissione nazionale per la revisione della normativa antimafia di cui Gratteri è presidente il procuratore sottolinea che «solo una cosa su 150 articoli è passata, ed è la video conferenza per i detenuti ad alta sicurezza per assistere ai processi. Questo significa che anziché andare in udienza i detenuti stanno in carcere e si collegano in udienza con la video conferenza: così risparmiamo 70 milioni di euro l'anno».

«Se vogliamo risolvere il problema del caporalato al 90 per cento lo facciamo mettendo la polizia, i carabinieri e la guardia di finanza nelle condizioni di fare i controlli sulle strade statali o interpoderali quando alle 5 del mattino arrivano furgoni e camion con dieci, venti, cinquanta schiavi». È una delle soluzioni al problema dello sfruttamento della manodopera migrante suggerita dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, al convegno 'Migranti nel sistema alimentarè che si è tenuto a Superstudio Più a Milano nell'ambito dell'evento di Slow Food 'Terra madre giovanì. All'incontro, in cui si è parlato anche di come il land grabbing, l'imposizione della monocoltura e la privatizzazione dei beni comuni abbiano costretto intere popolazioni a lasciare le proprie terre, hanno partecipato, tra gli altri, anche il presidente di Giovani Coldiretti Maria Letizia Gardoni e Mbaye Diongue, dell'Associazione dei connazionali senegalesi in Italia. Secondo Gratteri, per impedire che si approfitti della manodopera migrante bisogna, «in modo sistematico», sequestrare i mezzi che trasportano i lavoratori per rendere «antieconomico» il sistema. Inoltre, secondo il procuratore bisogna creare «norme interdittive» per togliere «al latifondista che fa lavorare gli schiavi la possibilità di accedere ai fondi comunitari e a sovvenzioni. Solo così risolvi il problema».